Nella piccola isola greca di Tilos in due anni sono sbarcati 5500 profughi, soprattutto da Siria e Afganistan. E la comunità locale si è fatta carico dell'accoglienza in prima persona
A Tilos, isoletta di 60 chilometri quadrati fra Rodi e Kos, una volta scorrazzavano mandrie di elefanti nani. I loro resti sono stati scoperti dai paleontologi nella grotta di Charkadiò nel 1970, risalgono a 3500 anni fa. Oggi, in questo poco più di uno scoglio nell’Egeo meridionale a 22 miglia nautiche a nordovest di Rodi, un’ora e mezza di traghetto, a correre dalla mattina alla sera sono i sei volontari che, coadiuvati dal sindaco Maria Kamma Aliferi eletta nella lista indipendente “Nea Poreia”, e da buona parte dei 600 residenti nonché dai turisti, affrontano l’arrivo di profughi dal mare. Circa 5500 in due anni.
Comunità solidale
Li va a raccogliere fra le onde il signor Nikos, con il suo gommone, uno della squadra dei sei “volontari fissi” accompagnato dal vicesindaco che rappresenta la comunità. Se i profughi riescono ad arrivare con i propri mezzi, a prelevarli arriva un furgoncino del Comune. La prima assistenza medica è fornita da un medico e da un’ostetrica dell’Associazione “Medici senza frontiere” che qui a Tilos curano anche gli abitanti greci, visto che non c’è un ambulatorio statale. “Fino ad agosto gli scampati alle guerre del Medio Oriente venivano alloggiati nel monastero della Madonna Politissas”, racconta ad OBC Eleni, proprietaria di uno spaccio che vende tutto ciò che può essere utile ai turisti, nel porticciolo di Livadia. “D’estate ne arrivano fino a 700 la settimana, ma al massimo si fermano cinque giorni, poi aspettano il traghetto di linea per il Pireo, dove salgono a proprie spese. Ora stiamo ristrutturando una vecchia caserma in una zona defilata: c’è solo un grande stanzone, ma il cortile è davvero grande. Finora siamo riusciti a costruire i bagni, le docce e a comprare 100 letti da campo”.
Pare strano questo connubio: la proprietaria di un negozio turistico che fa al tempo stesso la volontaria per l’accoglienza dei profughi. “Non tanto strano. Per comprare i 100 letti ci hanno aiutato proprio i turisti, che di loro iniziativa hanno aperto il sito Support the refugees on Tilos island per raccogliere soldi da tutto il mondo”. Non solo: sono molti i visitatori stranieri che, partendo dall’unico camping locale, hanno lasciato in dono tende, sacchi a pelo e cibo per dare un soggiorno dignitoso a questi diseredati che arrivano a Tilos dalla Siria e dall’Afghanistan dopo viaggi lunghissimi per terra e per mare. E dire che sui giornali abbiamo letto tutti degli scontri fra profughi e polizia che ci sono stati nelle non lontane isole di Kos o a Lesbo, con i turisti in fuga a cercare altri lidi per passare le vacanze.
“Qui la situazione è più tranquilla perché tutti, a cominciare dal sindaco, ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo deciso di accogliere i profughi in modo umano”, continua Eleni. Ed ecco il signor Nikitas, 65 anni, presidente del Consiglio comunale, cuoco volontario che due volte al giorno prepara pentoloni di zuppa: per contorno arrivano piatti preparati dalle isolane o sacchetti di vivande dal supermarket portati da chi dopo il lavoro dedica almeno un gesto allo sforzo collettivo. “Per un anno sono arrivati 5 euro e 80 centesimi per ogni profugo al giorno dall’Unione europea, ora sono stati tagliati e contribuiamo noi di tasca nostra”, continua Eleni.
L'accoglienza prevale sulla paura
Ovviamente il paradiso dell’ospitalità ha qualche crepa: “Qui non abbiamo mai visto un profugo. Ma a Tilos, in generale, qualcuno degli abitanti si lamenta”, ci racconta il proprietario del ristorante To Delfini, sul litorale di Aghios Antonios dalla parte opposta dell’isola rispetto al porto di Livadia. Già, perché sull'isola oltre a Livadia ci sono 19 spiagge alcune sabbiose altre costellate di ciottoli, un castello fondato nel XV secolo dai cavalieri di san Giovanni, 19 chiesette bizantine affrescate. L'ideale per una vacanza tranquilla. Ma ad avere qualche timore, più che i turisti, pare siano soprattutto i residenti più anziani, preoccupati da eventuali malattie esotiche portati dagli “africani”. Anche se i profughi in giro per l’isola non si vedono proprio: stanno tutti nella ex caserma per 4-5 giorni in attesa del traghetto per il Pireo. “A volte, quando sono tutti al porto ad aspettare la nave, qualcuno storce il naso, è vero”, ammette Eleni “ma in generale la solidarietà prevale”.
Rincara la dose il signor Michalis, proprietario dell’unico forno isolano, un altro della squadra “volontari fissi”, che al contempo affitta qualche stanza ai turisti: “Io preparo ogni giorno dei sacchetti pieni di pane da portare alla caserma. Il messaggio che vogliamo dare a questi nostri fratelli sfortunati sopravvissuti alle guerre è che qui, a Tilos, sono al sicuro”. Viene alla mente l’appello di Papa Francesco rivolto alla Chiesa cattolica “ogni parrocchia deve accogliere una famiglia siriana”. Qui a Tilos, il monastero della Madonna Politissa ha fatto molto di più. E quando, nelle due stanze odorose d’incenso dedicate ai profughi non c’era più spazio, lo sforzo è passato alla società civile, al signor Nikos con il suo gommone, al signor Michalis con il suo forno, a Eleni che dirige uno spaccio, all’anziano Nikitas che cucina per tutti, al vicesindaco che sale e aiuta sul gommone, al sindaco che ha lanciato un appello ai “Medici senza frontiere”… e ai tanti inglesi, italiani, francesi che - invece di scegliere un’altra isola per le vacanze (tutt’altro, sono molti a essersi stabiliti qui una volta pensionati) - hanno organizzato il sito per raccogliere fondi.
Non sarà il paradiso, ma una comunità solidale sì. Gli elefanti nani, nella loro grotta, dormono il loro sonno millenario. Chissà, se vivessero ancora sarebbero stati arruolati dai tilioti, per contribuire al trasporto di qualche donna incinta o bambino siriani venuti dal mare.
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