Sono molti i cittadini dei Balcani a tentare la via dell'emigrazione. In pochi mesi, dal nord del Montenegro, più di 3500 persone sarebbero partite per la Germania, ed in particolare per la Bassa Sassonia. Vijesti ha raccolto le testimonianze di alcuni di loro
(Pubblicato originariamente dal quotidiano montenegrino Vijesti, selezionato e tradotto da Le Courrier des Balkans e Osservatorio Balcani e Caucaso)
Da molti mesi gli abitanti del nord del Montenegro stanno prendendo in massa la via dell'esodo. Una migrazione - provocata da una situazione socio-economica catastrofica – che ha spesso come sbocco due comuni tedeschi: Goslar e Brunswick, in Bassa Sassonia, a sud di Hannover. Città che a loro volta stanno subendo l'esodo dei loro cittadini e che si sono quindi dette disposte ad accogliere i migranti.
Se le autorità tedesche affermano che chi se ne va dai Balcani commette un errore a richiedere asilo, perché la domanda non verrà mai accettata, il sindaco di Goslar, Oliver Junk (CDU), ha sorpreso l'opinione pubblica chiedendo alle autorità federali di inviare più rifugiati possibili nel suo comune. La ragione alla base dell'appello è che Goslar, in passato al cuore di una regione industriale con miniere di piombo, zinco, rame, argento e oro, sfruttate sino al 1988, sta registrando una caduta costante della sua popolazione.
“Il numero di abitanti è in caduta libera, non solo a Goslar ma nell'intera regione, non abbiamo quindi altra scelta che guardare all'immigrazione. Abbiamo bisogno di nuovi cittadini affinché la nostra comunità sopravviva e l'economia della nostra città si rimetta in piedi. Quando avremo più abitanti torneremo a costruire scuole, piscine, centri sportivi ed altre infrastrutture. Gli imprenditori spesso si lamentano di non avere manodopera a sufficienza. Penso che gli immigrati siano la risposta vera ai nostri problemi”, ha recentemente dichiarato ai media tedeschi Oliver Junk.
Junk ha anche sottolineato che, a differenza di altre città, Goslar ha capacità d'ospitalità in grado di accogliere numerosi rifugiati. “Città come Dortmund, Berlino o Göttingen non sanno più come gestire questi richiedenti asilo e li installano in centri che, per me, sono dei veri e propri ghetti. Ma come si pensa possibile che una persona rinchiusa in un ghetto possa integrarsi?”, continua il sindaco.
Una ventina di giorni fa Nedžad D., di Rožaje, è partito per Goslar su consiglio di alcuni suoi cugini che soggiornavano nella città da un mese e mezzo. Non ha voluto venga rivelata completamente la sua identità sino a quando non sarà chiaro il suo status. “Non sappiamo cosa ci attende e non vogliamo rischiare di avere problemi in futuro”, spiega il giovane.
Non vedeva alcun futuro possibile a Rožaje, e nemmeno in Montenegro ed è per questo che ha deciso di partire, con sua moglie e i suoi tre figli. “Già non ce la facevamo ma poi, a novembre, ci hanno tolto anche il poco aiuto sociale che ci davano, perché sia io che mia moglie siamo in grado di lavorare. E' vero, ma lavorare dove? A Rožaje non vi è nulla. Ho allora scelto di richiedere asilo”, racconta Nedžad.
Non si pente di essere partito ma non sa cosa gli riservi il futuro. “Tutto è ancora incerto, veniamo nutriti e riceviamo dei vestiti e un po' di soldi. Vicino a noi vi sono altre sei famiglie di Rožaje, una di Bijelo Polje, una di Podgorica e anche numerose famiglie di Pljevlja… Per ora siamo soddisfatti della scelta...”. Nedžad per procurarsi i soldi per il viaggio ha venduto la macchina e la propria mucca, ed è ora in attesa che il fratello lo raggiunga.
Muzafer F., anche lui di Rožaje, è andato a prendere suo figlio a scuola e, assieme alla famiglia, è partito. “Non è stata una decisione semplice, ma non avevo nulla da perdere. Se non riuscirò ho sempre un posto dove tornare: la mia casa, la mia terra poco fertile e la povertà saranno là ad aspettarmi”.
Uno dei suoi amici gli ha assicurato che a Goslar non avrebbero più accettato rifugiati dopo il 28 aprile. “Ed allora ho preso immediatamente la mia decisione. Ho venduto la macchina per 400 euro anche se ne valeva 1000 e la mia mucca per 700. E' dura vivere qui, ma col tempo mi ci abituerò anche perché vi sono molti miei concittadini e insieme sarà più facile. Sono un po' vecchio per iniziare un nuova vita, ho paura di non riuscire ad imparare la lingua, di non riuscire ad integrarmi, ma non ho altra via d'uscita”. Anche lui attende, in questi gironi, l'arrivo del fratello e di un amico, che dovrebbero arrivare con la famiglia.
Safet K. ha invece depositato la sua domanda d'asilo a Brunswick. "Sono partito assieme ad un cugino e un mio amico, con tutte le nostre famiglie. Ieri, è partito per raggiungerci anche un altro amico. Per ora non abbiamo l'impressione di essere in un paese straniero. Siamo stati ben accolti. Siamo ben alloggiati, a 5 km dalla città e ad una decina da un lago. Facciamo delle camminate per conoscere meglio l'ambiente e stiamo attendendo di vedere che accade”. I cinque membri della sua famiglia ricevono al mese 1800 euro di aiuto e Safet pensa di riuscire anche a risparmiare qualcosina nel caso dovesse ritornare in Montenegro.
Secondo dati forniti dall'Ong Euromost di Biljelo Polje, sarebbero quasi 3500 i cittadini del nord del Montenegro ad aver lasciato il paese dall'inizio dell'anno. Sono cifre mai confermate ufficialmente e nessun responsabile governativo ha mai commentato l'esodo. Solo il presidente del parlamento e segretario del Partito social-democratico (SDP), Ranko Krivokapić, partner di coalizione del DPS, ha recentemente richiesto alle autorità di reagire a questo esodo in massa.
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