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Dopo la vittoria del PASOK alle ultime elezioni greche, Atene e Skopje sembrano aver ricominciato a comunicare tra loro. Niente però fa sperare che la questione del nome sia vicina alla sua conclusione. Le speranze sono oggi legate ad un maggior coinvolgimento diretto dell'Ue

09/02/2010 -  Risto Karajkov Skopje

La Macedonia ha festeggiato il nuovo anno, ma continua a fare i conti con un problema ormai incancrenito. Un recente sondaggio, citato dai media nazionali, ha rivelato che oltre l'80% dei cittadini di etnia macedone crede che l'annosa disputa con la Grecia riguardo al nome del paese non si risolverà in tempi brevi.

La popolazione di etnia albanese, invece, sempre secondo il sondaggio, la pensa diversamente. La maggioranza si è rivelata ottimista, affermando che la controversia arriverà presto a conclusione.

I risultati del sondaggio trovano una spiegazione plausibile. Mentre gli albanesi non sono coinvolti nella vicenda, molti macedoni sono stufi e ormai disgustati da un dibattito che si protrae da troppo tempo.

Le varie argomentazioni sono state ripetute centinaia di volte, in tutte le salse. È difficile trovare degli esperti, per non parlare di politici, che sappiano dire qualcosa di nuovo o di interessante sull'argomento. I due fronti sono trincerati come non mai nelle loro posizioni.

A dire il vero, ultimamente si è visto un leggero progresso, anche se forse troppo marginale per essere definirlo tale. Il nuovo governo del premier greco George Papandreou, salito al potere dopo la vittoria schiacciante del Pasok ale elezioni dell'ottobre 2009, ha preso una posizione totalmente nuova nei confronti del paese ai suoi confini settentrionali, il cui nome risulta ancora difficile da pronunciare dalle parti di Atene.

Da quando è stato eletto, Papandreou ha incontrato un paio di volte il suo omologo macedone Nikola Gruevski, il che di per sé è un grande passo avanti. Durante il precedente governo guidato da Costas Karamanlis, la Macedonia e la Grecia non comunicavano tra loro in alcun modo.

In seguito agli incontri tra i due premier, anche i vari ministri hanno fatto lo stesso. Il ministro degli Esteri macedone Antonio Milososki ha incontrato un paio di volte il vice-ministro degli Esteri greco Dimitris Droutsas. Si può dire che, in generale. la comunicazione tra i due paesi sia migliorata. Anche se nessuno dei due sembra disposto a fare passi indietro rispetto alle proprie posizioni.

La fine dell'anno è solitamente abbastanza critica per la Macedonia, poiché è il periodo in cui la Commissione Europea pubblica i rapporti sullo stato di avanzamento sui paesi candidati all'UE, e in genere le note positive su Skopje sono poche. Alla Macedonia fu riconosciuto lo status di Paese candidato nel 2005, ma al paese non fu comunicata alcuna data precisa per l'inizio dei negoziati.

Skopje ha dovuto aspettare altri quattro anni per riceverne una, verso la fine del 2009. In seguito, la Commissione ha proposto al Consiglio Europeo di iniziare le trattative per l'adesione della Macedonia. Purtroppo questo è servito a ben poco. Il Consiglio Europeo si espresse dichiarando quello che tutti sapevano già; cioè che per ambire alla membership europea Skopje avrebbe dovuto prima risolvere la controversia con la Grecia.

I diplomatici dell'UE furono lesti nell'affermare che la decisione del Consiglio non rappresentava un nuovo veto della Grecia, come quello arrivato a Bucarest nella primavera del 2008, quando lo stato ellenico riuscì a impedire a Skopje di prendere posto nel consesso dei paesi NATO. Ma nonostante tutto, l'effetto è stato lo stesso: le sottigliezze della retorica diplomatica significano ben poco per la gente comune.

Il Consiglio ha dato alla Macedonia sei mesi di tempo, fino alla fine della presidenza della Spagna, per intensificare i propri sforzi e risolvere la questione. Ma le cose non cambiano. Se non si riscontrerà alcun progresso entro quel periodo, Skopje deve attendere altri sei mesi, e poi altri sei...

Morale della favola: senza il voto della Grecia nel Consiglio Europeo, la Macedonia non potrà mai intavolare i negoziati. Atene, dal canto suo, sostiene che non darà il proprio voto finché la controversia non sarà risolta.

Se ci saranno dei cambiamenti, bisognerà cercarli in una mutata posizione dell'UE rispetto ai negoziati tra Grecia e Macedonia. Da molti anni i negoziati vengono portati avanti in sede ONU. In questo periodo l'UE è stata essenzialmente al di fuori della disputa, ribadendo che si tratta di una questione bilaterale.

La proposta della Commissione Europea di iniziare i negoziati con la Macedonia apparentemente ha iniziato ad intaccare quella posizione di imparzialità, causata principalmente dalla solidarietà di Bruxelles verso uno stato membro, e vari appelli lanciati da diversi fronti hanno spinto l'Unione ad assumere un ruolo più attivo nella questione.

I due Paesi sono stati incoraggiati a iniziare negoziati diretti, dopo il caso tra Croazia e Slovenia, in opposizione alla negoziazione mediata dall'inviato dell'ONU Matthew Nimitz. Sono state poi avanzate proposte di incaricare un diplomatico esperto dell'UE nella mediazione del processo. In varie occasioni è stato fatto il nome di Javier Solana.

In seguito alcuni politici di spicco sono intervenuti nella questione. Il primo ministro sloveno Borut Pahor ha offerto l'appoggio del proprio paese nel processo di mediazione. Così ha fatto anche il presidente serbo Boris Tadić. Quest'ultima proposta è stata interpretata come pretesto per il consolidamento della politica estera serba sul piano internazionale. Gli esperti di Skopje hanno però giudicato l'intervento di Tadić non necessario, visti i forti legami tra Belgrado e Atene. Il Primo Ministro Gruevski, di fronte alle varie proposte di collaborazione, ha affermato: "coloro che possono dare una mano sono i benvenuti".

In un altro recente sviluppo sulla disputa del nome, a fine gennaio Atene ha presentato la sua risposta al reclamo presentato da Skopje dinanzi alla Corte Internazionale di Giustizia (CIG) dell'Aia. La Macedonia presentò una rimostranza nei confronti della Grecia davanti alla Corte nel novembre 2008, in seguito al veto greco durante il vertice NATO a Bucarest.

Skopje denunciò la violazione da parte della Grecia dell'accordo ad interim in vigore tra i due paesi dal 1995, con il quale Atene si impegnava a non ostacolare l'integrazione internazionale della Macedonia. Skopje ha presentato le proprie argomentazioni nel luglio 2009, e la Grecia due settimane fa ha risposto.

Le argomentazioni greche non sono state ancora rese pubbliche, anche se alcuni media ipotizzano che la Grecia cerca di dimostrare che quanto accaduto al vertice NATO a Bucarest non ha affatto rappresentato l'imposizione di un veto.

Sul piano internazionale, si sta perdendo la pazienza su questa bizzarra controversia. Durante un dibattito pubblico organizzato lo scorso gennaio a Skopje, gli ambasciatori dell'UE e degli USA in Macedonia, Ervan Fuere e Philip Reeker, hanno sollecitato il governo macedone a risolvere il problema entro i prossimi 6 mesi.

"Nella prima metà del 2010 auspichiamo che i leader macedoni affrontino il problema e risolvano la questione, che si sta trascinando da oltre 18 anni. Non c'è momento migliore di adesso", ha esortato l'ambasciatore degli Stati Uniti Reeker nel suo discorso.

Le parole dell'ambasciatore hanno provocato un breve moto emotivo, ma ben poco fa pensare che il 2010 possa essere l'anno decisivo per mettere la parola fine all'odissea del nome.


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