È uno dei più noti e affermati intellettuali del Montenegro: i suoi libri e le sue poesie hanno vinto premi e riconoscimenti. Balša Brković traccia le linee del panorama culturale montenegrino, senza risparmiare critiche verso le élite politiche disinteressate alla cultura indipendente
“Con la dissoluzione della Repubblica socialista federale di Jugoslavia (SFRJ), tutti i paesi sorti dalle sue ceneri sono stati condannati ad un patetico e anacronistico feticismo dello stato. La Jugoslavia, con la sua struttura statale, aveva portato benefici a tutti i suoi popoli, che proprio in quel contesto – ed è un punto fondamentale – avevano sperimentato l’unica vera modernizzazione. Quella parentesi di una cinquantina di anni è l’unico periodo della storia di tutti i nostri popoli in cui non siamo stati in alcun modo sottomessi al giogo coloniale. Man mano che il tempo passa, la Jugoslavia sembra sempre più bella e più potente. Questa, ovviamente, è in gran parte un’illusione, in cui però non vi è nulla di casuale. Un’illusione che forse riflette l'atteggiamento dei cittadini non tanto verso gli attuali stati, quanto verso le élite politiche”.
Come definirebbe il modello culturale instaurato in Montenegro dopo la proclamazione dell’indipendenza nel 2006?
Se il periodo immediatamente precedente al referendum [sull’indipendenza] è stato caratterizzato da un’energia culturale stimolante e multiforme, capace di innescare un susseguirsi di fenomeni importanti nel mondo della letteratura, della pittura, della musica e del teatro, dopo la vittoria [del sì] le élite al potere hanno cambiato il loro atteggiamento. Improvvisamente hanno deciso di non avere bisogno d’altro che di una cultura allineata, ossia di un appiattimento dell’essenza stessa della cultura. Una cultura priva di capacità critica non ha alcun valore ed è inutile. Eppure, i politici di solito amano proprio questa cultura.
Quindi, dopo la proclamazione dell’indipendenza, in Montenegro si è imposta una cultura sterile e allineata, lanciando una guerra mediatica contro le tendenze indipendenti, ossia contro quei segmenti della cultura che riuscirono a sfuggire al controllo esercitato dal potere politico. Per quanto dolci e indulgenti possano sembrare le parole dei leader balcanici sulla cultura, dietro a questa retorica si cela il bisogno dei politici di controllare tutto, persino i tasselli più indipendenti della cosiddetta scena culturale.
Alle elezioni del 30 agosto 2020, dopo tre decenni di governo ininterrotto, il Partito democratico dei socialisti (DPS) ha perso il potere, e non molto tempo dopo anche Milo Đukanović è uscito di scena. Da quelle elezioni ad oggi si è verificato qualche cambiamento in ambito culturale? La nuova leadership politica ha assunto un atteggiamento diverso nei confronti della cultura in generale?
Al nuovo governo, a quanto pare, non importa nulla della cultura. Credono che la missione del ministro [della Cultura] sia quella di fare gli auguri di buon compleanno, inviare messaggi di condoglianze e ricordare varie ricorrenze emettendo comunicati stampa dai toni patetici. In Montenegro i politici hanno paura dell’anima vivente della cultura. Per questo auspicano una cultura-fantasma, un simulacro di cultura che non dia fastidio a nessuno.
Il modello della cultura montenegrina è sottoposto a forti pressioni identitarie. Ritiene che la cultura sia capace di resistere a tali spinte?
Ogni modello culturale è esposto a un qualche tipo di pressione identitaria, perché la cultura e l’arte si interrogano sempre sul concetto di identità. Ci sono però diverse forme di identità. In realtà, la nostra identità è costituita da una moltitudine di etichette che ci portiamo dietro e, a seconda del contesto, si specchia in una di quelle etichette. Così un individuo può essere riconosciuto, ad esempio, come maschio o femmina, strutturalista o marxista, di sinistra o di destra, tifoso del Liverpool o della Juventus… L’identità nazionale è solo una di queste etichette.
Dietro all’isteria identitaria nazionale si cela sempre una manipolazione politica. Prendiamo l’esempio del DPS che ora sta cercando di fornire un’immagine di sé come dell’unico autentico rappresentante dell’interesse nazionale montenegrino. Questa tesi è problematica sotto vari aspetti. Un tempo il DPS promuoveva una politica anti-montenegrina. Parlo del periodo in cui questo partito si era lasciato assoggettare alla volontà di Milošević e inviava a Karadžić il carburante per i suoi carri armati. Il partito di Đukanović non solo non aveva appoggiato la lotta per l'emancipazione montenegrina, iniziata nei primi anni ’90, ma si è fortemente opposto a quella lotta. Rimprovero ad alcuni intellettuali montenegrini il fatto di aver sottomesso l’idea dell’emancipazione montenegrina ad un partito politico. Continuiamo a pagare le conseguenze di questa visione miope, conseguenze che si riflettono anche nella tendenza a collegare in modo del tutto erroneo l’idea montenegrina ad un partito politico (fallito).
Per lei la letteratura è sempre stata un punto di partenza. Dov’è oggi la letteratura montenegrina? Quali sono le caratteristiche che la contraddistinguono? È capace di oltrepassare i confini dello spazio culturale montenegrino?
Dov’è oggi la letteratura nel suo complesso? Se si riduce al mero divertimento e svago, la letteratura resta superficiale e inutile. Se non pone le giuste domande, è priva di qualsiasi significato. Negli anni ’90 è emersa la cosiddetta nuova letteratura montenegrina (rappresentata da autori come Nikolaidis e caratterizzata principalmente da una discontinuità narrativa). Si tratta di una scrittura aperta e cosmopolita, al contempo universale e locale, una scrittura capace di comunicare con i lettori ben oltre i confini del Montenegro e della regione post-jugoslava.
Lei è uno degli editorialisti più letti in Montenegro. Nei suoi articoli affronta spesso fenomeni sociali, ma anche quelli politici. Come valuta il progresso democratico del Montenegro? Secondo lei, quali sono le principali caratteristiche dell’attuale congiuntura politica?
Non è facile rispondere a queste domande. A volte mi sembra che la principale caratteristica dell’attuale momento sia un dilettantismo insistente. D’altra parte però, ci sono alcune persone nella scena politica che cercano di innescare un cambiamento e credono che il Montenegro possa diventare un paese migliore. È molto preoccupante però che l’attuale élite politica abbia adottato diverse pratiche della leadership precedente (ad esempio, la tendenza ad assumere persone sulla base della loro appartenenza a determinati partiti politici). Continuiamo ad assistere ai fenomeni che, prima del cambio di potere, tutti criticavamo. Quindi, è stata tutta una messinscena, mera ipocrisia. Questa constatazione non può che suscitare sconforto.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito della Collaborative and Investigative Journalism Initiative (CIJI ), un progetto cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina progetto
Balša Brković è nato il 25 aprile 1966 a Titograd (Podgorica). Si è laureato in letteratura e teoria letteraria alla Facoltà di Filologia dell’Università di Belgrado. Ha pubblicato sei raccolte di poesia (Konji jedu breskve [I cavalli mangiano le pesche], Belgrado, 1985; Filip boje srebra [Il Filip d’argento], Podgorica, 1991; Rt Svete Marije [La Punta di Santa Maria], Zagabria, 1993; Contrapposto, Cetinje, 1998; Dvojenje [Divisione], Podgorica, 2001; Crno igralište [Un oscuro terreno di gioco], Podgorica 2017), una raccolta di racconti (Berlinski krug [Il cerchio berlinese], Belgrado, 2008) e quattro romanzi (Privatna galerija [Una galleria privata], Zagabria, 2002; Paranoja u Podgorici [La paranoia a Podgorica], Podgorica, 2010; Plaža Imelde Markos [La spiaggia di Imelda Markos], Podgorica, 2013; Aurora, Podgorica, 2023). Le traduzioni del suo romanzo Privatna galerija sono state pubblicate in Slovenia (2006), Repubblica Ceca (2007) e Albania (2007). Il suo racconto Oči Entropije Plamenac [Gli occhi di Entropija Plamenac] è stato pubblicato in una prestigiosa edizione statunitense dedicata alla migliore narrativa europea del 2015 (traduzione di Will Firth). Il suo libro Privatna galerija ha vinto il premio “Miroslavljevo jevanđelje” per la migliore prosa pubblicata in Serbia e in Montenegro nel 2001-2003 ed è stato selezionato tra i finalisti del premio “Meša Selimović” per il miglior romanzo pubblicato nello spazio ex-jugoslavo nel 2001. Ha vinto il premio che porta il nome del poeta e scrittore Risto Ratković per il miglior libro di poesia pubblicato nel 2017 (una vittoria ex aequo condivisa con Tanja Kragujević). Nel 2020 la sua raccolta di poesie Crno igralište è stata selezionata tra gli otto finalisti del premio internazionale “Poeta europeo della libertà” assegnato a Danzica. Una selezione delle sue poesie è stata pubblicata in Francia. Sin dal suo esordio a metà degli anni ’80, Brković promuove una nuova sensibilità letteraria e una precisa articolazione urbana della scrittura. Si è affermato con un linguaggio poetico sin da subito riconosciuto come autentico e consapevole. Le sue opere sono state incluse in diverse antologie della letteratura montenegrina, post jugoslava e mondiale.
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