È da poco online una raccolta digitale di storie di montenegrine che hanno contribuito in vario modo all'espansione dei diritti delle donne e alla loro emancipazione
(Originariamente pubblicato da Skitanja , blog dell'autrice, il 25 luglio 2019)
Quando nel 1961 fu organizzata una gara automobilistica da Podgorica a Petrovac, Ljeposava Perunović di Nikšić fu l’unica donna a parteciparvi. E tagliò per prima il traguardo. Aveva 25 anni e una lunga esperienza di guida alle spalle. In quegli anni Ljeposava era l’unica donna a Nikšić a guidare un’automobile.
Che le donne potessero vivere una vita indipendente, lo capì ben presto anche Jelisaveta Jela Eraković. Nata nel 1885, Jelisaveta aveva imparato durante gli anni trascorsi negli Stati uniti che un matrimonio infelice poteva essere sciolto, che le donne avevano il diritto di chiedere il divorzio e che potevano guadagnarsi la vita da sole ed essere economicamente indipendenti.
Le storie di Ljeposava e Jelisaveta, che testimoniano il lungo cammino verso l’emancipazione delle donne montenegrine, sono state pubblicate sulla pagina Facebook del Museo delle donne del Montenegro , nell’ambito del progetto “Bila jednom jedna žena“ [C’era una volta una donna], promosso dall’organizzazione non governativa NOVA – Centro per la cultura femminista di Podgorica.
Le storie di donne montenegrine, pubblicate nell’ambito di questo progetto, sono state scritte perlopiù dai membri delle loro famiglie, che hanno accolto l’invito a partecipare alla raccolta di materiale sulle donne “comuni” di cui finora si sapeva poco, ma che – come si legge sulla pagina Facebook del museo – hanno contribuito, in diversi modi e nella misura in cui lo permettevano le circostanze, all’espansione dei diritti delle donne, acquisendo un’istruzione superiore, imparando nuovi mestieri, rivoluzionando i modelli di comportamento delle donne nelle piccole comunità, introducendo nuove regole, incoraggiando e influenzando altre donne a fare altrettanto.
Visitando questa collezione digitale, scoprirete la storia di Radmila Marić Lakićević (1935), una donna “resiliente e semplice”, discendente dell’antica famiglia dei Vasojevići, che parlava tre lingue straniere; poi la storia di Bosa Vuković (1924), insegnante e redattrice della rivista Naša žena [La nostra donna], che dedicò la sua vita all’alfabetizzazione e all’istruzione delle donne e alla lotta contro le usanze retrograde, come quella di indossare il burqa.
Nataša Nelević dell’ong NOVA – Centro per la cultura femminista dice che l’obiettivo dell’iniziativa è quello di raccogliere materiali per una “storia, tuttora mancante, dell’emancipazione delle donne montenegrine”.
“Nell’ambito di questo progetto, la donna è percepita nel modo più ampio possibile, prendendo in considerazione anche la sfera della vita privata e tutti quei ‘piccoli’ e ‘micro’ eventi della vita delle donne del passato, eventi che testimoniano che in Montenegro le donne sono sempre state protagoniste della storia, ossia portatrici di cambiamento”, spiega Nataša Nelević, critica teatrale e autrice del libro “Vodič kroz istoriju emancipacije žena Crne Gore” [Una guida attraverso la storia dell’emancipazione delle donne montenegrine], recentemente pubblicato dall’editore Nova knjiga di Podgorica.
Nelević spiega che, a differenza dalla narrazione istituzionale e quella popolare, che continuano a insistere sulla passività e sull’obbedienza delle donne, le attività del Centro per la cultura femminista di Podgorica sono volte all’affermazione delle donne come “soggetti attivi, pronti al cambiamento, alla disobbedienza e alla rivolta”.
“Queste piccole storie di piccole conquiste delle donne vivono solo nei ricordi di altre donne. Ed è per questo che abbiamo organizzato quattro workshop sulla storia orale, per raccogliere le storie delle donne che sono rimaste vive solo nei ricordi dei loro discendenti, e con lo stesso obiettivo abbiamo lanciato anche la campagna ‘C’era una volta una donna’. Così abbiamo realizzato una piattaforma digitale, non solo allo scopo di creare una storia dell’emancipazione delle donne, ma anche per riunire le donne intorno a un’idea diversa della storia delle donne, secondo cui il cambiamento è parte integrante dell’eredità e dell’identità delle donne, ed è anche un loro dovere nei confronti del presente e del futuro”, spiega la Nelević.
La discriminazione di genere è un fenomeno ancora molto diffuso in Montenegro, come dimostra l'ultima ricerca del Centro per i diritti delle donne di Podgorica , secondo cui in Montenegro quasi una donna su due è stata vittima di discriminazione di genere sul luogo di lavoro.
L’organizzazione non governativa Casa sicura delle donne di Podgorica ha recentemente lanciato una campagna intitolata “Ne dijeli djecu, podijeli nasleđe ” [Non dividere i figli, dividi l’eredità], per richiamare l’attenzione sul fatto che le donne in Montenegro spesso non possono esercitare appieno il loro diritto all’eredità, nonostante la legge garantisca la parità di diritti tra donne e uomini in materia di successione ereditaria.
Le donne protagoniste della propria vita
La campagna “C’era una volta una donna” inizialmente doveva concludersi a settembre, ma man mano che le testimonianze si accumulavano, i promotori si sono resi conto che non c’era alcun bisogno di fissare un termine preciso entro cui concludere il progetto, e hanno deciso di proseguire con l’iniziativa nei prossimi mesi e, se l’interesse dovesse continuare a crescere, anche nei prossimi anni.
“Il nostro obiettivo è quello di ricostruire la storia dell’emancipazione delle donne [in Montenegro] attraverso le testimonianze raccolte, ma anche di capire come le donne di oggi ricordano le loro antenate, ovvero se e in che modo i loro ricordi si differenziano dalle narrazioni patriarcali, sia istituzionali che popolari, sul ruolo delle donne. Queste questioni rientrano nell’ambito della cultura e della politica della memoria”, spiega Nataša Nelević.
Stando alle sue parole, le testimonianze raccolte finora confermano che le donne in Montenegro hanno sempre cercato – anche nelle più sfavorevoli circostanze storiche, economiche e sociali – di opporre resistenza e di uscire dai limiti imposti dalla società patriarcale.
“In parole povere, siamo giunte alla conclusione che [le donne montenegrine] sono sempre state esseri viventi, anziché un’incarnazione della docilità femminile”, afferma la Nelević.
Il cambiamento parte da noi
Chiunque conservi testimonianze o ricordi della vita di una donna, appartenente alla propria famiglia o comunità locale, che ha contribuito all’emancipazione femminile in Montenegro, può condividerli con i promotori del progetto Museo delle donne del Montenegro.
“Alcune donne ci inviano il questionario compilato , altre ci contattano telefonicamente, altre ancora ci mandano un messaggio. Usiamo tutti i canali di comunicazione e cercheremo di essere a disposizione di tutti coloro che desiderano condividere le loro storie, perché ci teniamo molto a questo progetto e ai cambiamenti che inevitabilmente porterà con sé”, dice Nataša Nelević, aggiungendo che sono contenti delle reazioni che l’iniziativa ha finora suscitato.
“Tuttavia, c’è ancora molta confusione e incomprensione per quanto riguarda i contenuti delle storie che vogliamo raccogliere, perché non ci interessano tutte le storie, ma solo quelle che suggeriscono che le donne protagoniste delle vicende narrate avevano voglia di cambiare qualcosa nella propria vita, nella vita di altre donne e nella loro comunità. Certo, questa non è l’unica verità sulle donne; è vero che molte donne hanno accettato di essere sottomesse, ma è altrettanto vero che non erano sempre disposte ad obbedire. Per noi in questo momento è importante riuscire a richiamare l’attenzione su questa tendenza all’attivismo che ha caratterizzato la storia delle donne”, conclude Nelević.
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