Un'escalation commerciale tra Macedonia e Kosovo ha portato di fatto al blocco del confine tra i due paesi. Ora, dopo giorni di trattative, tutto è tornato alla normalità. Ma quali i danni di questa guerra lampo?
Era scoppiata agli inizi di settembre ma la guerra commerciale tra Macedonia e Kosovo è ora terminata. A mezzanotte di sabato scorso i due paesi hanno eliminato le sanzioni che avevano reciprocamente adottato.
La disputa è iniziata lo scorso 5 settembre quando, senza alcuna apparente anticipazione, Pristina ha chiuso il proprio confine ad una serie di beni importati dalla Macedonia, tra i quali latte e prodotti caseari, verdure, dolciumi, alcol, tabacco.
Farina del proprio sacco
Le misure sono state adottate come risposta alla restrizione macedone delle importazioni di farina dal Kosovo. In luglio infatti, come tentativo di protezione della produzione locale di grano, Skopje aveva introdotto una limitazione temporanea nelle importazioni di farina. Secondo i funzionari macedoni la misura sarebbe stata in linea con quanto prescrive l'accordo CEFTA (Central European Free Trade Agreement).
La decisione macedone ha subito causato reazioni negative in Serbia, tra i principali esportatori di farina in Macedonia. Belgrado ha minacciato di rispondere con misure reciproche, in particolare di impedire le importazioni dalla Macedonia di vino e verdure.
A seguito di un ricorso serbo presso il CEFTA la Macedonia ha limitato il bando di importazioni al 15 settembre. Il governo di Skopje adottando questa decisione ha sottolineato che per quella data si sarebbe potuto valutare se la misura aveva o meno una sua efficacia. Belgrado a quel punto non ha messo in pratica alcuna delle sue minacce e la situazione si è tranquillizzata. Poi improvvisamente, perlomeno secondo quanto affermano i funzionari macedoni, sarebbe arrivata la mossa di Pristina, giudicata da Skopje bilaterale e quindi non conforme agli accordi CEFTA. Di tutta risposta i macedoni hanno applicato una tassa di passaggio per tutte le persone e i veicoli in transito dal Kosovo alla Macedonia: 2 euro per le persona, 5 per le macchine e 10 per autobus e camion. Si è passati quindi dal campo commerciale a quello prettamente politico.
Escalation
Pristina ha dichiarato di non avere intenzione di applicare simili provvedimenti per la circolazione delle persone ma, come contromossa, ha esteso l'embargo a tutti i prodotti provenienti dalla Macedonia. Tutte le aziende import-export tra Macedonia e Kosovo hanno quindi dovuto congelare le proprie attività.
A quel punto, la sera del 9 settembre, i camionisti macedoni che attendevano al confine da molti giorni hanno deciso di bloccarlo per protesta. Nessun veicolo poteva più passare. Dietro a loro l'associazione di categoria dei trasportatori macedoni, Makamtrans. Gli autotrasportatori macedoni hanno dichiarato che avrebbero rimosso il blocco una volta che i due governi avrebbero sollevato le reciproche sanzioni.
I giorni successivi, il passaggio di confine di Blace ricordava gli anni '90. La gente poteva passare solo a piedi o in bicicletta. I canali TV intervistavano turisti stupiti che non riuscivano a capire cosa stesse accadendo. Il costo dei taxi per il passaggio del confine è schizzato alle stelle.
Export-import
La retorica tra Pristina e Skopje nelle ore successive si è progressivamente surriscaldata. E voci sono iniziate a emergere sulla possibile introduzione da parte macedone di visti per i cittadini kosovari. Nemmeno una telefonata tra i due primi ministri, Nikola Gruevski e Hashim Thaçi, ha risolto la situazione.
Gli analisti hanno iniziato a confrontarsi su chi ci stava perdendo di più. La Macedonia ha un rilevante surplus commerciale nei confronti del Kosovo. E, per essere più espliciti, il Kosovo è l'unico paese nei confronti del quale la Macedonia ha un surplus commerciale. Il volume degli scambi tra i due paesi è stato, nel 2012, di 421 milioni di dollari, 392 dei quali relativi ad esportazioni macedoni e solo 29 esportazioni kosovare. Nei primi due quadrimestri del 2013 le esportazioni di Skopje hanno raggiunto quota 132 milioni di dollari mentre le importazioni dal Kosovo avevano raggiunto i 14 milioni di dollari.
Chi ci perde?
E' chiaro che in questa situazione chi ci stava perdendo di più erano gli operatori economici macedoni. Gli analisti nel paese hanno iniziato ad evidenziare come, se la situazione persisteva, le aziende macedoni con partnership in Kosovo avrebbero potuto essere messe in disparte da aziende di altri paesi.
Solo dopo molti giorni dall'inizio della crisi i media hanno riportato di lamentele dei principali import-export macedoni presso le loro camere di commercio.
Ciononostante, anche molte aziende kosovare rischiavano di soffrire per la crisi in atto. E di rimanere senza benzina, dato che il 30% di questa arrivava dalla Macedonia.
Mentre le comunicazioni tra i due governi si inasprivano, il ministro per l'Economia macedone, Valjon Saracini, si è recato a Pristina per incontrare il ministro per il Commercio e l'Industria Mimoza Kusari Lila e il ministro delle Finanze Besim Beqaj. Anche quest'incontro, apparentemente, senza alcun risultato.
Il governo macedone insisteva sul fatto che era suo diritto adottare una limitazione temporanea dell'importazione di farina e che il Kosovo aveva agito unilateralmente. Il vice primo ministro macedone Nikola Peshevski ha invitato la controparte kosovara ad un dibattito pubblico dove le parti avrebbero presentato le proprie argomentazioni.
A mezzanotte
Alla fine, alla mezzanotte del sabato, la crisi è terminata in modo così repentino com'era iniziata. Il governo di Pristina ha tolto il bando alle importazioni di prodotti macedoni. La decisione è stata preceduta dalla comunicazione da parte macedone che la limitazione temporanea dell'importazione di farina era giunta a termine.
A seguito dei provvedimenti adottati dalle autorità kosovare il vice primo ministro Peshevski ha annunciato che anche le altre misure adottate dalla Macedonia erano state cancellate. Gli autotrasportatori macedoni hanno rimosso il blocco e, alla mezzanotte del sabato, i ministri Peshevski e Saracini si sono recati personalmente al posto di confine per verificare che il traffico fosse rientrato nella normalità.
Le valutazioni sui danni causati da questa guerra lampo differiscono l'una dall'altra. Per alcuni non sono stati molti, dato che il blocco degli scambi commerciali è stato limitato nel tempo e nessun prodotto è andato a deteriorarsi. Per altri invece i danni sarebbero ingenti, ed alcuni vantaggi commerciali sono andati perduti, anche in un'unica settimana. Danni diretti di certo sono stati subiti dagli autotrasportatori bloccati per una settimana al confine. Oltre a questo, i due paesi soffriranno danni di lungo periodo. Chi intendesse investire in questa parte dei Balcani avrà un elemento in più per pensarci due volte.
Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l'Europa all'Europa.
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