Da qualche mese, centinaia di migranti arrivano nel paesino di Lojane, sulla frontiera serbo-macedone. Vengono dall'Afghanistan e dal Pakistan e sulla rotta verso l'Europa occidentale lo scoglio più difficile resta la Serbia. Incapace di affrontare la situazione, il governo macedone lascia fare. Un reportage
Articolo originariamente pubblicato da Le Courrier des Balkans , il 19 dicembre 2011
Qualche decina di giovani si riscaldano al sole di mezzogiorno. Sono afghani e pakistani. Alle loro spalle, su un muro bianco, un graffito che glorifica l'UCK, l'ex esercito di liberazione albanese. Da due anni, il villaggio macedone di Lojane, alla frontiera con la Serbia, è divenuto punto di passaggio sulla rotta dei migranti clandestini verso l'Europa occidentale.
“All'inizio arrivavano in gruppi di tre o quattro persone, ogni tanto. Questo non ci spaventava, ma verso la fine dell'estate il tutto ha preso un'altra piega: in novembre, in alcuni giorni, sono stati anche 500”, spiega Selami Mehmeti, sindaco di questo villaggio arroccato sul contrafforte di Karadak, il piccolo massiccio montuoso che funge da confine anche con il Kosovo. In questa regione di confine la popolazione appartiene quasi esclusivamente alla comunità albanese, sia in Serbia sia in Macedonia.
La stessa storia
La storia che viene raccontata dai migranti è quasi sempre la stessa. Khan, un afghano di 22 anni, originario di Kandahar, ha viaggiato per sei mesi attraverso l'Iran, la Turchia e poi la Grecia, prima di arrivare a Bitola, in Macedonia. Si è poi diretto verso Lojane per raggiungere la Serbia. E' stato già rimandato in Macedonia due volte da parte della polizia serba. Il suo obiettivo è raggiungere l'Ungheria. “Per arrivare in Austria” afferma “andrà tutto bene. Voglio arrivare a Parigi, dove ho degli amici, ma il passo più difficile è attraversare la Serbia”. Haidar, pakistano, gioca a carte con alcuni connazionali in un piccolo bar del villaggio. Certo concorderà sulla difficoltà di attraversare la Serbia: è stato già espulso otto volte dalla polizia serba.
I migranti dormono nella “giungla”, così vengono chiamati i campi che s'estendono tra Lojane e Miratovac, il villaggio vicino, distante meno di 3 chilometri, di popolazione albanese ma già su territorio serbo. Il passaggio di confine è chiuso dal 1993, anche se era possibile passare senza controlli sino al 2000. Tradizionalmente vi sono molte relazioni tra i due villaggi. “Mia madre e mia moglie sono originarie proprio di lì”, spiega Blerim, un abitante di Lojane.
Verso Miratovac
La strada sterrata verso Miratovac ad un certo punto diviene asfaltata: è questo il punto di frontiera con la Serbia. 200 metri più in là un posto di blocco della polizia serba attraversa la strada, impedendo ogni passaggio. La polizia pattuglia l'area ininterrottamente, bloccando rapidamente chi tenta il passaggio, sia a Miratovac, sia un po' più in là, nella città vicina di Preševo/Presheva.
Miratovac/Miratovcë è un grosso villaggio di un migliaio di abitazioni e, ricorda Shezai Shaqiri, a capo della comunità locale, ha quasi 6.000 abitanti. In realtà la maggioranza delle abitazioni sono vuote. Negli anni '90 vi era una grande prosperità legata ai traffici illegali connessi all'embargo sulla Serbia, in particolare di carburante. Dal 2000 queste attività sono cessate e Miratovac è piombata nella crisi. I suoi abitanti sono partiti in modo massiccio verso l'estero.
“Quasi ogni giorno la polizia scopre gruppi di 4-5 clandestini”, spiega Shezai Shaqiri. “Alcuni passano attraversando i campi, cercando di seguire il corso del fiume Banjska, per raggiungere l'autostrada senza farsi scoprire. Altri arrivano nel villaggio, alcuni di questi dormono in moschea, che è sempre aperta. Ho avvertito gli abitanti di non fornire loro aiuto, rischiano di venir accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Ma è un vero e proprio dramma umanitario”.
A Lojane alcuni migranti trovano rifugio nelle abitazioni vuote: un quarto degli abitanti del villaggio vive infatti all'estero, in gran parte in Germania. In molti sono partiti da quando l'Unione europea ha liberalizzato i visti per i cittadini macedoni, nel dicembre 2009.
Reti organizzate
Tutti i clandestini affermano di aver sentito parlare di Lojane in internet, o da parte di amici. Selami Mehmeti smentisce queste affermazioni: “Reti ben organizzate attendono i clandestini al confine a sud della Macedonia, a Gevgelija e Bitola, e li portano dietro pagamento sino a qui. Anche quelli che si fanno scoprire alla frontiera di Tabanovce, a dieci chilometri dal nostro villaggio, raggiungono poi Lojane”.
“Autobus pieni di clandestini arrestati su tutto il territorio serbo vengono poi rimandati qui, a Lojane”, aggiunge. “Dato che la Serbia non riconosce il Kosovo e non vuole inimicarsi Romania e Bulgaria stabilisce che tutti i migranti clandestini trovati sul proprio territorio sono arrivati dalla Macedonia. Ma il nostro Paese non può rinviarli alla loro tappa precedente, in Grecia, a causa delle cattive relazioni tra i nostri due governi. E quindi, rimangono qui”.
Il sindaco di Lojane conferma l'arrivo di questi autobus, pieni di clandestini raccolti attraverso tutta la Serbia. “Non sappiamo perché la Serbia li rimandi qui, alla frontiera tra i nostri due villaggi, piuttosto che farli passare al passaggio di frontiera di Tabanovce. Potrebbe essere per motivi di discrezione...”. Due poliziotti controllano il posto di blocco lungo la frontiera. Uno dei due si limita a dire, in merito agli autobus: “Non ho l'autorizzazione di dire nulla a proposito”, senza smentire la loro esistenza.
Per la Macedonia i clandestini non esistono
La polizia macedone è invisibile. Il confine è controllato solo dalla parte serba. Lo confermano gli abitanti del villaggio. A Lojane non è presente neppure un'organizzazione umanitaria, anche se le condizioni dei migranti rischiano di divenire sempre peggiori con l'arrivo dell'inverno. Anche la comunità islamica non porta nessun aiuto e l'imam attraversa la piazza con un passo affrettato e sembra non vedere i giovani afghani. “Tutti fanno finta che i clandestini non esistano”, continua Selami Mehmeti. “Per il governo non hanno alcuna esistenza legale perché non richiedono asilo in Macedonia”.
Malgrado gli accordi intrapresi con l'Unione europea in cambio della liberalizzazione dei visti, la Serbia e la Macedonia non sono in grado di far fronte a questo nuovo afflusso di migranti, che man a mano abbandonano la rotta più sorvegliata che passa più a nord, tra la Grecia e la Bulgaria. In Macedonia vi è un solo centro di detenzione, a nessun giornalista è mai stato permesso di visitarlo e la cui capacità non supera la qualche decina di posti. In Serbia i centri sono due e la capacità d'accoglienza attorno ai 150 posti.
Il sindaco del villaggio si rallegra: oggi è tutto calmo, ci sono solo una decina di migranti a Lojane. Ciononostante una colonna di una quindicina di uomini sta risalendo attraverso i campi, vengono dalla frontiera di Tabanovce. Una pattuglia della polizia macedone osserva la scena, parcheggiata presso una pompa di benzina abbandonata dopo il conflitto armato del 2001, a metà strada tra i villaggi di Lojane e Vaksince. I poliziotti guardano passare i clandestini e rifiutano qualsiasi dichiarazione.
Giovedì scorso (15 dicembre, ndr) la polizia serba ha bloccato l'ennesimo clandestino nascosto su un camion di targa macedone: in due mesi 77 persone sono state bloccate alla frontiera di Tabanovce.
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