Proteste a Tbilisi - © Mirko Kuzmanovic/Shutterstock

Proteste a Tbilisi - © Mirko Kuzmanovic/Shutterstock

Attraverso leggi draconiane, negli ultimi anni il governo georgiano ha impresso una forte stretta su diritto di associazione, libertà di stampa e libertà di manifestazione ed ha imposto un controllo asfissiante sull'operato dei dipendenti pubblici. Un'analisi

20/03/2025 -  Marilisa Lorusso

Il quadro normativo che sta trasformando la Georgia ha preso forma negli ultimi anni attraverso progressivi emendamenti alle leggi sul diritto di associazione e libertà di stampa e con un netto cambiamento di retorica riguardo alla società civile e ai mezzi di informazione.

Questo processo ha avuto implicazioni immediate: si è sdoganata la violenza verso attivisti e media: emblematico in questo caso l’attacco a 53 giornalisti e operatori dell’informazione registrato nel 2021.

La nuova grande sterzata è arrivata nella primavera del 2024, con la legge sugli 'agenti stranieri' che ha lo scopo di tagliare i finanziamenti occidentali alla società civile: sotto la sua scure stanno cadendo vari servizi legati, inclusi quelli alla persona e alla ricerca.

La congiunta chiusura di USAID sta mettendo a repentaglio vari media e servizi che operano o in Georgia, o si occupano del paese.

La legge è tornata a essere oggetto – estemporaneo – di dibattito durante la crisi politica e costituzionale in corso. A dicembre, il Segretario generale del Consiglio d'Europa Alain Berset è stato in visita ufficiale a Tbilisi. Il Consiglio aveva spiegato che la breve missione “si svolge in un contesto politico e sociale segnato da forti tensioni, da un’estrema polarizzazione del dibattito politico e da atti di violenza […].”

La missione è stata un totale insuccesso, e ha fortemente screditato il segretariato del Consiglio. Il partito di governo Sogno georgiano ha usato la visita come atto legittimante, e ha spostato la discussione non sulla crisi in corso, ma sulla legge sugli agenti stranieri, impegnandosi a partecipare a un working group che sarebbe stato istituito con il Consiglio, per rivederla.

Un quadro che ha gettato nello scoramento l’opposizione e la Presidente Salomè Zourabichvili, entrambi fortemente critici nei confronti dell’ingenuità del Segretariato. A febbraio, la doccia fredda finale che ha sancito il disastro: il Sogno georgiano ha fatto sapere che non sarebbe nato nessun working group.

La legge sugli agenti stranieri rimane in vigore come è stata concepita e adottata, e ha fatto un’altra vittima: la buona reputazione del Segretariato del Consiglio d’Europa, screditato e preso in giro. È stata anzi potenziata con l’introduzione di una copia della FARA americana, la Foreign Agents Registration Act.

Quest’ultima si applica a singole persone che devono segnalare le loro attività per stati esteri. Quindi le due leggi messe insieme creano un quadro di ampio raggio per la persecuzione di presunti agenti stranieri.

L’assalto alla res publica

L’autoproclamatesi nuova legislatura georgiana ha un parlamento monocolore, è disarcionata dal percorso europeo, ed è in progressivo isolamento anche dal Consiglio d’Europa, con la propria delegazione non prende parte ai lavori dell’assemblea parlamentare (PACE).

La Georgia è oggi alla deriva rispetto alle istituzioni e narrazioni di tutela di democrazia e diritti umani, ed è quindi molto più facile adottare leggi draconiane senza doverne rispondere . Il percorso di integrazione europea è interrotto, l’appartenenza al Consiglio d’Europa claudicante.

L’ondata di manifestazioni e proteste è quindi stata seguita da nuove leggi draconiane, adottate proprio nei giorni della visita di Berset, e firmate a poche ore dalla sua “elezione” dal presidente del Sogno Mikheil Kavelashvili.

Il Sogno aveva preannunciato una “riorganizzazione” del settore dei dipendenti pubblici, molti dei quali avevano partecipato alle manifestazioni e avevano sottoscritto petizioni a difesa dell’articolo 78 della costituzione e del processo di integrazione europea.

La riorganizzazione è diventata una purga, a cui è seguito un nuovo quadro normativo che trasforma i capi dipartimenti e uffici. Non sono più dipendenti pubblici, ma hanno solo contratti di lavoro che possono quindi essere recisi.

Non ci saranno bandi pubblici per le assunzioni che queste figure decidono. La durata in carica è legata alla legislatura, per cui un ministro può di fatto plagiare il ministero sollevando dai loro incarico chi ritiene scomodo.

La valutazione dei dipendenti passa da annuale a due volte l’anno e il ministro o il capo istituzione può ignorare le valutazioni dei dipartimenti. Le porte alla politicizzazione del pubblico impiego sono aperte, con un chiaro quadro orientato verso l’affiliazione piuttosto che la neutralità e la professionalità del pubblico impiego.

Stesso quadro si applica alla diplomazia, che aveva visto delle defezioni verso la svolta del Sogno. Idem per l’esercito, che pure è interessato da un repulisti .

Le Ong non sono più parte per legge dei processi decisionali , e il “parlamentino” ha messo mano alle leggi sul consiglio della magistratura e sulla commissione elettorale centrale .

Dalla strade alle aule

Norme molto più rigide sono state adottate per le manifestazioni: niente visi coperti, niente fuochi d’artificio, niente laser, divieto di bloccare le strade, divieto di creare cortei con mezzi di trasporto.

I genitori pagano per i minorenni coinvolti nelle manifestazioni, luce verde alla detenzione preventiva senza ordine di tribunale per sospetto reato, inasprimento delle pene per scritte sui muri. I fuochi d’artificio sono parificati a esplosivi e materiale radioattivo.

Il 4 febbraio il parlamento del Sogno ha riaperto i lavori, e subito sono stati proposti nuovi giri di vite: inasprimento di tutte le misure è il leit motiv, e la scure repressiva si abbatte pesantemente alla sfera digitale che viene equiparata a quella reale.

Il reato di vandalismo si estende allo spazio virtuale, per cui commenti che “minano la quiete pubblica” possono comportare l’arresto. Le critiche al governo possono essere considerate reati penali e sono punibili con più di 2000 euro di multa e fino a 60 giorni di carcere.

Sono previsti fino a sei anni di carcere per chi minaccia un pubblico ufficiale, anche appunto con un post. Ulteriore inasprimento di pena per il blocco del traffico, anche a piedi, e divieto di montare tende e palchi nelle aree di dimostrazione.

Si verrà considerati parte dell’organizzazione di una protesta anche solo condividendo un post sul dove e quando si terrà. La polizia può perquisire anche in assenza di testimoni.

Il recente sgombero dell’occupazione dell’Università Shota Rustaveli Cinema e Teatro è stato accompagnato da multe da più di 1700 euro e la sospensione degli studenti manifestanti .


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