La situazione in Kosovo è tornata incandescente in poche settimane. Due agguati, un morto e diversi feriti sono la scia di sangue, consumatasi in poche settimane, dopo l'ennesimo tentativo di Pristina di aprire uffici amministrativi nel nord, a maggioranza serba
L'estate a Mitrovica è tornata rovente e inquieta, all'indomani della serie di incidenti di inizio luglio, che hanno provocato la morte di un uomo e numerosi feriti. Ora la tensione rischia di salire ancora: le leadership di Serbia e Kosovo in queste settimane si sono scambiate dichiarazioni pesanti, mentre la locale comunità serba è in ansiosa attesa di nuove iniziative del cosiddetto “Piano di azione per il nord” promosso dal governo di Pristina.
Dopo gli scontri la "guerra" mediatica
Protagonista della “guerra mediatica” dei giorni scorsi è stato soprattutto il ministro degli Interni kosovaro Bajram Rexhepi. Alle sue ultime dichiarazioni sulla volontà di inviare truppe speciali della polizia kosovara a Mitrovica nord, in accordo con le missione europea Eulex, il presidente serbo Boris Tadić ha risposto parlando di “diretta minaccia bellica”.
La dura risposta del presidente serbo ha trovato larga eco nell'opinione pubblica locale. In molti si chiedono se l'inusuale durezza delle parole di Tadić -dirette tra l'altro ad un ufficiale “di grado inferiore”, dal momento che per la Serbia quello di Pristina resta un governo illegittimo e non riconosciuto- abbia avuto l'obiettivo di attirare l'attenzione internazionale sulla gravità della situazione e confermare la determinazione di Belgrado a tutela del Kosovo settentrionale, oppure se si tratti di una sortita ad uso e consumo dell'elettorato serbo.
Anche il Consiglio Nazionale Serbo, solitamente intransigente sulla questione dello status, ha mostrato apprezzamento per le parole del presidente, richiedendo poi con urgenza un nuovo incontro del Consiglio di Sicurezza dell'Onu per autorizzare il ritorno sul territorio kosovaro di “un certo numero di forze di sicurezza serbe, in accordo con la risoluzione 1244”.
Un'escalation cominciata fin da maggio
Che l'estate a Mitrovica sarebbe stata rovente lo si era cominciato a intuire già a fine maggio, durante le elezioni locali a Mitrovica nord. Allora circa 2 mila albanesi, scesi in piazza di fronte al ponte che unisce e divide la città per protestare contro le consultazioni, organizzate dal governo di Belgrado, si erano scontrati con un gruppo di manifestanti serbi. Incidenti più gravi erano stati evitati solo per l'intervento congiunto della polizia kosovara e di quella del contingente Eulex.
La tensione è risalita a fine giugno, quando Christopher Dell, ambasciatore nordamericano in Kosovo, ha dichiarato in un'intervista concessa ai media locali di Mitrovica Nord che a suo parere l'unica area in Kosovo da cui potevano arrivare attacchi terroristici era proprio il nord, abitato da serbi. Ad aggiungere benzina sul fuoco anche l'annuncio di Dell sulla prossima apertura di un tribunale del Kosovo a Mitrovica nord.
Tribunali o uffici di Pristina restano "tabù" a Mitrovica nord
Precedenti tentativi di aprire una corte kosovara a nord del fiume Ibar sono sfociati in proteste violente e spargimenti di sangue. Fin dalla dichiarazione di indipendenza di Pristina, nel febbraio 2007, la popolazione serba vi si era opposta con tutte le forze. L'intervista di Dell, naturalmente, a Mitrovica nord è stata accolta in termini molto negativi.
Tre giorni dopo, il 2 luglio, un medico bosgnacco molto noto in citta, Mesud Džeković è rimasto ucciso dallo scoppio di una granata non lontano dalla casa dei proprio genitori, nel problematico quartiere multietnico di Bosnjacka Mahala, mentre il 4 dello stesso mese il deputato serbo al Parlamento di Pristina Petar Miletić è stato ferito da alcuni colpi di pistola.
Due agguati in pochi giorni
Il primo, Džeković, è stato ferito a morte quando un aggressore ancora non identificato ha gettato una bomba a mano contro la folla che stava protestando contro l'apertura a Bosnjacka Mahala di un ufficio del governo kosovaro. Altre 11 persone sono rimaste ferite nell'attentato. L'ufficio, ora guardato a vista dalle truppe internazionali, è stato aperto nei pressi di uno dei due ponti che uniscono le sponde del fiume Ibar.
Il ministro degli Interni kosovaro Bajram Rexhepi ha puntato immediatamente il dito contro “estremisti serbi”, ribadendo che il governo di Pristina non intende fare passi indietro rispetto alla propria strategia complessiva sul Kosovo settentrionale.
Leaders locali serbi hanno invece accusato la parte albanese. Alcuni dei manifestanti hanno addirittura indicato con nome e cognome un presunto aggressore. La polizia kosovara e quella Eulex stanno portando avanti un'inchiesta, ma nonostante dichiarazioni sui progressi investigativi, nessun nome o movente dietro all'attentato è stato reso pubblico. Tutte le parti hanno però condannato il tragico evento.
Mitrovica sotto choc per la morte del medico conosciuto da tutti
La piccola comunità di Mitrovica nord è rimasta scioccata dalla morte del “Dottor Mesko”, come familiarmente era conosciuto in città Džeković. Il pediatra era molto stimato nella città in cui era nato, per la sua umanità e le sue capacità professionali. Il suo funerale, celebrato nel cimitero musulmano di Mitrovica nord, è stato seguito da migliaia di persone.
“Questa morte è una perdita per ogni singolo cittadino di Mitrovica, e una perdita enorme per tutta la città”, è stato scritto in una delle pagine Facebook dedicate alla città divisa.
Il Consiglio nazionale di sicurezza serbo si è riunito d'urgenza dietro richiesta del presidente Tadić, definendo l'attentato come “terrorismo”. Lo stesso giorno il ministro degli Esteri Vuk Jeremić ha dichiarato che “è senza dubbio in atto un tentativo di provocazione nei confronti della Serbia”. Peter Feith, a capo dell' International Civilian Office (ICO), è stato chiamato in causa dalle autorità serbe come responsabile degli ultimi tragici eventi. Il supporto dell'ICO al piano per il Kosovo del nord del governo di Pristina è stato definito "parziale e pericoloso" anche se le autorità di Belgrado hanno chiamato tutti alla calma.
Gambizzato all'uscita di casa il parlamentare serbo locale
Il 5 luglio, un giorno prima della prevista sessione d'urgenza del Consiglio di Sicurezza dell'Onu sul Kosovo, richiesta dal governo serbo, un'altro incidente ha scosso Mitrovica. Petar Miletić, membro serbo del parlamento kosovaro è stato ferito alle gambe da alcuni colpi di pistola sparati a distanza ravvicinata. L'agguato è avvenuto di fronte alla sua abitazione di Mitrovica nord, mentre il deputato andava verso la propria auto per recarsi al lavoro a Pristina.
Miletić, attualmente ricoverato all'ospedale di Mitrovica nord, ha detto di non essere riuscito a riconoscere l'attentatore, subito fuggito. Pur consapevole dei rischi derivanti dalla propria posizione -ha fatto sapere- non avrebbe però mai immaginato che la sua vita sarebbe stata a rischio.
Tra l'altro, il leader politico sapeva di essere disapprovato apertamente da gran parte dei serbi di Mitrovica per la sua partecipazione attiva alle attività del parlamento di Pristina e delle altre istituzioni kosovare.
L'agguato è stato condannato con forza da tutti: a partire dalla direzione del suo partito, il Partito liberale indipendente, forte soprattutto nel Kosovo centrale, dalle istituzioni serbe locali e nazionali, da quelle kosovare, dalle agenzie internazionali presenti in Kosovo, ma anche dal Parlamento europeo. Quest'ultimo, lo stesso giorno ha votato una risoluzione che invita i cinque paesi dell'Unione che non hanno ancora riconosciuto l'indipendenza del Kosovo a procedere in questa direzione.
Anche gli abitanti di Mitrovica hanno condannato l'attacco subito da Miletić. Ma nonostante gli attestati di stima (come la pagina Facebook “Anche io sono Petar Miletić”) i cittadini di Mitrovica nord non sembrano mostrare un'empatia genuina per il deputato.
In evidente contrasto con l'enorme commozione che ha seguito la morte del “dottor Mesko”, se possibile le riserve sull'attivismo politico di Miletić sono addrittura crescute dopo l'attestato di solidarietà ricevuto dall'impopolare primo ministro kosovaro Hashim Thaci e da quello arrivato dal Parlamento europeo, in contemporanea alla richiesta di riconoscimento dell'indipendenza di Pristina.
Mitrovica torna in cima all'agenda internazionale
Gli ultimi sviluppi della “questione Mitrovica” hanno fatto tornare la città in cima all'agenda politica locale e internazionale. E' evidente l'intenzione di superare lo status quo ormai decennale sul nord del Kosovo, controllato de facto dalla Serbia.
Tutto questo avviene in attesa che la Corte Internazionale di Giustizia renda pubblico il suo parere sulla legalità della dichiarazione di indipendenza del Kosovo, così come richiesto dalla Serbia. Belgrado spera di ricevere un parere contrario alla dichiarazione, in grado di resuscitare il processo negoziale, concentrandosi poi soprattutto sul Kosovo settentrionale e sulle proprietà ecclesiastiche.
Per gli albanesi del Kosovo, così come per i propri alleati internazionali, l'indipendenza è un “processo irreversibile” e “un capitolo chiuso”. Da parte loro, quindi, eventuali negoziati, seppur in agenda, possono essere di natura esclusivamente tecnica, e tra due soggetti paritari, lo Stato serbo e quello kosovaro.
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