Nicole Corritore 2 agosto 2017
Bandiere greca ed europea, foto Elias Bizannes - Flickr.jpg

Nell'hotspot di Moria, sull'isola di Lesbo, la polizia ha usato violenza e arrestato decine di persone che manifestavano contro le condizioni di vita nel campo. Alcuni europarlamentari chiedono all'Alto rappresentante dell'Ue e al governo greco un intervento immediato

Come riportato da diverse organizzazioni attive nell'assistenza dei migranti rimasti bloccati in vari paesi della rotta balcanica, tra le quali "Are you Syriuos? " e "The Legal Centre Lesbos ", nei giorni scorsi la polizia greca è intervenuta con violenza su alcune persone detenute nell'hotspot di Moria, sull'isola di Lesbo. L'intervento delle forze dell'ordine è seguito alle manifestazioni di denuncia delle difficili condizioni di vita nel campo, tra i fattori che provocano l'aggravamento dello stato di salute mentale dei migranti.

Alcuni parlamentari europei membri della Commissione LIBE (Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni) erano stati in missione in Grecia dal 22 al 25 maggio scorso per monitorare l'attuazione delle politiche su migrazione e asilo. Come ha scritto un membro della delegazione LIBE, Elly Schlein, sul suo sito il 27 luglio scorso, tra i campi visitati vi era anche l'hotspot di Moria: "Qualche giorno fa ci hanno segnalato gravi fatti in corso nel campo rifugiati di Moria sull’isola di Lesbo, dove sono stata in missione in maggio. Dozzine di arresti di richiedenti asilo, compresi dei curdi-siriani, violenze e maltrattamenti da parte della polizia, uso sistematico della detenzione".

La violenza usata dalla polizia e gli arresti di decine di persone del campo, ha spinto dunque Elly Schlein assieme ad altri 7 eurodeputati (5 italiani, la slovena Tanja Fajon e la portoghese Ana Gomes) a scrivere una lettera all'Alto rappresentate Ue Federica Mogherini, al Commissario europeo per la migrazione Dimitris Avramopoulos e a rappresentanti del governo greco, chiedendo la fine delle violenze e l'avvio di indagini sugli abusi denunciati. Pubblichiamo la versione della lettera in lingua italiana, ripresa dal sito di Elly Schlein .

Bruxelles, 25 luglio 2017

A:
Dimitris Avramopoulos
Commissario europeo per la Migrazione, gli affari interni e la cittadinanza

Federica Mogherini
Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Vicepresidente della Commissione

Nikos Toskas
Ministro greco per la Protezione dei cittadini

Yiannis Mouzalas
Ministro greco per le Migrazioni

E per conoscenza a:
Filippo Grandi
Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR)

William Lacy Swing
Direttore generale dell’Organizzazione internazionale per le Migrazioni (OIM)

Gentile Alto rappresentante, gentile Commissario, gentili Ministri,
abbiamo appreso dalle dichiarazioni dell’attivista per i diritti umani Nawal Soufi (Premio Cittadinanza Europea 2016), che lo scorso 24 luglio, alle sei del mattino, numerosi agenti di polizia e militari hanno fatto irruzione nell’hotspot di Moria , sull’isola greca di Lesbos, svegliando i migranti con violenza e sottoponendoli ad abusi. «La polizia aveva una lista di persone da prendere. Decine di migranti sono stati arrestati, per il novanta per cento sono richiedenti asilo. Tra questi numerosi siriani e anche curdo-siriani. Alcuni hanno ricevuto solamente il primo diniego e sono in attesa di definizione del ricorso. Uno dei richiedenti asilo arrestati è un giovane curdo-siriano che ha già subito violenze in Turchia.

Già il 23 luglio, come mostrato da un video , la polizia greca ha fatto irruzione nell’hotspot di Moria sedando con violenza una rivolta dei richiedenti asilo imprigionati sull’isola da mesi – alcuni addirittura da un anno – sotto costante minaccia di essere deportati o rimpatriati. Sull’isola si era svolto un flash mob organizzato da Amnesty International e da Lesbos Solidarity, per protestare contro l’accordo UE-Turchia e la trappola in cui sono trattenuti migranti e richiedenti asilo.

Secondo l’attivista iraniano Arash Hampay , anch’esso sull’isola, due profughi curdo-iracheni detenuti a Moria sono in sciopero della fame da 27 giorni e versano in condizioni fisiche precarie, senza ricevere cure adeguate e privati della possibilità di comunicare con l’esterno.

La situazione dell’hospot di Moria è descritta con chiarezza nel rapporto appena pubblicata da Medici Senza Frontiere . Sono stati testimoniati anche casi di violenza da parte della polizia e gravi maltrattamenti .

Il ricorso alla detenzione dei richiedenti asilo dovrebbe costituire, secondo la normativa nazionale ed europea, solo una extrema ratio, proporzionata e adeguatamente motivata su base individuale. Ci sembra invece che sulle isole greche, come osservato dalla missione di eurodeputati della Commissione LIBE nel maggio 2017, si faccia un ricorso sistematico alla detenzione dei richiedenti asilo nei cosiddetti pre-removal centers, in attesa di rimpatriare le persone in Turchia in base alla dichiarazione UE-Turchia, o verso i rispettivi Paesi di origine.

Nei pre-removal centers vengono detenute diverse categorie di migranti e richiedenti asilo: persone in attesa di rimpatrio in Turchia dopo aver ricevuto un secondo diniego al ricorso; persone che hanno ricevuto un solo diniego e sono in attesa di definizione del ricorso; persone che hanno optato per una procedura di rimpatrio volontario assistito coordinato dall’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ); persone che affermano di trovarsi in stato di detenzione per il solo fatto di non aver ancora potuto presentare richiesta d’asilo; infine, persone catalogate come “piantagrane”, senza che via sia alcuna accusa a loro carico.

In questi centri, l’accesso all’assistenza sanitaria e legale è inadeguato, come mostrato in dettaglio da un rapporto di Refugee Support Aegean , che rimarca le condizioni di sovraffollamento e di carenza di assistenza medica, psicologica e psichiatrica. La possibilità per le persone in stato di detenzione di vedere un avvocato non è assicurata.

L’elemento principale del diritto d’asilo e dello status di rifugiato consiste nel proteggere la persona dal rimpatrio verso un Paese in cui abbia motivo di temere di essere perseguitata. Tale protezione è sancita dal principio di non respingimento (non-refoulement) di cui all’articolo 33 (1) della Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati (Convenzione di Ginevra ) come segue: «Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche».

Tale elemento è presente anche nella Direttiva 2013/32/UE del 26 giugno 2013 recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale.

La Grecia è parte contraente della Convenzione di Ginevra ed è vincolata a detta Direttiva.

Ci appelliamo alle Autorità greche perché venga messo fine all’uso sistematico della detenzione, perché venga pienamente investigato ogni caso riportato di violenza da parte della polizia, e venga assicurato il pieno rispetto dei diritti fondamentali di ciascun richiedente asilo.

Chiediamo che i richiedenti asilo non siano rimandati in Paesi dove la loro incolumità è a rischio, come è evidente nel caso del ragazzo curdo-siriano arrestato lo scorso 24 luglio.

Chiediamo alla Commissione europea di smettere di esercitare pressione sulle Autorità greche al fine di incrementare il numero dei rimpatri, che riguardano anche persone vulnerabili e mettono a rischio l’unità familiare.

Il pieno rispetto dei diritti fondamentali di ciascuna persona non è negoziabile e costituisce l’essenza dei principi su cui è fondata l’Unione europea.

Elly Schlein, eurodeputata gruppo S&D, Italia
Barbara Spinelli, eurodeputata gruppo GUE/NGL, Italia
Sergio Cofferati, eurodeputato gruppo S&D, Italia
Tanja Fajon, eurodeputata gruppo S&D, Slovenia
Eleonora Forenza, eurodeputata gruppo GUE/NGL, Italia
Ana Gomes, eurodeputata gruppo S&D, Portogallo
Cécile Kyenge, eurodeputata gruppo S&D, Italia
Marie-Christine Vergiat, eurodeputata gruppo GUE/NGL, Francia

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