Si apre oggi il Torino Film Festival. Il cinema dell'est non manca, anche se latita dalle sezioni principali dedicate alla finzione
Come gli altri principali festival dell'estate/autunno italiani, la Mostra di Venezia e la Festa di Roma, il 35° Torino Film Festival che inizia oggi (fino a sabato 2 dicembre) ha ignorato il cinema dell'Europa dell'est e oltre, sia nei concorsi che nelle sezioni principali di finzione.
In Festa mobile c'è però il futuristico “Seven Sisters” (ma già passato al Locarno Festival come “What Happened To Monday”), coproduzione Francia/Belgio/Usa diretta dal norvegese Tommy Wirkola (“Hansel & Gretel – Cacciatori di streghe”) e girata in gran parte a Bucarest. Siamo nel 2043 e, per affrontare la sovrappopolazione terrestre, un regime totalitario ha imposto il figlio unico: la prole di chi trasgredisce sarà sottoposta a un criotrattamento. Così sette gemelle sono tenute dal padre (Willem Dafoe) nascoste in un appartamento e possono uscire un giorno alla settimana, tutte con la medesima identità. Trent'anni dopo, Lunedì non torna a casa la sera e le altre devono cercarla. Un film d'azione con Noomi Rapace che si fa in sette e Glenn Close ancora una volta cattiva.
Poi abbiamo due italiani che guardano al confine orientale e alla sua storia recente. Elisabetta Sgarbi porta il mediometraggio “L'altrove più vicino”, ovvero la Slovenia nelle parole e negli occhi di Paolo Rumiz, nei versi del poeta Alojz Rebula e nei ricordi di Claudio Magris. “Un viaggio in un paese a due passi dal nostro, nella sua lingua, nei suoi paesaggi, nelle nostre somiglianze. Girato con amorosa attenzione agli oggetti, ai ricordi, alle facce, alle tracce di un passato comune, un film spinto verso il futuro dalla vitalità dei musicisti dell'orchestra che ogni anno il maestro Igor Coretti-Kuret costruisce con giovanissimi talenti europei”.
Davide Ferrario in “Cento anni” parte dall'anniversario della disfatta di Caporetto, caduto lo scorso 24 ottobre, per un saggio storico fatto di testimonianze, voci, biografie e documenti visivi sulla storia italiana. Tra i personaggi il musicista e scrittore Massimo Zamboni, l'attore Marco Paolini, l'attrice Diana Hobel, il poeta Franco Arminio e il violoncellista Mario Brunello, oltre a scene del film “Maciste alpino”.
Da vedere è “Tesnota - Closeness” del russo Kantemir Balagov, forse il più bell'esordio internazionale dell'anno e uno dei migliori lavori dell'ultimo Festival di Cannes. È il 1998 a Nalchik, nel Caucaso. Il figlio minore di una famiglia ebrea è rapito: anziché rivolgersi alla polizia, si cerca aiuto nella comunità di appartenenza, ma i conflitti latenti esplodono e Ilana, la sorella, si ritrova a lottare contro tutto e tutti. Un film energico, stilisticamente molto maturo, che sa calare l'osservazione dell'animo umano dentro un contesto culturale molto preciso senza dimenicare le questioni politiche di un'area così complessa.
La sezione più sperimentale Onde presenta “Let The Summer Never Come Again”, opera prima del georgiano di studi berlinesi Alexandre Koberidze. L’audizione di danza che l’ha portato a Tbilisi è rimandata, così il giovane uomo di provincia bisognoso di soldi offre il suo corpo ai combattimenti clandestini e al sesso con maturi signori. Ma un soldato lo segue.
Numerosi invece i documentari selezionati. Tra questi il franco-greco-tedesco-qatariota “Le fort des fous” di Narimane Mari, un viaggio nel Mediterraneo per capire che ne è della democrazia, dall’Algeria coloniale all’utopia comunitaria persa in un isola greca all’Atene contemporanea tra collasso e rivoluzione.
Girato a Sarajevo è “M-1” del messicano Luciano Pérez Savoy, che in città ha studiato cinema nella Film.Factory fondata dal maestro ungherese Béla Tarr. M attraversa la notte spacciando e ritraendo una Sarajevo sconosciuta.
In “Le reve de Nikolay” della bulgara Maria Karaguiozova, Nikolay racconta l’impresa compiuta nel 1985: fare il giro del mondo in barca a vela in solitario. Attraversando la Cortina di ferro ha mostrato a un’intera generazione di giovani bulgari la strada per la libertà: “Quel sogno mi ha permesso di sopravvivere. Se posso costruirmi una barca, il mondo sarà mio”, dice.
Di nuovo tra Africa del nord e Grecia è “Tripoli Cancelled” di Naeem Mohaiemen (coproduzione Grecia/Germania/Regno Unito). In un aeroporto abbandonato, un uomo passeggia, fuma, scrive lettere e balla. L’aeroporto è il terminal internazionale dell’Hellinikon Airport di Atene disegnato nel 1969 da Erno Saarinen, dismesso nel 2001 e utilizzato come centro di accoglienza temporaneo per i rifugiati siriani.
Nel programma del festival, oltre al concorso internazionale, spicca la retrospettiva integrale dedicata al regista americano Brian De Palma.
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