I lavoratori e le lavoratrici greche sono a ''rischio indigenza''. Secondo recenti statistiche Ue la Grecia presenta, in Europa, il più alto numero di persone con introiti al di sotto del 60% del reddito medio nazionale. E quest'autunno di crisi economica mondiale non è certo confortante
Cenerentola abita ad Atene. E i principi azzurri intorno a lei scarseggiano. Anzi: i greci, e le greche, hanno un triste primato: fra i cittadini dell'Unione europea hanno la percentuale più alta di lavoratori in bilico sulla soglia di povertà, ossia - secondo la definizione di "rischio indigenza" delle più recenti statistiche della Commissione di Bruxelles, pubblicate nei giorni scorsi ma riferite al 2005 - l'abisso che inghiotte le "persone con introiti al di sotto del 60% del reddito medio nazionale".
Uno spauracchio che si mangia la speranza e agita le notti di chi tiene famiglia. Di peggio, c'è solo la disoccupazione. Ma nonostante facciano parte dal 1981 dell'Unione europea, 14 lavoratori attivi ellenici su cento, con un'età maggiore di 18 anni, vivono ai limiti di questa temuta soglia di emarginazione sociale, mentre la media Ue (calcolata sui 27 attuali membri) è di 8 su cento. A ruota dopo i lavoratori "quasi-poveri" di Atene e dintorni, seguono i polacchi (13 su cento): ricordate i poster ironici sull'"idraulico polacco che non vi ruberà il lavoro", finanziati dall'ente del turismo di Varsavia e apparsi nel 2005 sui muri di mezza Europa (soprattutto in Francia dove un biondo fusto armato di chiavi inglesi e rubinetterie annunciava "Venez nombreux, je reste en Pologne!")? Bene: i parigini, stando agli ultimi dati Eurostat, farebbero meglio a temere gli idraulici greci. Al terzo posto negli occupati costretti a stringere più che mai la cinghia nell'euroclub sono i portoghesi (11 poveri su cento).
La classifica di Bruxelles tiene conto non solo del mero stipendio, ma dei servizi sociali a cui può accedere ogni cittadino dell'Unione. Un esempio? Una coppia che può risparmiare su baby sitter, asili nido e che quindi non è obbligata a rinunciare a uno stipendio (di solito quello della moglie) per badare alla prole, è più ricca di una analoga famiglia che percepisce lo stesso reddito in un altro Paese ma che gode, in compenso, di servizi sociali efficienti. Anche calcolando questo aspetto, la Grecia è il fanalino di coda del vecchio Continente. Solo 61 bambini fra i 3 e i 6 anni trovano posto nella scuola dell'infanzia, mentre per quanto riguarda la fascia d'età 0-3 anni, solo un piccolo su dieci è accolto da asili nido o condominiali (dato, questo, migliore solo a quello dell'Austria, dove lo Stato aiuta le madri lavoratrici in 4 casi su cento). Addirittura un bambino ellenico su quattro (contro una media UE del 19%) vive già sotto la soglia di povertà: "situazione dovuta ai bassi stipendi dei genitori, più che alla loro disoccupazione" ha risposto il Commissario europeo preposto alle Politiche sociali a un'interrogazione in proposito del'eurodeputato Dimitris Papadimulis del Synaspismos (piccola coalizione dei partiti di sinistra greci, che non comprende i socialisti del Pasok)
Più in generale, l'efficacia dei finanziamenti pubblici ellenici per ridurre la povertà è valutato in una scala del 9% dalla Commissione europea, contro il 18% della Spagna, fino ad arrivare al vertiginoso 58% della Svezia, picco virtuoso seguito da quelli della Danimarca, della Finlandia, della Cechia e dell'Olanda.
Unica consolazione: le moderne Cenerentole greche che escono ogni mattina dal focolare per andare in ufficio non stanno molto peggio dei loro colleghi maschi. Se le lavoratrici "povere" sono 12 su cento nella terra degli dei, gli uomini a rischio di indigenza sono 15 su cento. Un dato da prendere con le pinze: anche in Grecia, come in Italia, il tasso di donne occupate fuori casa è minore di quello dei compagni. A tutto questo aggiungiamo un'inflazione che sfiora il 4,7 per cento, la più alta dal Manzanarre al Danubio (ma il reale aumento dei prezzi dei beni di prima necessità per le famiglie, secondo le Associazioni dei consumatori, sfiora il 9%), e la bomba che scoppierà il 20 ottobre, alla pubblicazione dei dati macroeconomici europei: lì si scoprirà che il deficit pubblico 2007 ellenico sfonda, con il suo 3,4% rispetto al Pil, il limite stabilito dal Patto di stabilità di Maastricht, rischiando un'euro-ammonizione. Così come il debito pubblico è continuato ad aumentare negli ultimi anni arrivando a quota 251 miliardi di euro.
La buriana che soffia, ugualitaria, su tutte le Borse europee e mondiali in questo autunno di crisi non è di grande conforto.
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