Dopo settimane di dura contestazione, sfociata anche in scontri di piazza, l'esecutivo centrista di Emil Boc, voluto dal presidente Traian Băsescu, ha presentato le dimissioni, minato dal malcontento generato dalle misure di austerità. Ora si aprono diversi scenari ma, con le elezioni che si avvicinano, di fatto da ieri la Romania è in campagna elettorale
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Riformista
La crisi economica in Europa continua a mietere vittime politiche. Mentre gli sguardi del Vecchio continente sono nuovamente puntati sulla travagliata situazione in Grecia, sempre più vicina al collasso finanziario, in Romania il premier centrista Emil Boc deve alzare bandiera bianca, incalzato dal crescente malcontento generato da impopolari misure di austerità.
Ieri mattina Boc, leader del Partito democratico liberale e premier dal 2008, ha rassegnato le dimissioni dopo settimane di proteste di piazza. Una mossa improvvisa, ma non del tutto inaspettata, visto il clima di crescente spaccatura politica e sociale nel paese. “Me ne vado per alleggerire la tensione ”, ha dichiarato il premier dimissionario, prima di rimettere il proprio mandato nelle mani del presidente Traian Băsescu.
Ancora una volta è proprio Băsescu, al centro delle contestazioni perché considerato il vero perno del sistema politico di Bucarest, che torna a giocare un ruolo determinante. Poco dopo le dimissioni di Boc, il presidente ha nominato premier ad interim Catalin Predoiu, già ministro della Giustizia nel precedente esecutivo. Nell'immediato la mossa ha evitato un pericoloso vuoto di potere, ma la questione della perdita di sostegno popolare continua a pesare come un macigno sull'intero establishment rumeno.
Nato in condizioni difficili, dato per morto e risorto più volte, il governo Boc, voluto e sostenuto da Băsescu, si è trovato a dover affrontare gli scossoni della crisi in una situazione di estrema fragilità. Da uno dei paesi col più alto tasso di crescita in Europa, la Romania è divenuto all'improvviso uno dei “grandi malati” del Vecchio continente.
Dopo aver tentato di resistere con le proprie forze, il governo ha chiesto aiuto alle autorità finanziarie internazionali, ricevendo offerte di aiuto in cambio di una cura economica fatta di “lacrime e sangue”. Per accedere ad un pacchetto di salvataggio di 20 miliardi di euro, targato FMI ed UE, il governo Boc ha dovuto imporre misure contestate e impopolari, come il taglio del 25% dei salari pubblici e l'aumento dell'IVA.
A gennaio, la proposta di privatizzare parzialmente il servizio di pronto soccorso ha fatto traboccare il vaso. Centinaia di persone, sfidando il freddo polare di queste settimane, sono scese in piazza chiedendo le dimissioni di Boc e di Băsescu. Le manifestazioni sono poi sfociate in più occasioni in scontri violenti tra dimostranti e forze di polizia.
Il clima è poi divenuto insostenibile dopo le infelici dichiarazioni del ministro degli Esteri Theodor Baconschi, che aveva definito i manifestanti “elementi marginali, violenti e stupidi”. Dichiarazioni pagate da Baconschi con le dimissioni immediate. Con gli indici di gradimento in crollo verticale, e le elezioni politiche programmate per il prossimo autunno, Boc ha preferito la strada delle dimissioni alla prospettiva di una lenta agonia, rivendicando la necessità delle politiche di austerità imposte e sottolineando i primi timidi segni di ripresa.
La decisione di Boc apre ora diversi possibili scenari. Il premier uscente ha chiesto responsabilità politica e un voto di fiducia in tempi rapidi per il nuovo esecutivo. L'opposizione social-liberale, forte dei sondaggi che danno la sinistra al 50% dei consensi, chiede invece a gran voce elezioni anticipate.
Nel frattempo però, si fa strada la prospettiva di un governo tecnico, sulla falsa riga di Grecia ed Italia, che riesca a traghettare la Romania fino alle elezioni, forse anticipate all'estate, col sostegno bipartisan delle maggiori forze politiche.
Quale che sia lo sbocco a breve termine, di fatto da ieri la Romania entra in campagna elettorale. Una campagna che si prospetta lunga, incerta e incentrata su una dolorosa questione rimasta senza risposta: come uscire dalla crisi senza disintegrare la società rumena.
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