Elezioni in Kosovo, Haradinaj e l'unione con l'Albania

20 gennaio 2021

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“Il Kosovo deve trovare una strategia per il futuro, non può tollerare di restare indefinitamente nelle mani di decisioni altrui. Non accetteremo di restare prigionieri di un conflitto congelato […] se succede, andremo al referendum sull'unificazione con l'Albania”.

Tempo di campagna elettorale in Kosovo, tempo di parole forti. L'ex comandante UÇK, ex premier e leader dell'Alleanza per il futuro del Kosovo (AAK) Ramush Haradinaj alza i toni nel tentativo di serrare le fila dei suoi sostenitori, e attirare i consensi dei tanti delusi dal lungo stallo politico e diplomatico in cui il Kosovo è caduto negli ultimi anni.

Seppur da prendere con le pinze, i sondaggi realizzati fino ad oggi non fanno dormire sonni tranquilli alla leadership dei partiti oggi al governo. Il movimento Vetëvendosje, finito all'opposizione nonostante la vittoria del 2019 dopo il rocambolesco voltafaccia della Lega democratica del Kosovo (LDK) sembra destinato ad un successo storico, ancora più largo di quello ottenuto nelle ultime consultazioni politiche.

Una crescita nei consensi che sembra rosicchiare fette importanti di consensi ai partiti oggi al governo, la LDK, il Partito democratico (PDK) dell'ex-presidente Hashim Thaçi – oggi accusato di crimini di guerra dalla Corte speciale - e l'AAK di Haradinaj.

Per rilanciare, il leader dell'AAK ha deciso di puntare il dito contro l'UE, colpevole di aver abbandonato il Kosovo al suo destino. “Se nel giro di qualche anno non saremo nella lista bianca di Schengen, se non saremo alle porte della membership Nato, se non saremo stati riconosciuti dai cinque paesi europei che ancora non l'hanno fatto, cosa dovremmo fare?”, ha chiesto polemicamente Haradinaj presentando il programma elettorale del partito.

La minaccia è quella di portare a termine l'unificazione pan-albanese anche contro il volere dei partner internazionali e nonostante il divieto esplicito contenuto nell'attuale costituzione kosovara. Una minaccia, in realtà, almeno al momento priva di reale contenuto, ma funzionale appunto ad agitare e compattare gli elettori durante la campagna.

Questo per vari motivi. Innanzitutto la tempistica: in politica, dove le cose cambiano in fretta, promettere qualcosa che dovrebbe avvenire dopo quattro o cinque anni, ha poco o nessun peso. Anche se teoricamente il Kosovo potrebbe organizzare il referendum, farlo significherebbe tagliare i ponti con gli attori internazionali che, seppur in modo talvolta ambiguo, ne garantiscono l'esistenza come stato indipendente.

Bisognerebbe infine che anche l'Albania si dichiarasse d'accordo ad un'unione politica col Kosovo: cosa tutta da dimostrare, anche perché questa significherebbe la fine della prospettiva europea anche per Tirana.