La vittoria di Tomislav Nikolić alle presidenziali in Serbia ha sorpreso. Ma, perlomeno nelle municipalità del Kosovo settentrionale, la sua vittoria veniva data per scontata. Intanto Pristina e comunità internazionale intensificano gli sforzi di integrare il nord, ma la diffidenza dei serbi resta alta
La vittoria di Tomislav Nikolić al secondo turno delle presidenziali in Serbia, che ha distanziato di due punti percentuali il presidente uscente Boris Tadić, è stata presentata da molti media come un “terremoto politico” per il Paese. Non si può dire però altrettanto per la maggioranza dei serbi del Kosovo. Nel nord del Kosovo infatti, Nikolić era sicuro di ottenere almeno i due terzi dei voti. Le cose non sono andate proprio così, ma la sua vittoria su Tadić in Kosovo è stata più netta che nel resto delle circoscrizioni, conquistando il 58% dei consensi dei serbi del Kosovo recatisi alle urne.
L'ennesima vittoria in Kosovo dell'ex leader del Partito Radicale non avrebbe suscitato molta attenzione se non fosse che questa volta il processo elettorale relativo alla Serbia, per la prima volta dal 1999, è avvenuto sotto gli auspici dell'OSCE.
In Kosovo, in Serbia
“E' come se votassi all'estero per il presidente della mia madrepatria”, afferma Milanka P., cinquantun'anni. Milanka poi aggiunge che molti tra i serbi del Kosovo erano molto colpiti dal fatto che l'OSCE in quest'occasione non solo abbia monitorato il processo elettorale, ma sia stata direttamente coinvolta nell'organizzazione di elezioni indette dalla Serbia. Molti in verità erano rimasti scioccati già prima, quando avevano capito che le elezioni locali serbe non si sarebbero tenute nelle municipalità a maggioranza serba del Kosovo.
“Ho votato in quella che è stata la mia scuola e ora è la scuola dei miei due figli. Oggi sono imbarazzato per il mio Paese, e per il fatto che io debba ubbidire a degli stranieri, nella mia vecchia scuola, mentre sto votando per il mio presidente,” afferma a voce alta un uomo sulla mezza età, mentre esce da un seggio.
A parte sterili affermazioni in merito agli obblighi derivanti dalla Risoluzione 1244, i politici ed i media serbi non hanno approfondito le novità portate dal coinvolgimento diretto dell'OSCE nel processo elettorale. Nonostante fosse la prima volta, dopo otto tornate elettorali organizzate dalla Serbia in Kosovo dopo il 2000 sempre rimaste nell'ombra, che l'OSCE intervenisse in prima persona.
Nel voto di maggio, la Belgrado ufficiale non ha voluto fare il muro contro muro con la comunità internazionale e le autorità kosovare e non ha appoggiato il tentativo dei serbi del Kosovo di organizzare in loco le elezioni amministrative. Assieme alla rinuncia alle amministrative ha inoltre concordato che l'OSCE seguisse la gestione delle presidenziali.
Noi votiamo ugualmente
Ciononostante i serbi del Nord del Kosovo hanno votato in massa per il rinnovo delle due municipalità del nord, Zvečan e Zubin Potok, i cui consigli comunali erano scaduti. Nel voto auto-organizzato, si è registrata la vittoria del Partito democratico della Serbia (DSS) dell'ex presidente serbo Vojislav Koštunica.
“E' un grande riconoscimento al lavoro che abbiamo fatto e siamo felici che questa gente abbia fiducia in noi in un momento così difficile e pieno di insicurezza, nel quale la nostra stessa esistenza è incerta”, ha dichiarato il riconfermato sindaco di Zubin Potok Slaviša Ristić.
Lontano dai microfoni i politici di questi comuni ammettono che è molto improbabile che Belgrado riconosca i risultati di queste elezioni e questo li mette in una posizione molto delicata per il futuro. E in queste confidenze si coglie una critica al presidente uscente Boris Tadić per avere aperto il cancello nella fortezza del nord a coloro contro i quali si era riusciti a opporre resistenza nel precedente decennio.
“Vi sono cose che avvengono a favore della creazione di uno Stato indipendente del Kosovo” ha dichiarato nel mese scorso il leader serbo-kosovaro Milan Ivanović, durante una seduta del consiglio comunale di Zvečan. In quell'occasione Ivanović accusò il governo serbo di “implementare segretamente un accordo raggiunto durante il cosiddetto blocco del dialogo tecnico tra Pristina e Belgrado”.
Nuova influenza di Pristina sul nord
La nuova influenza del governo kosovaro sul nord del Kosovo è evidente in più ambiti. In pochi lo ammettono, ma molti tra i serbi del Kosovo si sono recati nei villaggi albanesi confinanti con il nord del Kosovo per ottenere le carte d'identità e ricevono stipendi e pensioni dal governo kosovaro.
“E allora? Sono forse meno albanesi quelle decine di migliaia di albanesi-kosovari che per anni hanno fatto la fila negli uffici di Belgrado per ottenere i passaporti serbi?” risponde irritato Jovan, un conoscente di chi scrive, aggiungendo: “La Serbia resta nel mio cuore e continuerò a difenderla sino alla mia soglia di casa. Fino all'ultimo”.
E' stato poi annunciato che a breve verrà aperto un ufficio amministrativo del governo kosovaro a Mitrovica Nord. Inoltre procede la campagna a New York per smantellare quello che rimane dell'amministrazione Onu a Mitrovica Nord (UAM) e l'annuncio del governo del Kosovo dell'imminente blocco degli stipendi corrisposti allo staff locale di questa missione. Il nuovo ufficio amministrativo del governo del Kosovo può sicuramente essere descritto come l'ambizioso tentativo di istituire un embrione della futuro comune kosovaro di Mitrovica Nord.
“Vi sono sette uffici del governo kosovaro nel nord. Il governo di Pristina paga pensioni e salari di dipendenti pubblici a più di 12mila cittadini su base mensile. Abbiamo ricevuto più di 10mila richieste di documenti personali, e tengo a sottolineare che continueremo a garantire tutto questo anche nel futuro”, ha dichiarato recentemente ai media il primo ministro kosovaro Hashim Thaçi. Aggiungendo che il governo del Kosovo ha deciso di “assumersi più responsabilità anche per quanto riguarda Mitrovica Nord”.
A nord resta molta diffidenza
“Il governo kosovaro e i suoi alleati internazionali negli ultimi quattro anni hanno adottato l'approccio tattico del 'passo dopo passo' ed hanno creato una 'nuova' classe politica nel nord del Kosovo, raccogliendo una serie di serbi e bosgnacchi attorno al Team preparatorio, all'ICO, alle Ong di Gračanica, al business privato kosovaro. Questi sarebbero pronti a sostituire la leadership serba attuale nel caso in cui Belgrado rinunciasse alle istituzioni parallele nelle aree serbe del Kosovo”, ha affermato un funzionario dell'UAM parlando in condizione di anonimato.
Lo stesso funzionario ha poi aggiunto che sono molti i fondi allocati dal governo del Kosovo per “espandersi” nel nord, anche se personalmente non ritiene “vengano interamente spesi a favore delle comunità locali”. “Quello che la gente del posto ha visto sino ad ora sono solo noccioline. Ed è anche per questo che l'influenza del governo kosovaro non si è espansa a tutta la comunità del nord, ma è limitata solo ad un gruppo di individui privilegiati”.
La nuova “classe politica” individuata dal governo kosovaro rimane ad oggi ancora molto distante dal godere l'appoggio della maggioranza della comunità che abita il Nord del Kosovo. Nonostante il rapporto più logoro con Belgrado, e nonostante le azioni sempre più intense del governo kosovaro e il vasto sostegno che riceve da ICO, EULEX e altri portatori di interesse internazionali, la maggioranza della gente del Nord del Kosovo non ha altra aspirazione che vedere il proprio territorio ancora parte della Serbia o, come ultima opzione, quella di vendere le proprie proprietà e trasferirsi ancora più a nord.
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