Sono molto attive nel fare pressioni a livello internazionale per richiedere il riconoscimento del genocidio degli armeni. Meno per l'indipendenza del Karabakh. Il complesso rapporto tra associazioni della diaspora armena e Karabakh, visto da Stepanakert
Il 9 maggio in Nagorno Karabakh vi sono stati festeggiamenti per ricordare tre eventi: la vittoria nella Seconda guerra mondiale, la nascita dell’"Esercito della Repubblica del Nagorno Karabakh" e la conquista della città di Sushi. È significativo inoltre che proprio il 9 maggio a Stepanakert , capitale del Karabakh, abbia avuto luogo la conferenza degli organi supremi della "Federazione Rivoluzionaria Armena - Dashnak", un partito fondato a fine Ottocento e attualmente unico partito pan-armeno, attivo ovunque nel mondo vi siano rappresentanti della diaspora armena oltre che naturalmente in Armenia e Karabakh. Il giorno seguente la delegazione è stata ricevuta da Bako Saakyan, de facto presidente della Repubblica del Nagorno Karabakh (NKR), che ha molto apprezzato gli sforzi compiuti dal Dashnak per il riconoscimento del genocidio degli armeni, la tutela dei diritti del popolo armeno e la conservazione dell’identità armena nella diaspora.
Il Dashnak, tra governo e opposizione
Il Dashnak ha sostenuto in vario modo gli armeni del Karabakh durante la guerra con l’Azerbaijan e dopo la fine degli scontri ha fornito sostegno soprattutto di tipo economico attraverso il fondo pan-armeno “Ayastan” (“Armenia”). In 16 anni di attività il fondo ha realizzato diversi programmi in Armenia e Karabakh per un ammontare complessivo di 200 milioni di dollari USA, investiti nella realizzazione di 470 km di strade, 212 km di tubature idriche, 144 km di gasdotti, nonché per la costruzione di scuole e ospedali. Senza il contributo del Dashnak, l’entità degli interventi realizzati sarebbe stata decisamente minore.
Tuttavia, i rapporti tra il Dashnak e le autorità dell'Armenia non sono state sempre idilliache, e questo ha avuto delle conseguenza anche sull’entità degli aiuti. Durante il mandato del primo presidente armeno Levon Ter-Petrosyan si è verificata una lotta all’ultimo sangue per il potere, conclusasi con la messa fuori legge del partito Dashnak in Armenia, l’arresto dei suoi leader, la chiusura degli organi di stampa del partito e la confisca di tutti i beni. La situazione si è letteralmente ribaltata con l’ascesa al potere del secondo presidente armeno, Robert Kocharyan. Il Dashnak è diventato un sostenitore delle autorità e resta tuttora tale, nonostante il partito sia uscito dalla coalizione parlamentare che attualmente appoggia il governo armeno.
In Karabakh la situazione è analoga, seppure con delle sostanziali differenze. Innanzitutto, in Karabakh il partito non è mai stato “chiuso”. In secondo luogo, mentre durante gli anni Novanta il Dashnak in Karabakh era un partito d’opposizione, oggi fa parte a pieno titolo della compagine governativa.
La diaspora e il Karabakh
In Karabakh non vi è una posizione univoca rispetto al ruolo della diaspora. Al contrario, attualmente le opinioni delle autorità e della società civile sembrano essere diametralmente opposte.
A Stepanakert ovviamente si guarda con stima e rispetto all’operato del Dashnak e della diaspora tutta in merito al riconoscimento del genocidio a livello internazionale, nonché al sostegno materiale fornito ad Armenia e Karabakh. Tuttavia, come è emerso anche nella conferenza del 9 maggio, è opinione diffusa nella società del Karabakh che sia necessario un ripensamento dei valori che stanno alla base di questi aiuti. Molti cittadini del Karabakh, riconoscendo l’importanza del riconoscimento internazionale del genocidio, sostengono che per onorare realmente le vittime sia necessario operare per garantire la sicurezza degli armeni anche in futuro. E secondo alcuni esponenti della società civile locale l’unico modo per raggiungere tale scopo è il consolidamento di un Karabakh solido, forte, concorrenziale e autenticamente democratico.
La diaspora attualmente preferisce però limitarsi a fornire aiuti materiali a Stepanakert. Naturalmente, ciò è fondamentale, ma oggi questo territorio si trova ad affrontare sfide diverse. In altre parole, la diaspora preferisce continuare a costruire scuole, anche se oggi è sicuramente più importante migliorare la qualità dell’istruzione che non costruire nuovi edifici. I tempi sono ormai maturi per passare dalla mera raccolta di fondi alla raccolta di idee e progetti che confluiscano in un programma di sviluppo del Karabakh che unisca le forze di tutti.
Vale inoltre la pena di ricordare che anche in una situazione in cui nessuno Stato riconosce l'indipendenza del Nagorno Karabakh, gli unici a tenere contatti con la società civile del Karabakh sono alcune ONG e istituzioni internazionali, mentre la diaspora continua a dialogare solo ed esclusivamente con il governo locale. Inoltre, non appena i cittadini del Karabakh nominano la questione dei diritti civili, i rappresentanti della diaspora cercano di cambiare argomento.
La diaspora non si immischia in questioni interne e le autorità locali naturalmente apprezzano, preferendo semplicemente raccogliere aiuti materiali. Tale collaborazione è vantaggiosa e utile per entrambe le parti in gioco: da una parte, per le autorità il sostegno della diaspora è uno strumento utile da impiegare in politica interna; dall’altra, per le organizzazioni afferenti alla diaspora è importante poter vantare il mantenimento di buone relazioni con le autorità del Karabakh.
Riconoscimento e riavvicinamento turco-armeno
Sembrerebbe legittimo aspettarsi che sia autorità locali sia i rappresentanti della diaspora concordino sulla necessità di sostenere il processo di riconoscimento dell'indipendenza del Nagorno Karabakh a livello internazionale. La situazione invece non è così semplice.
Una ONG locale, il consiglio sociale per la sicurezza e la politica estera del Karabakh capeggiato da Masis Mailyan, ex vice-ministro degli esteri e maggior concorrente dell’attuale presidente durante le elezioni presidenziali del 2007, ha recentemente lanciato un appello alle organizzazioni della diaspora armena affinché inizino a sostenere attivamente il riconoscimento internazionale del Karabakh. Secondo il Consiglio, il riconoscimento è un elemento fondamentale per la sicurezza degli armeni del Karabakh e quindi la diaspora dovrebbe fare il possibile affinché questo avvenga anche partendo con iniziative dal basso, ad esempio a livello di amministrazioni comunali. Attualmente invece, le organizzazioni della diaspora si uniscono al coro della comunità internazionale, limitandosi a lanciare appelli sulla “assoluta necessità di risolvere pacificamente il conflitto”.
Questo appello, come era prevedibile, è stato molto discusso sia nei circoli della diaspora che nelle strutture istituzionali del Karabakh, le quali a differenza della società civile non sembrano molto esigenti verso le organizzazioni della diaspora e non richiedono un'azione più decisa rispetto alla questione del riconoscimento.
Sia i rappresentanti della diaspora sia le autorità locali del Karabakh perferiscono infatti mantenere la questione del riconoscimento all'interno dei negoziati per la risoluzione del conflitto con l'Azerbaijan.
Le organizzazioni della diaspora, e il Dashnak in particolare, sono invece molto scettiche rispetto ai negoziati quando si tratta di un'altra questione, il riavvicinamento turco-armeno. Secondo i rappresentanti della diaspora infatti le prove di dialogo promosse dal presidente armeno Sargsyan ostacolano gravemente ogni tentativo di fare pressione per ottenere un maggiore riconoscimento internazionale del genocidio degli armeni del 1915.
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