La riforma della regolamentazione del settore audiovisivo in Moldavia, in discussione in queste settimane, mette a rischio il pluralismo del media nel paese
Il 7 luglio scorso, il Parlamento moldavo ha approvato in prima lettura alcuni emendamenti alla regolamentazione del settore audiovisivi che prevedono l'introduzione di limitazioni significative alle trasmissioni in lingua straniera e alle produzioni provenienti dall'estero.
La misura, giustificata come tentativo di limitare la propaganda russa nel paese, minaccia però di avere pesanti ripercussioni sulla libertà di informazione e sul pluralismo dei media nel paese. Istituzioni internazionali fra i quali l'OSCE e il Consiglio d'Europa hanno messo in luce come il provvedimento costituisca una forma indiretta di censura e limiti il diritto dei cittadini ad avere accesso ad un'informazione pluralistica.
Secondo Petru Macovei, direttore dell'Associazione Stampa Indipendente (API ) intervistato dal Centro per il Giornalismo Indipendente di Chișinău, gli emendamenti proposti risentono in larga misura dell'influenza esercitata sul Parlamento da parte di alcuni magnati nel settore dei media e avrebbero pertanto come obiettivo principale la tutela degli interessi di questi. Macovei precisa che gli emendamenti proposti dal Partito Democratico (PDM), “sono stati elaborati in stretta collaborazione con Media House e General Media Group del controverso magnate Vlad Plahotniuc.”
Plahotniuc, oltre a essere titolare del conglomerato mediatico General Media Group tramite il quale controlla diversi canali televisivi in Moldavia (Public TV, Prime TV, Canal 2 e Canal 3, ai quali si sono aggiunti da febbraio 2016 CTC Moldova e Super TV), ha un ruolo significativo anche nella sfera politica del paese. Due volte parlamentare tra il 2010 e il 2015, ad oggi è vice-presidente dello stesso Partito Democratico promotore del disegno di legge che rivede la regolamentazione del settore audiovisivo.
In merito all'evidente conflitto di interessi, Macovei commenta: “Per il Partito Democratico che guida la coalizione di governo e per il magnate Plahotniuc è molto importante che gli emendamenti siano approvati, in quanto questi contengono alcuni articoli che se adottati favorirebbero un forte squilibrio competitivo nel mercato delle emittenti, favorendo i canali nazionali rispetto a quelli stranieri. Il conglomerato di Plahotniuc verrebbe così a trovarsi in posizione di vantaggio, mentre le piccole emittenti che al momento non sono in grado di competere con i requisiti di produzione nazionale dei contenuti richiesti dalla legge, si troverebbero fuori dal mercato.”
La riforma della regolamentazione del settore audiovisivo in Moldavia è in discussione dal 2011. Dopo numerosi stalli, l'iter è ripartito nel marzo 2015. Fra le raccomandazioni formulate dagli organismi internazionali che monitorano la libertà dei media, un posto di primo piano spetta all'adozione di misure a tutela del pluralismo e l'introduzione di limiti alla concentrazione della proprietà dei media nel paese. Un primo passo avanti in questa direzione è stato registrato nel 2015, quando in seguito alle consultazioni con il Centro per il Giornalismo Indipendente, il parlamento ha introdotto l'obbligo di rendere nota l'identità dei proprietari dei mass media, un provvedimento che tuttavia non affronta efficacemente il problema legato all'esistenza di compagnie offshore che controllano quote azionarie di gruppi editoriali nel paese.
Limitazioni all'accesso di capitale straniero nel settore dell'informazione, simili a quelle attualmente in discussione, sono già in vigore nel settore della carta stampata, secondo quanto messo in luce da un recente rapporto di Freedom House. L'estensione al settore dei canali televisivi rischia di ridurre ulteriormente il diritto all'informazione erodendo il pluralismo del sistema dei media in Moldavia.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto