Il 31 ottobre la Georgia dovrebbe andare al voto per rinnovare il parlamento. C'è chi teme che il governo in carica utilizzi strumentalmente la crisi sanitaria in atto per posticipare le elezioni e la riforma del sistema elettorale concordata con l'opposizione
Durante la seconda metà del 2019 la Georgia è stata attraversata da un malcontento popolare, a causa della crisi politica tra governo ed opposizione, sfociato in larghe manifestazioni di piazza.
La prima ondata di risentimento pubblico è avvenuta a seguito di una riunione a tema religioso svolta dall’Assemblea interparlamentare nel giugno 2019 a Tbilisi. Sergei Gavrilov, un parlamentare russo, ha tenuto un discorso sedendo sullo scranno della Presidenza del parlamento georgiano nella sua lingua materna e ciò ha causato l’inizio della protesta e portato più di diecimila manifestanti a scendere in piazza tentando di entrare nella sede del parlamento.
Va qui ricordato che i Georgiani considerano che il 20% del loro territorio nazionale sia stato depredato con l’aiuto della Russia. Già dai primi anni '90, infatti, la Russia aveva appoggiato le istanze indipendentiste delle regioni dell’Ossezia del Sud e dell’Abkhazia. Nell’Agosto 2008, la tensione tra Russia e Georgia ha subito una rapida escalation fino a sfociare in un vero e proprio conflitto, la guerra russo-georgiana. Al bombardamento della capitale dell’Ossezia del sud, e la sua occupazione da parte delle forze georgiane, la Russia reagì con un’operazione su vasta scala con raid aerei e l’invasione via terra di 10.000 soldati russi giunti in varie città georgiane e finanche a pochi chilometri dalla capitale Tbilisi. La richiesta di cessate il fuoco prima e l’accordo sul ritiro delle truppe russe dopo, sono stati negoziati con il decisivo contributo della comunità internazionale e del presidente UE di turno, Sarkozy, mentre la Federazione Russa aveva nel frattempo riconosciuto le due repubbliche separatiste.
Una nuova ondata di malcontento, nel novembre del 2019, ha riportato a disordini nella capitale con scontri tra le forze dell’ordine e migliaia di manifestanti che hanno reiterato la loro richiesta di una riforma del sistema elettorale e le dimissioni del governo. “Sogno Georgiano”, il partito al potere dal 2012, guidato dall’uomo più ricco della Georgia, l’imprenditore miliardario Bidzina Ivanishvili, aveva infatti deciso di non mantenere quanto promesso qualche mese prima, ovvero di procedere con la riforma del sistema elettorale. Da un sistema ibrido per metà proporzionale e per metà maggioritario a doppio turno, si sarebbe dovuto passare ad uno interamente proporzionale senza soglia di sbarramento. Per ben due settimane, i manifestanti hanno continuato a bloccare il parlamento e la polizia ha impiegato un ingente numero di agenti anti sommossa e cannoni ad acqua per sgomberare la zona. Nel frattempo, le note frizioni con la Russia sono riemerse sotto forma di sanzioni economiche e a seguito del sopracitato discorso del deputato Gavrilov, Vladimir Putin ha imposto il blocco dei voli diretti dalla Russia alla Georgia “per fornire sicurezza ai cittadini russi”.
Se da un lato già all’inizio del 2020 la protesta popolare sulla questione russa si è parzialmente moderata spostandosi su posizioni di accusa contro il governo per l’approccio soft verso Mosca, dall’altro la questione elettorale ha ripreso il centro dell’attenzione della protesta, in quanto il sistema elettorale misto potrebbe favorire il partito al potere durante le prossime elezioni. A confermare la centralità della questione elettorale, sembra essere il fatto che le proteste sono rientrate a seguito della firma dell’accordo sulla riforma elettorale tra Sogno Georgiano ed i partiti di opposizione. L’accordo, facilitato da Stati Uniti e Unione Europea, prevede infatti l’elezione di un nuovo parlamento, assegnando 120 dei 150 seggi, tramite voto proporzionale con uno sbarramento dell’1% ed i rimanenti 30 con il sistema maggioritario.
Il partito al potere sembra ad oggi aver guadagnato credito soprattutto a seguito delle misure anti COVID-19 che si sono dimostrate efficaci soprattutto alla luce dei numeri del bilancio delle vittime (più basso rispetto a quello di altri paesi confinanti). Tali misure hanno previsto inizialmente la dichiarazione dello stato di emergenza per un mese fino al 21 aprile, ad oggi prolungato al 22 maggio, la chiusura della maggior parte degli esercizi commerciali ed il coprifuoco in vigore dalle 21:00 alle 06:00. La pandemia di COVID-19 ha portato i principali attori politici a rivedere le loro agende e strategie mostrando inizialmente le forze politiche più coese nello sforzo per arginare la diffusione del virus. Nelle ultime settimane però l’opposizione ha accusato il governo d’aver fatto pochi test COVID-19 sulla popolazione e, soprattutto, di aver adottato misure di sostegno economico-finanziarie inadeguate rispetto all’attuale crisi.
La tensione in vista delle elezioni previste in autunno rimane alta per almeno due motivi. In primis la possibilità che la data del voto, ad oggi stabilita al 31 ottobre 2020, venga posticipata qualora l’emergenza COVID-19 non dovesse ridursi d’intensità. Ed in secondo luogo vi è la questione legislativa riguardante l’accordo governo-opposizione siglato a marzo; la legge elettorale in Georgia infatti è costituzionale, ma la Costituzione stessa vieta l'esame di qualsiasi disegno di legge costituzionale durante uno stato di emergenza. Allo stesso modo non vi è una norma costituzionale o nella legge sullo "Stato di emergenza" che prescriva un limite di tempo per l'emergenza.
Molti paesi potrebbero essere chiamati a dover posticipare le elezioni già in programma nel 2020 e vi è il reale rischio che alcuni governi tendano a ripetere comportamenti visti in passato in cui misure e legislazioni di urgenza venivano procrastinate senza una reale giustificazione.
In paesi in cui la pandemia ha veramente avuto effetti tragici fin da subito, un posticipo delle elezioni per ragioni sanitarie potrebbe avere giustificazioni reali a causa dell’alto numero di contagiati nella popolazione. Ma in paesi come la Georgia questo – ad oggi - non è il caso ed il COVID-19 non dovrebbe comunque limitare – senza una valida ragione – l’approvazione della nuova legge elettorale.
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