Macchina da scrivere © slonme/Shutterstock

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“La prima frase di un romanzo deve contenere un po’ dell’energia di un grido istintivo che provoca una valanga… Deve essere una scintilla che genera una reazione a catena… Ecco perché la prima frase non è mai innocente". Matei Vişniec, "Il venditore di incipit di romanzi", edito da Voland

04/12/2023 -  Diego Zandel

Vincitore del Premio per la letteratura europea Jean Monet, giunge in Italia grazie alla Voland e per la traduzione esemplare di Mauro Barindi, “Il venditore di incipit per romanzi” del romeno Matei Vişniec, un libro che offre spunti e materia per una lettura entusiasmante. Interesse dovuto alla analisi degli incipit dei più grandi e indimenticabili romanzi mondiali che un sedicente Guy Courtois, erede di una famiglia di inventori di incipit, ha creato da oltre trecento anni a questa parte a beneficio degli autori, tanto che personalmente mi sono ritrovato a riprendere in mano i miei stessi romanzi per riscoprire i miei stessi incipit. Per vedere, cioè, se questi corrispondevano al principio dichiarato dallo stesso Guy Cortouis a uno scrittore in crisi che vedremo agire – e non solo lui - nel corso dell’ampio romanzo: “La prima frase di un romanzo deve contenere un po’ dell’energia di un grido istintivo che provoca una valanga… Deve essere una scintilla che genera una reazione a catena… Ecco perché la prima frase non è mai innocente. Essa contiene in sé, in germe, l’intera storia, l’intero conflitto. La prima frase è come un embrione pullulante di possibilità, come uno spermatozoo fortunato, se mi passa il paragone…”.

Da copertine
Autore:Matei Vișniec
Editore: Collana Intrecci Voland
Anno: 2023

Lo sia o meno, è un fatto che Matei Vişniec lo lascia credere e nel corso delle storie, tra l’assurdo e il distopico, che racconta, lo esprime attraverso l’invio di lettere allo scrittore in crisi che, nel frattempo, intreccia le sue storie – quella della sua vita, alle prese con un fratello, lui secondogenito, considerato sempre secondo in tutto, per intelligenza, capacità, genio, inventiva, visione – con altre storie, tante da rendere questo romanzo una sorta di caleidoscopio. Ne consegue una lettura che a un certo momento ti prende e ti trascina in mondi diversi, così come sono diversi i romanzi e gli autori, non pochi, i cui incipit vengono citati: si va da “Massa e potere” di Elias Canetti a “Lo straniero” di Camus (l’indimenticabile, in questo caso “Oggi è morta mia madre. O forse ieri, non so”), e così tra Otto e Novecento, altri incipit: di Kafka, Proust, Melville, Thomas Mann, Hemingway, Celine, fino a Balzac, Verne e così via. L’invenzione è che l’attività famigliare di Guy Curtois si affida il merito di aver loro provveduto a creare questi incipit, vendendoli agli autori.

Ma è tutto, naturalmente, puro interesse affinché lo scrittore in crisi, dopo un colloquio occasionale con la persona con cui aveva conversato amabilmente su questi temi nel Giardino della Società degli uomini di lettere, finisca per rivolgersi a lui, ai suoi servizi letterari. Cosicché, al momento dei saluti, gli lascia il suo biglietto da visita con un indirizzo corrispondente a una libreria parigina. Lo scrittore poi, in effetti, ci andrà con il proposito di rintracciare il signor Guy Courtois e acquistare un incipit dal quale cominciare il suo romanzo. Ma, per un bel po’ non lo troverà, mentre si farà vivo solo attraverso lunghe lettere che affronteranno il tema della creatività e, più in generale, dei romanzi o, meglio, dell’arte della scrittura.

Al posto del signor Courtois, e in un ambiente e atmosfera ottocentesca, incontrerà il vecchio commesso della libreria, il signor Bernard. Il quale, dopo tre o quattro visite del protagonista alla libreria Verdeau, vedendo lo scrittore frugare fra i libri disposti casualmente, senza un ordine particolare, si apre al protagonista: “Anche a me piace frugare tra i libri” gli dice “Quando si fruga tra i libri è come se si cercasse una perla rara in un mucchio di cervelli. Ha mai pensato che è così che si potrebbe definire un libro? Un pezzo di cervello ambulante, un frammento di cervello messo in circolazione… le persone che scrivono molto trasferiscono quasi tutto il proprio cervello nei libri. A volte ho l’impressione che Balzac, verso la fine della sua vita, non avesse più neanche un pizzico di materia grigia sotto la calotta cranica, che il suo intero contenuto fosse stato espulso sotto forma di parole scritte…”.

Che tesi interessante! Nasce da questo, forse, la crisi creativa? Cioè, a causa dell’aver travasato tutta la propria materia grigia sulle pagine dei libri, tanto da aver esaurito tutte le parole che quella produceva?

Non è però quanto capita in questo romanzo allo scrittore in crisi che, viceversa, ci offre almeno sei storie: oltre a quella del fratello modello di intelligenza e genio, anche quella dello scrittore X che uscito di casa trova una città deserta, con tutti gli orologi fermi alle 6 e 37 minuti; quella di un altro scrittore timido che, smarritosi, finisce col ritrovarsi nel suggestivo Caffè dei Timidi per ritrovarsi nella Casa degli Scrittori a Bucarest, meta degli scrittori allineati al regime di Ceausescu così come di quelli dissidenti usciti da anni di prigione (com’era per il nostro Vişniec, che fuggito in Francia nel 1987, qui chiese asilo politico, per poi essere naturalizzato francese); quindi, le pagine di versi dedicati alla signorina Ri, così carichi di sentimenti amorosi ma anche di grande sensualità nascosta tra le pieghe di un apparente romanticismo… E non finisce qui. Va da sé che “Il venditore di incipit per romanzi” di Matei Vişniec e tradotto dal bravo Mauro Barindi, che nella postfazione ci illumina sul suo lavoro su questo straordinario scrittore romeno, va letto. Almeno da coloro che amano la letteratura.


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