Dopo aver raccontato gioie e dolori del diventare apicoltori in Kosovo, Elizabeth Gowing si lancia sulle tracce di Edith Durham, l'antropologa e viaggiatrice inglese che attraversò il sud dei Balcani all'inizio del XX secolo
Dopo il successo di “Travels in blood and honey, becoming a beekeeper in Kosovo” (Signal Books, 2011), Elizabeth Gowing pubblica il suo secondo libro ambientato nei Balcani. “Edith and I; on the trail of an Edwardian traveller in Kosovo” racconta la storia autobiografica di come l’autrice inseguendo le orme della mitica Edith Durham, antropologa, cooperante ante-litteram e coraggiosa esploratrice scopra inaspettatamente il senso della propria vita e delle proprie scelte nel tempo presente, che l’hanno portata a visitare proprio gli stessi luoghi.
Quando Elizabeth Gowing inizia la sua prima esperienza di vita in Kosovo, pone domande sulle più disparate questioni: “Perché alcuni uomini albanesi indossano piccoli cappelli di feltro bianco a forma di cupola mentre altri portano dei berretti neri? Forse perché fanno parte di clan diversi?”; oppure “Perché tutte le macchine che viaggiano in convoglio festeggiando un matrimonio portano sotto il parabrezza una tovaglietta da tè?”. Ed ogni volta, puntualmente si sente rispondere “Ma tu chi sei? Aydit Dourham?”.
Spinta dalla curiosità di sapere perché tutti la paragonino a questa misteriosa presenza, Elizabeth inizia una ricerca personale che la porterà a scoprire la vita della leggendaria donna inglese, Edith Durham, che nel 1900 esplorò per prima l’ultima landa selvaggia d’Europa.
Due donne non convenzionali
Due storie di donne non convenzionali si sviluppano parallelamente a distanza di un secolo. Edith agli inizi del ventesimo secolo si reca per la prima volta nei Balcani sud-orientali seguendo la prescrizione del suo medico, che le raccomanda un viaggio per recuperare le energie esaurite accudendo la madre malata. E da Londra, con determinazione e testardaggine Edith viaggia con il suo tam o'shanter attraverso il Montenegro, l’Albania e attraversa le Montagne Maledette fino a raggiungere il Kosovo.
Gli albanesi la definirono “Mbretëresha e Malësoreve” o “Regina delle genti che vivono sulle Montagne”, e la onorarono per i suoi scritti antropologici, il suo impegno umanitario e l’instancabile lavoro di lobbying per l’unità e l’indipendenza dell’Albania.
Cent’anni più tardi, Elizabeth arriva in Kosovo per vivere accanto al marito diplomatico e s’innamora del paese con la stessa intensità di Edith. Dividendo il suo tempo tra lì e Londra, pensa che nessuno possa comprendere la sua crisi d’identità. Quando Elizabeth inizia a disvelare la vita di Edith ripercorrendo i suoi passi nella terra del sangue e del miele attraverso le visite all’archivio conservato al British Museum ed alle collezioni esposte nei musei dell’Inghilterra (al Royal Anthropological Institute di Londra, al Pitt Rivers Museum di Oxford e al Bankfield Museum di Halifax), capirà qualcosa che l’aiuta profondamente a comprendere il senso della propria vita.
Segreti
Viaggiando sulle orme di Edith, Elizabeth finisce non solo per trovare un’eroina edoardiana ma anche una guida per il suo dilemma da donna del ventunesimo secolo. Marcandone le rivelazioni nei vecchi diari, che si dipanano lungo le strade kosovare percorse a bordo di un motocoltivatore, impara da Edith i segreti dell’harem, e dai monaci i tesori dei monasteri diventati patrimonio culturale mondiale protetto dall’Unesco.
Il libro non rappresenta esclusivamente un’ironica e brillante narrazione biografica ma può essere visto anche come una sorta di guida per turisti senza pregiudizi che vogliono conoscere e sperimentare la complessità dei luoghi e delle storie che persistono stratificate in essi.
I santi, l'autostrada
Così, si può immaginare di partire con Edith all’alba da Prizren, la prima città kosovara appena valicato il confine con le alte montagne albanesi, per arrivare in biroccio al monastero serbo-ortodosso di Gračanica, ed ammirarne, come scritto nel suo diario, “regine rette e splendide in abiti bizantini” ritratte negli affreschi medievali, e i dipinti interni “fiochi e armoniosi con colori sfumati e oro imbrunito, un mondo antico e barbarico… affreschi con santi, desolati, bizantini e bizzarri”.
O si può guardare la stessa strada attraverso lo sguardo contemporaneo di Elizabeth, passando per il villaggio di Korisha, una delle più controverse zone grigie dei bombardamenti Nato nel 1999, in cui 87 civili persero la vita mentre fuggivano dal Kosovo.
Si può viaggiare sulla nuova e costosissima autostrada nazionale voluta fortemente dal governo di Hashim Thaçi, ex guerrigliero dell’esercito di liberazione nazionale (KLA) convertito in politico, che ha investito un’enorme porzione del budget nazionale in un ambizioso progetto infrastrutturale per connettere il Kosovo all’Albania sostenendo il progetto dell’unificazione etnica dei fratelli albanesi a scapito dello sviluppo di servizi sanitari e all’educazione.
La costruzione dell’autostrada era stata diligentemente supervisionata dall’ex ministro dei Trasporti Fatmir Limaj, diventato celebre quale protagonista di ben due inchieste aperte da Eulex (EU Rule of Law Mission). Mentre la prima, che lo vede accusato di corruzione, ha innalzato il gradimento popolare di Eulex a livelli insuperati; davanti al secondo capo d’accusa per crimini di guerra compiuti contro albanesi e persone di diversa etnia nel 1999, la gente ha fatto cerchio attorno all’eroe di guerra perché è più facile tollerare che l’eroismo venga adombrato dalla fame di ricchezza durante la ricostruzione post-conflitto ma non debba assolutamente esserne messa in discussione la reputazione di eroe della patria, anche di fronte alle testimonianze.
In entrambi i casi, i macellai e i ristoratori di Gračanica offriranno generosi prosciutti, birre e carne di maiale che nella musulmana Pristina sono molto difficili da trovare, come all’inizio del ‘900. Il libro non deluderà la curiosità dei viaggiatori e dei conoscitori dei Balcani, e di nuovo farà rilucere il Kosovo come un luogo esotico dalle diverse anime storiche e culturali.
Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l'Europa all'Europa.
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