In Kosovo è ormai certo che il 2014 sarà anno elettorale, anche se manca ancora una data per il voto. Nel frattempo, ferve il dibattito sulle riforme del sistema elettorale: accesa la discussione sui seggi riservati alle minoranze etniche, che potrebbero essere ridotti di numero
In Kosovo i rappresentanti politici di tutte le minoranze etniche si stanno mobilitando per conservare il sistema dei "seggi riservati" all'interno del parlamento di Pristina per altri due mandati elettorali, contrariamente a quanto sancito dalla Costituzione e dal Comprenensive Status Settlement for Kosovo, conosciuto come “Piano Athisaari”.
Secondo il ministro del Lavoro e del Welfare, Nenad Rašić, il Kosovo sta vivendo un momento cruciale per l'integrazione dei serbi nelle istituzioni kosovare, in seguito al successo delle ultime elezioni locali nel Nord del paese, elezioni che hanno visto la partecipazione dei partiti serbi con il sostegno di Belgrado. "Perdere i seggi riservati sarebbe un passo indietro per le minoranze. Per i leader serbi del Nord sarebbe un segnale negativo per la loro integrazione nelle istituzioni kosovare", ha aggiunto il ministro Rašić.
Il sistema dei posti riservati è stato messo in piedi nel 2002 sotto l'amministrazione internazionale UNMIK, con il fine di integrare le minoranze nelle istituzioni, nonostante i frequenti boicottaggi portati avanti soprattutto dalla comunità serba. Venti dei 120 seggi dell'Assemblea parlamentare sono riservati alle comunità minoritarie: dieci ai serbi, e i restanti dieci ripartiti tra bosniaci, gorani, turchi, rom, ashkali ed egiziani. In aggiunta ai seggi riservati per legge, i rappresentanti delle minoranze possono aspirare ad ottenere ulteriori seggi, eventualmente conquistati nella competizione elettorale.
Seggi riservati vs. seggi garantiti
Secondo la Costituzione prevista da Marti Athissaari, inviato speciale dell'ONU per il Kosovo, questo sistema di rappresentanza delle minoranze può essere modificato a partire dalle prossime elezioni parlamentari. Il sistema dei posti riservati verrà presumibilmente sostituito dal sistema dei “seggi garantiti”.
Per il direttore esecutivo dell'European Centre for Minority Issues (ECMI) in Kosovo, Adrian Zeqiri la differenza tra i due sistemi è piuttosto evidente. "Secondo il sistema dei posti riservati, 20 seggi sono messi da parte per le minoranze mentre tutte le entità politiche [partiti di minoranze compresi] competono per i 100 posti restanti. Attualmente, ad esempio, i partiti espressione delle minoranze hanno in parlamento un totale di 25 seggi Questo vuol dire che, oltre ai 20 riservati, ne hanno conquistati altri cinque col voto", spiega Zeqiri.
Al contrario, il sistema dei seggi garantiti prevede una formula diversa. Esso destina sempre almeno 20 seggi alle minoranze, dieci ai serbi e dieci alle altre comunità. "Ma ogni comunità minoritaria prima deve ottenere i seggi garantiti previsti per le minoranze, per poi competere per i seggi aggiuntivi. Per esempio, se la minoranza serba ottiene sette seggi, sarà tuttavia rappresentata in Assemblea con dieci seggi, perché il sistema dei seggi garantiti rappresenta la soglia minima per la rappresentanza di quella comunità nell'organo legislativo", analizza Zeqiri. In questo caso, però, i seggi conquistati col voto dei cittadini non vanno a sommarsi a quelli garantiti per legge.
Il dibattito sul sistema elettorale
Qualche giorno fa i deputati delle comunità minoritarie hanno chiesto alla Corte Costituzionale di esprimersi sulla possibilità di estendere per un altro mandato la durata del sistema dei seggi riservati, ma la Corte ha rifiutato di prendere posizione, affermando che le questioni di natura costituzionale devono essere sottoposte all'attenzione della Corte da parte del Governo.
Nel loro sforzo di costruire il consenso per la modifica della Costituzione, i rappresentanti delle minoranze stanno incontrando diversi attori locali ed internazionali. Il ministro del Lavoro e del Welfare Rašić, sostiene di avere il sostegno degli attori internazionali per estendere la durata dei seggi riservati, ma alcuni rappresentanti diplomatici hanno pubblicamente affermato che spetta ai partiti politici kosovari mettersi d'accordo in materia di rappresentanza delle minoranze.
Il presidente del gruppo parlamentare del partito di maggioranza (Partito Democratico del Kosovo - PDK) Adem Grabovci sostiene che il dibattito sui seggi riservati dovrebbe essere risolto con un accordo politico, mentre il suo rivale della Lega Democratica del Kosovo (LDK), Ismet Beqiri, sostiene che la questione non può essere oggetto di accordi politici, in quanto "gli accordi politici non possono portare alla modifica della Costituzione". "Noi non vediamo alcuna ragione di estendere il mandato dei seggi riservati. Noi non saremo parte del processo di modifica della Costituzione", ha aggiunto Beqiri.
Anche l'altro partito di opposizione, il Movimento Vetëvendosje (Autodeterminazione), ha un approccio simile. Secondo il Movimento, "ogni privilegio a favore di un gruppo di cittadini, sarebbe una discriminazione per gli altri che non hanno quel privilegio”.
Al contrario, il leader del Partito Democratico Turco del Kosovo e ministro della Pubblica Amministrazione Mahir Jagcilar ha sostenuto che mantenere i seggi riservati per un altro mandato sarebbe un beneficio per la democrazia kosovara, perché in questo modo le minoranze continuerebbero a portare il loro contributo al processo di costruzione dello stato.
Il ruolo delle minoranze nelle istituzioni del Kosovo
Da più di un decennio, le minoranze in Kosovo sono rappresentate negli organi legislativi ed esecutivi ed occupano importanti posizioni politiche. Il vice primo ministro e altri due ministri appartengono alla comunità serba mentre un ministero è guidato da un rappresentante turco e due vice presidenti dell'assemblea provengono da comunità minoritarie: uno è serbo, l'altro rom.
L'Istituto democratico del Kosovo, una ong che monitora il lavoro dell'Assemblea, ha osservato che durante l'ultimo mandato legislativo i parlamentari delle minoranze non sono stati molti attivi. "Questo è dovuto al fatto che molti partiti delle minoranze sono riusciti a collocare i propri rappresentanti in importanti posizioni all'interno delle istituzioni, legittimando, in molti casi, le decisioni del governo senza fare opposizione", sostiene Driton Selmanaj, project manager dell'organizzazione.
Le minoranze - fatta eccezione per la comunità dei serbi del Nord che ha uno stretto legame con la Serbia - hanno partecipato in modo costruttivo al processo decisionale, a partire dalla dichiarazione di indipendenza. Salmanaj sostiene che la leadership kosovara ha avuto un approccio molto liberale rispetto alle istanze delle minoranze. "Come risultato le minoranze hanno fatto persino richieste che possono essere ritenute anti-costituzionali, come quella di estendere il sistema dei seggi riservati", ha aggiunto.
Secondo il censimento del 2001, il numero totale degli abitanti del Kosovo è di 1,7 milioni di persone, di cui il 7% appartiene ad un gruppo etnico e culturale diverso da quello albanese. Tuttavia, la rappresentanza delle minoranze all'interno delle istituzioni è sempre stata più alta rispetto al numero dei cittadini appartenenti alle minoranze e ai risultati elettorali.
"Questo tipo di approccio ha avuto come unico scopo l'integrazione delle minoranze nelle istituzioni e nella società, nonostante la legittimità di tale sistema di rappresentanza sia piuttosto debole perché consente di essere eletti in Parlamento soltanto in virtù delle origini etniche, anche con pochi voti", conclude Driton Selmanaj.
Le comunità di minoranza hanno anche alcune salvaguardie speciali nel processo decisionale. Secondo la Costituzione del Kosovo, le leggi di interesse vitale non possono essere adottate, emendate o abrogate senza la maggioranza dei voti nelle comunità minoritarie (cosiddetta “maggioranza Badinter”). Nell'ottica di soddisfare le richieste delle minoranze, il primo ministro Hashim Thaci ha annunciato modifiche costituzionali che conferirebbero anche ai montenegrini e ai croati del Kosovo lo status di minoranze.
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