Paola Rosà 24 novembre 2020

Il giornalista dell'Avvenire, sotto protezione da un anno per le minacce ricevute in seguito alle sue inchieste sul traffico di migranti in Libia, ripercorre la sua vicenda per la piattaforma Mapping Media Freedom gestita dal consorzio Media Freedom Rapid Response

In un lungo articolo pubblicato in italiano e in inglese dalla piattaforma di monitoraggio delle minacce al giornalismo in Europa e nei paesi candidati, Nello Scavo torna sui fatti e sulle verità taciute che sono all'origine della sua situazione attuale. Verità taciute che il giornalista chiama con il loro vero nome:

"Il peggiore nemico dei giornalisti e del giornalismo non è il crimine, ma la menzogna di Stato. Uno Stato che mente davanti alle inchieste dei giornalisti, è uno Stato che legittima chi minaccia e intimidisce i giornalisti. Uno Stato che favorisce e stimola il discredito, l’emarginazione, fino a legittimare con i suoi complici silenzi l’eliminazione fisica dei giornalisti".

Le menzogne cui Nello Scavo si riferisce si sono intensificate nell'ultimo anno, da quando l'Avvenire ha pubblicato le prove di un incontro fra funzionari del governo italiano e trafficanti di uomini libici. "Un anno fa con il mio giornale abbiamo pubblicato le prove della 'trattativa segreta' tra istituzioni nazionali ed esponenti delle milizie libiche coinvolti nel traffico di esseri umani, petrolio e droga. Da quel giorno non abbiamo ottenuto alcuna collaborazione dagli esponenti di governo che invece hanno preferito tacere o mentire".

Nello Scavo parla di una serie di "menzogne, omissioni, depistaggi, perfino di omertà", da parte del governo, e racconta invece una serie di fatti, testimonianze e realtà frutto di un lungo lavoro di inchiesta giornalistica che negli anni ha trovato spazio sulle pagine di Avvenire.

La conclusione è allarmante, e la denuncia di Nello Scavo - che è sotto protezione da oltre un anno -  è molto esplicita: "Come se le autorità italiane avessero maggiore interesse nel custodire i patti segreti con i criminali, anziché proteggere l’informazione. Ogni volta che questo atteggiamento delle istituzioni governative si rinnova, la vita dei giornalisti è messa in serio pericolo. Perché tra l’impegno dei reporter e le azioni compiute dai criminali, lo Stato dimostra di scegliere i secondi".

L'articolo completo è pubblicato, in inglese e in italiano, da Mapping Media Freedom.

 

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