(Nino Baidauri/Women of Georgia)

(Nino Baidauri/Women of Georgia)

Likuna, ragazza georgiana di 21 anni, ha perso la mano destra dopo un grave incidente. La sua voce, la sua storia

Le donne georgiane sono spesso senza voce: i loro sentimenti, sogni, opinioni, aspirazioni e conquiste sono spesso raccontati da altri, spesso dagli uomini. Il progetto "Women in Georgia " fa in modo che siano le donne stesse a raccontare le proprie storie, con le proprie parole. Il progetto ha raccolto 150 storie di donne da tutto il paese. OC Media ha selezionato e tradotto in inglese e russo alcune di queste storie. OBCT ora propone questo testo anche in italiano. Likuna Chachibai si racconta.

‘Ce l'ho fatta’

(Nino Baidauri/Women of Georgia)

‘Esattamente 5 anni fa, il 29 maggio, sono caduta dal 9° piano. Non avevo molte possibilità di sopravvivere, ma ce l'ho fatta. Ma a causa di questo incidente la mia famiglia ha perso tutto. Io ce l'ho fatta e ho avuto un'altra possibilità’.

‘Sono stata in coma 3 giorni, durante i quali mi hanno amputato una mano. Dato che non ero cosciente non potevano chiedere il mio consenso, quindi sono stati i miei genitori ad autorizzare l'intervento. Senza l'amputazione, la cancrena mi avrebbe uccisa. Quando ho ripreso conoscenza mi sono trovata legata al letto per evitare uno shock alla scoperta. Sentivo i medici sussurrare: “Non sa niente, non possiamo dirglielo”. Ho capito subito che c'era un problema. Sono riuscita a muovere le gambe, con mio grande sollievo. La mia testa era stata ruotata e fissata a sinistra. Allora ho capito di aver perso la mano destra’.

‘Prima di rendermi conto che mi mancava una mano, pensavo di aver perso la voce. Non riuscivo nemmeno a dire la parola più importante, "mamma". L'idea di non poter più parlare mi rendeva furiosa, ma era solo l'apparecchio a cui ero attaccata. Quando l'hanno scollegato e ho detto "voglio mia mamma" ero felicissima’.

‘Ho chiesto di vedere mia mamma e le ho chiesto, con calma, con la mia solita voce, perché non mi avesse detto della mano. Non ero sotto shock o depressa, e non sono andata in panico al momento. La mamma era sollevata nel vedermi così tranquilla’.

‘Perché a me?'

‘Più tardi, ho pensato che ci fossero cose peggiori del perdere una mano. Non davo molta importanza all'avere una o due mani. Sono andata avanti con la mia vita. Me la cavo anche meglio di prima, sono più in gamba. La riabilitazione è stata breve, l'ho trascorsa in ospedale. Quando sono tornata a casa, essendo abituata a fare tutto con la mano destra, non è stato facile passare alla sinistra. In quei momenti non riuscivo a non pensare: “Perché a me?”’.

‘Ma ho superato questo momento. Ho deciso di non perdere tempo. La mia depressione è durata poco. Un giorno, mentre ero da sola, mi sono detta che dovevo essere forte. Avevo avuto un'altra possibilità e dovevo fare qualcosa di diverso da prima’.

Le persone intorno a me mi rendevano felice di essere viva’

‘A volte mi dimenticavo di non avere la mano destra. Allungavo il braccio e mi rendevo conto, “Ops, non c'è”. La mia famiglia si faceva più problemi. Non è che si vergognassero, ma è difficile crescere una figlia per 16 anni e all'improvviso vederla perdere una mano. All'inizio, quando uscivo, nascondevo il braccio. Poi ho superato anche questo. Mi ha salvata l'avere intorno persone che mi rendevano felice di essere viva, i miei genitori e mio fratello. Non ha molta importanza avere una o due mani se ti rendi conto di essere fortunata a poter stare con le persone che ami. I problemi di autostima non sono niente se hai l'amore’.

Quello che odio di più è essere compatita’

‘Prima dell'incidente avevo abbandonato la scuola al nono anno. Ho deciso di tornare e finire gli studi. Sono tornata nella stessa classe e ho continuato gli studi. Ma c'erano sempre due gruppi in classe. Uno è dalla tua parte, l'altro ti guarda dall'alto in basso. A volte mi prendevano in giro, dicevano: “Come fai a pettinarti?”, o “Come fai a metterti lo smalto sulle unghie?”. Questo mi irritava così tanto che rispondevo con insulti e cattiverie, ma poi ho capito che era inutile e ho lasciato perdere’.

(Nino Baidauri/Women of Georgia)

‘Ho perso molti amici a causa dell'incidente. Non perché si vergognassero di me, ma perché non prendevano in considerazione ciò di cui avevo bisogno. Vedevo che mi compativano. È la cosa che odio di più. Se siamo amici, non ho bisogno della tua compassione. Basta che rimaniamo amici’.

Volevo tanto ballare’

‘A parte lo studio, volevo fare qualcos'altro. Volevo tanto ballare. Una persona a me molto cara ha creato una coreografia per noi e quando ho visto che andavo bene sono andata al talent show Nichieri. A dir la verità la prima volta non è andata bene per vari motivi, ma siamo passati in semifinale e da lì abbiamo preso il volo ed è arrivato il successo. Il centro sportivo paralimpico mi ha proposto un corso di nuoto. Mi hanno detto che avevo del potenziale'.

Non c'era niente che non potessi fare!’

‘All'inizio nuotavo in modo ridicolo. Non riuscivo nemmeno a fare 25 metri senza fermarmi due volte. Ma ho insistito e dopo circa un mese sono partita per la mia prima gara in Portogallo. Mi trovavo sui banchi di partenza vicino alle ragazze più forti del mondo, e quando mi sono tuffata ho cominciato a combattere da vera nuotatrice. Dovevo essere alla loro altezza, non avevo diritto di mollare. Avevo la passione che hanno i nuotatori. Circa un mese dopo la gara, un quarto d'ora prima del mio compleanno, Giorgi mi ha chiamato e mi ha detto: “Congratulazioni!”. Ho pensato che era presto per gli auguri, ma la notizia era che sarei andata alle paraolimpiadi di Rio! È stato il più grande regalo della mia vita. In quel momento mi sono sentita perfetta, non c'era nulla che non potessi fare!’.

‘Non dico non ci siano disabilità, ovviamente ce ne sono. Ci sono barriere, difficoltà, grandi difficoltà a dire il vero, ma non dobbiamo lasciarci abbattere. Dobbiamo superarle. Possiamo farlo; non c'è nulla che tutti noi non possiamo fare’.


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