Montenegro: il giuramento di Vujanović mostra un paese diviso

21 maggio 2013

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E' un giuramento all'insegna della polemiche quello pronunciato ieri sera dal presidente montenegrino Filip Vujanović, eletto per la terza volta alla carica il 7 aprile scorso. I risultati ufficiali del voto hanno visto Vujanović, compagno di partito del premier e padre-padrone del Montenegro indipendente Milo Djukanović prevalere col 51,2% sull'ex diplomatico e leader del Fronte democratico Miodrag Lekić.

L'opposizione, ha denunciato però pesanti brogli elettorali, e rifiuta di riconoscere la vittoria di Vujanović. Il passare delle settimane non ha calmato gli animi: i partiti che appoggiano Lekić insistono infatti nel voler annullare le consultazioni presidenziali e a richiamare i cittadini montenegrini alle urne. Posizione politica che, inevitabilmente, ha portato alla decisione di boicottare ieri la cerimonia del giuramento a Cetinje, capitale storica del Montenegro.

Le polemiche non si sono limitate però alla sola opposizione: il Partito socialdemocratico, partner minore del Partito democratico dei socialisti di Djukanović nella maggioranza di governo, era presente soltanto col presidente del parlamento Ranko Krivokapić.

I socialdemocratici ritengono anticostituzionale il terzo mandato di Vujanović, che la massima Corte ha invece ammesso argomentando che il primo è stato espletato quando il paese faceva ancora parte dell'Unione di Serbia e Montenegro.

Come se non bastasse, grande fermento anche nella società civile montenegrina: nella giornata del giuramento di Vujanović, alcune decine di manifestanti si sono dati appuntamento per la “marcia contro la mafia”, una camminata di trenta chilometri partita dalla capitale Podgorica sul fare dell'alba, e arrivata dieci ore dopo a Cetinje.

“Vujanović non è il nostro presidente e non siamo più disposti a sopportare l'attuale stato di cose al governo”, ha dichiarato alla partenza il giornalista e attivista Marko Milačić. “Ecco perché andiamo a Cetinje. Il giuramento di Vujanović è un pretesto, ma la questione è più profonda: marciamo per reclamare la nostra libertà”.

 

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