Nuove rivelazioni riaprono lo scandalo sorveglianza in Grecia: decine tra giornalisti, politici e imprenditori erano nel mirino di servizi segreti e spyware. Chi dava gli ordini?
Poco dopo le 10 del mattino di domenica 6 novembre, il settimanale Documento è già introvabile in diverse edicole del centro di Atene – caso più unico che raro in un Paese dove le vendite dei giornali non vanno esattamente a gonfie vele. Il motivo è uno scoop realizzato dal settimanale, che svela 33 nomi illustri le cui comunicazioni, secondo fonti “affidabili al di sopra di ogni dubbio” sarebbero state intercettate e messe sotto sorveglianza.
Nella “lista Documento” non sono presenti solo figure di opposizione e giornalisti critici nei confronti dell’esecutivo, ma anche uomini d’affari, politici ed editori vicini al primo ministro Mitsotakis, e persino ministri del governo di Nuova Democrazia. Le nuove rivelazioni aprono l’ennesimo, inquietante capitolo dello scandalo sorveglianza meglio noto come Predatorgate, dal nome dello spyware utilizzato.
Servizi segreti e spyware: un sistema coordinato?
Lo scorso agosto, Mitsotakis aveva ammesso che i servizi segreti (EYP) avevano sorvegliato Nikos Androulakis, leader del partito di opposizione PASOK. Il primo ministro aveva rivendicato la legalità del monitoraggio (di cui si dichiarava all’oscuro), pur riconoscendone l’inopportunità politica, ma aveva assicurato che le autorità greche erano estranee all’uso dello spyware Predator, di cui sia Androulakis che il giornalista Thanasis Koukakis erano stati bersaglio. I fascicoli in mano all’EYP e relativi a questi due casi sono inspiegabilmente andati distrutti.
I giornalisti di InsideStory hanno però individuato una rete di relazioni personali e d’affari che collegavano il segretario generale dell’ufficio del primo ministro e nipote di Mitsotakis, Grigoris Dimitriadis (dimissionario in seguito alla sorveglianza di Androulakis), a Intellexa, azienda con sede ad Atene che commercia lo spyware in Grecia.
L’inchiesta, tuttavia, aveva raggiunto un punto morto. La commissione parlamentare incaricata di indagare sul caso, composta in maggioranza da membri del partito di governo, ha lavorato a porte chiuse e senza interpellare alcuni dei testimoni chiave. “Le accuse dell'opposizione relative a uno scandalo legato alla sorveglianza legale del telefono di Androulakis e alle operazioni dell’EYP sono crollate come un castello di carte”, ha scritto Nuova Democrazia nelle sue conclusioni. L’uso dello spyware illegale da parte delle autorità è stato ancora una volta categoricamente negato.
Le nuove rivelazioni smentiscono questa versione dei fatti. Secondo le informazioni in possesso di Documento, gli obiettivi venivano posti sotto sorveglianza da parte dell’EYP al fine di accertare i loro contatti frequenti e le loro relazioni. Conclusa questa prima fase ed individuati gli obiettivi, entrava in gioco Predator, in grado di accedere ad ogni informazione del dispositivo infetto.
Emerge un sistema di sorveglianza coordinato, in cui servizi segreti lavorano di concerto con gli attori privati che commerciano e operano lo spyware. Deus ex machina, sostiene Documento, sarebbe il primo ministro Kyriakos Mitsotakis, a cui dal 2019 l’EYP riferisce direttamente.
Ministri, giornalisti e imprenditori nella “lista Documento”
I 33 sorvegliati illustri presenti sulla lista Documento non includono solo membri dell’opposizione come lo stesso Androulakis e i parlamentari di SYRIZA Olga Gerovasili e Christos Spirtzis. Ci sono anche membri di Nuova Democrazia e persino elementi del governo in carica, come il ministro degli Esteri Nikos Dendias, quello dello Sviluppo economico Adonis Georgiadis (sorvegliato insieme alla consorte Eugenia Manolidou), quello delle Finanze Christos Staikouras e quello del Lavoro Kostis Hatzidakis. Tra i politici, spiccano anche i nomi dell’ex primo ministro e leader di Nuova Democrazia Antonis Samaras e dell’ex commissario UE Dimitris Avramopoulos.
Ci sono anche i giornalisti: oltre al già noto caso di Koukakis e ad Antonis Dellatolas, la lista include il direttore del quotidiano Kathimerini, Alexis Papachelas. L’armatore e imprenditore Evangelos Marinakis sarebbe stato invece sorvegliato indirettamente, tramite persone a lui vicine come Theodoros Karipidis, presidente della squadra di calcio Aris Salonicco. Secondo Documento, Karipidis avrebbe ricevuto tra giugno e novembre 2021 ben quattro messaggi-esca con lo scopo di installare Predator sul suo dispositivo a seguito del click su un link infetto.
Interpellati dal settimanale, molti degli interessati si sono astenuti dal commentare, o si sono detti all’oscuro dei fatti. Ma la presenza di nomi vicini al primo ministro tra i potenziali sorvegliati potrebbe ben presto trasformare la vicenda anche in una questione di leadership interna a Nuova Democrazia. In un’intervista concessa il giorno successivo, Mitsotakis ha parlato di “bugie incredibili”, liquidando gli ultimi sviluppi giornalistici come “una vergogna. e una sciagura”. Il governo si è anche detto pronto a legiferare contro il commercio degli spyware in territorio greco.
Una questione di democrazia
Le nuove rivelazioni hanno riportato il caso su tutte le prime pagine. Il quotidiano Ta Nea, di proprietà dello stesso Evangelos Marinakis presente nella lista, titolava a inizio ottobre “Intercettazioni, fine della storia”. Il 7 novembre, la prima pagina recitava “Si faccia subito luce”.
Gli unici a non avere mai smesso di puntare i riflettori sulla vicenda sono le associazioni per la libertà di stampa e i giornalisti investigativi, spesso a scapito della loro stessa sicurezza. Anastasios Telloglou, reporter d’inchiesta di InsideStory, ha raccontato di recente di aver lavorato sul caso “in condizioni di assoluta solitudine” e a fronte di continue intimidazioni, tra cui pedinamenti neanche troppo discreti e un tentativo, da parte di un sedicente agente di polizia, di accedere alla sua automobile in un parcheggio di Atene.
Oltre a ostacolare e sorvegliare i giornalisti, le autorità greche non hanno fatto nulla per agevolare il lavoro delle istituzioni incaricate di scoprire la verità. Lo ha evidenziato l’Europarlamentare Sophie in 't Veld al termine della missione greca conclusa pochi giorni fa dalla commissione PEGA, stabilita per fare luce sull’uso degli spyware negli stati UE. “La posta in gioco non è solo la privacy dei singoli, – ha aggiunto in 't Veld a proposito del caso greco – ma la nostra democrazia e la nostra società libera nel suo complesso”.
Il progetto DJAS è co-finanziato da Open Society Institute in cooperazione con OSIFE/Open Society Foundations. La responsabilità dei contenuti di questa pubblicazione è esclusivamente di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa.
Questo progetto ha ricevuto finanziamenti dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell'Unione europea in virtù della convenzione di sovvenzione Marie Skłodowska-Curie n. 765140.
Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!