All'interno di un mattatoio (© Mehmet Cetin/Shutterstock)

All'interno di un mattatoio (© Mehmet Cetin/Shutterstock)

Nel settore della macellazione in Germania sono impiegati molti cittadini romeni e bulgari. Lavorano in turni massacranti e senza tutela ed è possibile grazie alla facciata fornita da società di intermediazione

01/07/2020 -  Francesco Magno

Negli ultimi giorni i media internazionali hanno dato risalto all’emergere di un nuovo importante focolaio di infezione da coronavirus in un grosso mattatoio di Gütersloh, cittadina tedesca della Renania settentrionale. Sono più di 1.500 i contagiati nella zona, per buona parte lavoratori nell’impianto appartenente al colosso della macellazione Tönnies, quasi tutti di nazionalità romena o bulgara.

La diffusione della malattia ha portato alla ribalta dei temi per troppi anni taciuti, come le condizioni di lavoro dei cittadini est-europei all’interno dei mattatoi tedeschi, e il sistema criminale attraverso il quale essi sono reclutati e inviati in Germania. La giornalista di Deutsche Welle Alina Kuhnel sta portando avanti un’inchiesta internazionale tra la Romania e la Germania, che sta facendo emergere i lati più oscuri di quello che si profila sempre più come un vero e proprio traffico di esseri umani.

Il reclutamento

La Tönnies, come altre imprese del settore, da anni si avvale di società di intermediazione che hanno il compito di selezionare la forza lavoro direttamente in Romania e Bulgaria e di organizzare il trasferimento in Germania. Il flusso di lavoratori è aumentato in misura considerevole dopo il 2007, anno di ingresso dei due paesi nell’UE. In precedenza, erano soprattutto ungheresi e polacchi ad essere scelti; molti di loro si sono trasformati in intermediari dopo il 2007. Il reclutamento viene portato avanti nelle zone più disagiate e povere di Romania e Bulgaria, avvalendosi del sostegno di influenti politici locali che, secondo la Kuhnel, o sono spesso implicati tramite dei prestanome nella gestione delle società di intermediazione o ricevono delle tangenti commisurate ai lavoratori forniti.

Il salario non viene elargito dalla Tönnies, ma dagli intermediari, che dalla cifra pattuita inizialmente trattengono il denaro per il trasporto in Germania, per l’affitto mensile (dai 200 ai 300 euro al mese) e per le divise da lavoro (fino a 100 euro al mese). Ai lavoratori resta una cifra irrisoria, molto meno dei 9,35 euro l’ora di salario minimo stabilito dalla legge tedesca.

Le condizioni di vita e di lavoro

I lavoratori che raggiungono la Germania sono sottoposti a turni massacranti, senza alcun tipo di tutela. Uno di loro, un bulgaro di 58 anni ex dipendente della Tönnies, ha riferito al quotidiano Aachener Nachrichten di aver lavorato per 5 mesi nel mattatoio, sempre nel turno notturno – dalle 17.30 alle 4 del mattino – trasportando pezzi di carne da 20 kg in ambienti con temperature sempre al di sotto dei 12 gradi. Terminato il turno, gli impiegati tornano agli alloggi forniti dagli intermediari, spesso fatiscenti, angusti e sporchi : otto persone possono vivere all’interno dello stesso monolocale, condividendo un bagno e una cucina. Alcuni non resistono a lungo e tornano indietro dopo poche settimane; molti altri vengono licenziati prima della fine dei sei mesi di prova, in modo che l’azienda possa avvalersi della procedura di licenziamento rapido, che lascia il lavoratore del tutto privo di garanzie. Il governo regionale della Renania settentrionale era da tempo a conoscenza della situazione, come dimostra un rapporto prodotto nel 2019 in cui venivano denunciate le precarie condizioni di lavoro dei mattatoi; da allora, tuttavia, niente è cambiato.

Il risvolto giudiziario

Nel 2017 l’ambigua attività delle società di intermediazione è finita sotto la lente di ingrandimento della giustizia tedesca: la procura di Duisburg ha accusato di evasione fiscale diversi imprenditori implicati nella gestione di queste società. L’inchiesta, partita da “mere” questioni tributarie, ha scoperchiato il sistema di abusi e malaffare legato all’industria della carne. Il processo si è concluso con diverse condanne, anche di molti romeni con legami in Germania impegnatisi per anni nel traffico di lavoratori. Uno di loro è riuscito a fuggire prima dell’arresto e a cambiare identità; in breve tempo l’Interpol ha scoperto il suo nascondiglio, ma non ha potuto arrestarlo, dal momento che il suddetto intermediario si era impiccato prima di cadere nelle mani della giustizia.

Speranze di cambiamento

Se il Covid-19 non si fosse diffuso con tanta velocità all’interno del mattatoio Tönnies difficilmente la vicenda sarebbe finita sotto i riflettori della stampa internazionale. Il mese scorso il ministro del Lavoro romeno, Violeta Alexandru, si è recata a Berlino per discutere con il suo omologo tedesco di possibili cambiamenti legislativi. Tutti sono concordi sulla necessità di eliminare il sistema degli intermediari, dando all’azienda la piena responsabilità del pagamento dei salari e del rispetto delle condizioni di lavoro.

Il miliardario Clemens Tönnies si è dichiarato disposto, suo malgrado, ad accettare possibili modifiche normative. Difficile credere, tuttavia, che un sistema di cui molti hanno approfittato per anni possa essere cancellato in breve tempo. Gli unici a patire, come sempre in questi casi, sono i lavoratori romeni e bulgari, molti dei quali si trovano adesso in quarantena nelle loro fatiscenti case tedesche, ambiente ideale per la trasmissione del contagio. Sebbene la normativa preveda che essi continuino a essere pagati integralmente anche durante la convalescenza, l’azienda ha comunicato che riceveranno soltanto il 60% della paga ordinaria.

Tutto questo non fa che aumentare il senso di frustrazione crescente di Romania e Bulgaria, i cui cittadini sentono sempre più spesso di essere europei di serie B.


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