Nella Moldavia post-sovietica, gay e lesbiche continuano a nascondersi nel timore di pregiudizi e discriminazioni. Le persone trans si scontrano con intolleranza e ostacoli burocratici. In questo reportage, storie di discriminazione in ospedale e sul luogo di lavoro
Secondo GenderDoc, ONG dedicata ai diritti LGBT in Moldavia, nel Paese vivono circa 90.000 persone omosessuali, ma molti di loro nascondono la loro identità sessuale temendo di essere vittima di pregiudizi ed esclusione sociale. Secondo un sondaggio nazionale, solo il 14% degli intervistati accetterebbe vicini di casa omosessuali, il 13% li vorrebbe come colleghi, il 10% come amici e il 4% come futuri membri della famiglia, portando l'indice integrato ad un mero 2%.
Questi dati relativi all'opinione pubblica sono fra le ragioni che hanno portato il governo a ritirare la propria proposta di legge anti-discriminazione quando lo scorso marzo è arrivata all'esame del parlamento. La proposta di legge anti-discriminazione, tra i requisiti posti dall'Unione europea per procedere il cammino di integrazione e liberalizzare il regime dei visti, ha causato particolare dibattito a Chişinău perché vietava esplicitamente la discriminazione sulla base dell'"orientamento sessuale". Forti pressioni sono arrivate dalla Chiesa ortodossa, che ha argomentato che la legge avrebbe limitato la libertà di espressione, vietando manifestazioni di omofobia.
Una donna lesbica dal ginecologo
Nonostante i vent'anni di democrazia, le persone omosessuali in Moldavia rimangono costrette al silenzio. L'assenza di una legge anti-discriminazione impedisce di affrontare casi come quello di Arina, 26 anni, di Chişinău, che ha avuto una brutta esperienza in uno studio ginecologico. “Durante la visita, la dottoressa ha cominciato a offendermi dicendo che gli animali si comportano meglio delle lesbiche. Poi ha alzato la voce per dire che la mia mente è piena di cose stupide e che non riesce a capire il mio stile di vita”. Questa non è la prima volta che l'assistenza sanitaria si dimostra inadeguata.
Secondo GenderDoc, la società moldava non è pronta a rispettare gli interessi della comunità LGBT, né a comprenderne i bisogni. Angela Frolov, rappresentante dell'Ong, vede nel caso citato una discriminazione da attribuirsi alla diffusa ignoranza in tema di omosessualità. “Nella maggior parte dei casi, i medici non sanno nulla di omosessualità e mancano delle competenze necessarie. Ecco perché è molto difficile dichiarare il proprio orientamento. In questo caso, si potrebbero chiedere i danni morali”.
La ginecologa del policlinico statale sotto accusa ha però attribuito alla ragazza la responsabilità della discussione, e l'amministrazione ospedaliera nega i fatti. Adela Glavan, direttrice del primo policlinico della capitale, è certa della correttezza dello staff medico. “Sono molto sorpresa. In tanti anni di lavoro, nessuno si è mai lamentato di discriminazioni contro gli omosessuali. Il medico non dovrebbe dare giudizi”. Adela Glavan cerca di stemperare l'accaduto dipingendo il proprio ospedale come aperto a omosessuali, rom, malati di AIDS e altre minoranze.
Fuga nel settore privato
Galina Lesco dirige il centro “Neovita” ed è uno dei medici LGBT-friendly di Chişinău. Fa osservare che gli operatori sanitari dovrebbero adottare verso le persone omosessuali un approccio individualizzato, non discriminatorio. “Il nostro sistema d'istruzione non forma adeguatamente i medici per quanto riguarda comunicazione e consulenza. È importante trattare tutti i pazienti allo stesso modo e senza giudicare, perché il nostro compito di medici è aiutare la persona”.
Eppure, alcuni diretti interessati rimangono scettici sulla qualità dell'assistenza sanitaria. Le minoranze sessuali continuano quindi a nascondere il proprio orientamento di fronte al medico. Alexandru ha scelto un medico privato che mantenga la riservatezza. “Ho visto dottori rivelare malattie a genitori che hanno poi costretto i figli omosessuali ad andarsene di casa”. Secondo Angela Frolov di GenderDoc, solo i più coraggiosi riescono ad essere se stessi, o forse non hanno alternative. “Dichiararsi porta sempre guai. Nel migliore dei casi, chi ascolta rimane traumatizzato salvo poi riprendersi”.
Persone trans: aspettando lavoro e carta d'identità
Fra i problemi della comunità LGBT in Moldavia ci sono quelli relativi al cambio di sesso, una trasformazione che comporta grande vulnerabilità. Spesso le persone trans sono costrette a lasciare il lavoro, come Vasile, intimidito mentre cercava lavoro in un'azienda dal personale che lo osservava e rideva. “La maggior parte delle volte, anche se il tuo profilo professionale corrisponde all'offerta e l'azienda ha un bisogno disperato di coprire la posizione, se sei una persona trans non hai possibilità”.
Subito dopo la somministrazione degli ormoni, l'identità della persona trans non corrisponde più a quella che appare sulla carta d'identità. Ma secondo la legge, solo dopo l'intervento chirurgico si può avere un nuovo documento. Secondo M. D, esperto di questioni trans, le procedure burocratiche creano attese troppo lunghe. “Molte persone hanno problemi ad esercitare il diritto al voto, a passare il confine e a continuare le cure all'estero. Si tratta di un oblio sociale che costringe a cercare strategie di sopravvivenza, ad esempio falsificare documenti per trovare lavoro”.
Secondo Lucia Ciobanu, direttrice dell'Ufficio anagrafe, il rifiuto di rilasciare nuove carte d'identità è dovuto al fatto che i medici statali forniscono solo una certificazione della diagnosi, non del cambio di sesso. “La legge non indica chiaramente la procedura da seguire e un gruppo di lavoro sta mettendo a punto degli emendamenti”.
Secondo Cezar Babin, psichiatra e membro della Commissione per la Sanità, una volta avviata la somministrazione degli ormoni, il cambio di sesso è in corso. “Il nostro documento riflette una concezione del cambio di sesso come lunga trasformazione del corpo”. In altri paesi, la transizione è considerata compiuta subito dopo l'inizio della terapia ormonale e si ricevono i nuovi documenti prima dell'intervento. In Moldavia, i tempi d'attesa sono ancora incerti, perché le autorità non danno risposta. Certo è che le persone trans devono combattere da sole contro la discriminazione.
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