Mentre l’intero paese caucasico è in regime di coprifuoco per impedire il contagio, la Chiesa ortodossa georgiana ha deciso di non impedire ai credenti di recarsi a messa. Una posizione criticata anche all’interno della stessa comunità ortodossa georgiana
Meno di 400 infetti nel weekend del 18 e 19 aprile in Georgia. Un successo per il paese che conta 5 milioni di abitanti e che ha dovuto fare i conti con vicini con dati ben diversi: al 19 aprile 86.306 contagi in Turchia, 42.853 in Russia, 1398 in Azerbaijan e 1291 in Armenia. Azerbaijan e Armenia hanno bacini demografici più paragonabili a quello georgiano, con rispettivamente circa 10 milioni di abitanti il primo e 3 la seconda.
Il contenimento
Il successo del contenimento del contagio in Georgia le è valso il plauso degli esperti internazinali , ed è frutto di uno sforzo individuale e collettivo, in cui una serie di provvedimenti molto restrittivi dei movimenti negli spazi pubblici sono stati imposti e piuttosto rispettati. Oltre alla chiusura di scuole, locali pubblici e una generale richiesta di stare a casa è stato imposto un coprifuoco, che dovrebbe rimanere in vigore fino al 10 maggio.
Il regime di coprifuoco impedisce di uscire di casa per qualsiasi motivo dalle 9 di sera alle 6 del mattino. Le principali città, cioè Tbilisi, Rustavi, Kutaisi e Batumi sono dichiarate chiuse, cioè non vi ci si può recare, ad esclusione dei residenti. Gli esenti da questo divieto sono solo il personale medico, i trasportatori, i diplomatici e quanti sono impegnati in organizzazioni umanitarie, i portavalori, i detenuti che devono essere trasferiti, le forze dell’ordine e le pubbliche autorità se per motivi legati alla lotta al Coronavirus, chi opera nel settore dei servizi, i servi mortuari. Le ferrovie da e per queste città non effettuano servizio passeggeri.
Dal 17 aprile è stato introdotto un nuovo divieto, che sarà in vigore fino a domani 21 aprile: utilizzare l’automobile per spostarsi in città. Questo divieto trae origine dal fatto che è il periodo della Pasqua ortodossa, e mentre i cittadini georgiani sono tenuti a osservare le leggi dello stato, i fedeli ortodossi e il clero, a detta del Patriarca Ilia II, devono comportarsi differentemente.
Incoerenze della Pasqua georgiana
In tema Covid-19 le varie chiese ortodosse nel mondo si sono comportate in modi variegati: la Chiesa russa ha optato per la messa senza fedeli, quella greca per rimandare i rituali pasquali, la Chiesa bulgara non ha chiuso le chiese ma ha invitato i fedeli a non partecipare alle messe, la Chiesa rumena ha già da febbraio autorizzato l’utilizzo di cucchiai personali per il rito della comunione e in Serbia è stato imposto un coprifuoco di 72 ore durante il fine settimana pasquale.
La Chiesa georgiana non ha invece ritenuto di dover prendere simili provvedimenti , ribadendo che la Pasqua va santificata secondo la tradizione, e il fedele non deve temere nulla perché è protetto da Dio: quindi chiese aperte, veglia pasquale, comunione con il vino da un cucchiaino condiviso, clero e cori invitati a muoversi in macchina.
Insomma una posizione molto meno inclusiva di quella dei confratelli ortodossi nel mondo che, senza togliere nulla al valore della preghiera e al conforto della fede, hanno lasciato spazio nella vita dei fedeli alla protezione offerta dalle conoscenze della medicina e ai loro doveri come cittadini verso lo stato e la collettività.
Una posizione tanto oltranzista quanto venata di incoerenze. Da un lato si invitano i fedeli ad affidarsi all’onnipotenza della fede, dall’altra per entrare in patriarcato si passa per uno scanner della temperatura, e si chiudono e sanificano le chiese il cui clero è risultato positivo.
La posizione del patriarca Ilia II ha suscitato dissapori all’interno della stessa comunità ortodossa georgiana. 13 membri del clero e 12 teologi hanno firmato una dichiarazione in cui si sostiene che gli assembramenti pubblici non sono accettabili durante una pandemia, nemmeno nelle chiese.
Alcuni hanno esplicitamente vietato ai credenti di recarsi a messa. Fra questi Teodore Gignadze, della Cattedrale dell'Ascensione di Saburtalo di Tbilisi, che commenta le parole del governo secondo il quale è responsabilità dei fedeli non diventare vettori di contagio: "Oggi la situazione è così grave che non possiamo ritenere responsabili i parrocchiani e dovremmo assumerci la nostra parte di responsabilità come Chiesa. [..] Non è mai stato considerato un merito per un cristiano sacrificare gli altri. Mettere in pericolo la vita di un altro è assolutamente inaccettabile ".
Fuori dalla gerarchia ecclesiastica c’è chi ha trovato la posizione della Chiesa semplicemente criminale. Un cittadino, Giorgi Okmelashvili, ha sporto denuncia contro il portavoce del Patriarcato Andria Jagmaidze di terrorismo, per la sua dichiarazione a favore degli assembramenti per la messa pasquale. Okmelashvili si è appellato all'articolo 132 del codice penale della Georgia, che prevede fino a un anno di prigione per aver minacciato la vita delle persone "contagiandole con malattie infettive particolarmente pericolose".
Più Chiesa che Sogno
Le decisioni della Chiesa ortodossa georgiana hanno portato ad una prova di forza con il governo con la Chiesa che ha dimostrato di poter strappare eccezioni che non si applicano né alle altre fedi presenti sul territorio, né agli altri cittadini dello stato. Alla fine della mediazione fra governo e Chiesa quello che è stato concordato è che i fedeli avrebbero dovuto presentarsi alla veglia pasquale prima dell’inizio del coprifuoco e andarsene dopo la fine, mantenendo il distanziamento sociale. Nelle chiese di piccola metratura i fedeli hanno potuto presenziare alla messa ma rimanendo all'esterno. I cimiteri sono stati invece chiusi alle tradizionali visite pasquali.
La notte di Pasqua il Patriarca Ilia II nella Cattedrale della Trinità di Tbilisi, con una congregazione di fedeli ben più sparuta degli altri anni, ha celebrato la messa secondo la tradizione. Il bilancio della notte di Pasqua per il momento è di 85 cittadini multati per aver violato il coprifuoco e 140 per essersi riuniti ed essere stati più vicini dei previsti 2 metri di distanza reciproca obbligatoria.
Ben più pesante il bilancio sociale per il Sogno georgiano, che fin dall’inizio è stata una forza legata a doppio filo alla Chiesa, se non da essa dipendente per raccogliere consensi, come suggerisce l’analista Ghia Nodia .
In questi giorni partito e Chiesa si sono resi corresponsabili di avere fatto vacillare il principio della legalità e del rispetto delle regole, il principio dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, dell’omogeneità dell’esercizio della sovranità statale su tutti i cittadini e sul territorio nazionale.
Rimarrà negli annali di questo capitolo di storia georgiana la dichiarazione della m inistro della Salute Ekaterine Tikaradze che interrogata il 16 aprile se il cucchiaio della comunione non rischiasse di essere vettore di epidemia passando da una bocca di un fedele all’altro, ha risposto che non poteva rispondere con certezza in assenza di studi specifici.
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