Il presidente uscente Băsescu e il socialdemocratico Geoana al ballottaggio del prossimo 6 dicembre per eleggere il nuovo capo di stato romeno. Decisivo il voto dei liberali. Passa a grande maggioranza il referendum che trasforma il parlamento di Bucarest in unicamerale riducendo da 471 a 300 i parlamentari
In Romania, al primo turno delle elezioni presidenziali di domenica, i cittadini hanno smentito tutti i sondaggi che prevedevano una bassa affluenza al voto. Malgrado la campagna elettorale, centrata più su attacchi personali che su proposte per uscire dalla crisi economica, i cittadini hanno superato un importante test di democrazia con una presenza alle urne del 54,15%, rispetto a una previsione che non superava il 49%.
Non è chiaro cosa abbia spinto i romeni al voto in numero più elevato rispetto alle precedenti elezioni di cinque anni fa. Forse è stata la crisi, o il referendum che proponeva l'istituzione di un parlamento unicamerale e la diminuzione del numero dei parlamentari del 30% circa, oppure la dura battaglia messa in scena dai principali candidati alla carica più alta dello Stato in una repubblica semi-presidenziale .
Quello che è certo è che con la loro presenza alle urne e con il loro voto i romeni hanno deciso di approvare (con una maggioranza vicina all'80%) il referendum proposto dal presidente uscente Traian Băsescu per trasformare il parlamento di Bucarest da bicamerale a unicamerale, riducendo al tempo stesso il numero di parlamentari da 471 a 300.
Considerata dai critici come un primo passo verso la dittatura, il referendum iniziato da Băsescu è stato però percepito in modo positivo dall'elettorato, che ritiene giusto diminuire il numero dei parlamentari e quindi le spese della politica, soprattutto ora che la Romania attraversa una profonda crisi economica, dopo nove anni di crescita continua culminati nell'aumento record del PIL dell'anno scorso, pari al 9% (il più significativo in tutta l'area UE).
Secondo i risultati parziali, si sono aggiudicati la partecipazione al secondo turno del 6 dicembre Traian Băsescu,sostenuto dal Partito Democratico-liberale che ha ottenuto 32,43% dei voti e il socialdemocratico Mircea Geoana che ha convinto il 31,16% dei votanti.
Il liberale Crin Antonescu ha raccolto 20,02% delle preferenze, il leader nazionalista estremo Corneliu Vadim Tudor 5,55%, il rappresentante della minoranza magiara, Kelemen Hunor il 4,84%, mentre l'indipendente Sorin Oprescu, sindaco della capitale Bucarest ha avuto solo il 3,18% nonostante sia partito come la potenziale sorpresa di queste elezioni presidenziali.
Alle 21 di domenica sera, alla chiusura dei seggi, le principali tv del paese si sono collegate in diretta con le sedi dei candidati. Per primo ha parlato Traian Băsescu, che si è congratulato con l'elettorato per la partecipazione oltre il 50%, risultato che ha garantito la vittoria del referendum da lui proposto e che sarà una delle sue armi elettorali al ballottaggio.
Băsescu ha poi rivendicato la vittoria relativa al primo turno e infine, corteggiando l'elettorato liberale, che si rivelerà decisivo al secondo turno, ha ricordato che la maggior parte dei romeni ha votato a destra, la stessa che nel 2004 si trovava sotto l'ombrello dell'Alleanza Giustizia e Verità, poi naufragata.
Dal suo canto il leader socialdemocratico Mircea Geoana ha ringraziato gli elettori che hanno votato candidati alternativi a Băsescu e ha fatto un appello all'unità :"Dobbiamo unire il paese e riparare il male fatto negli ultimi cinque anni, segnati da scandali. Quello che unisce e più importante di quello che divide. Se siamo uniti, nulla è impossibile", ha detto Mircea Geoana, che spera di raccogliere al ballottaggio anche i voti dei liberali.
A caldo, il leader liberale Crin Antonescu ha dichiarato che i romeni che l'hanno votato hanno dimostrato che la loro volontà può essere sentita in Romania malgrado le macchine di propaganda utilizzate, ricordando poi le enormi manipolazioni degli istituti demoscopici che "hanno mentito in tutta la campagna elettorale" (i sondaggi davano Crin Antonescu intorno al 18%).
Sono iniziati intanto i negoziati per il secondo turno. Il candidato del Partito Socialdemocratico, Mircea Geoana spera di convincere innanzitutto l'elettorato liberale. Come programma e orientamento i liberali sono più vicini ai democratici-liberali dell'attuale presidente che ai socialdemocratici, ma in questo caso tutto è centrato sulla persona di Băsescu che nessun partito vuole più vedere per altri cinque anni a Palazzo Cotroceni, sede della presidenza romena.
In questi anni Băsescu è riuscito ad entrare in conflitto con tutte le istituzioni e i partiti, dal governo al parlamento, dagli ex alleati come i liberali fino all'intero spettro parlamentare. Personaggio carismatico e diretto, durante il suo mandato Băsescu ha condannato il comunismo e ha chiesto di mandare a giudizio politici accusati di corruzione (nessuno ha ricevuto però una condanna). E' stato sospeso dal parlamento, ma riconfermato da un referendum popolare, in quanto visto dagli elettori come una vittima dei partiti con lui in conflitto.
Băsescu, come ex ministro dei Trasporti, è stato indagato assieme ad altre 79 persone nel "dossier Flota" per la vendita di 16 navi e una perdita a danno dello Stato di 260 milioni di euro. Durante il suo mandato però la giustizia ha deciso che dall'affare non solo non vi erano stati danni per lo Stato, ma addirittura benefici.
Nei cinque anni di mandato Băsescu è stato accusato di alimentare un clima di instabilità politica e di non essere parziale, favorendo il suo partito, il Partito democratico liberale. Perciò, il leader del Partito liberale, Crin Antonescu ha dichiarato che esclude qualsiasi collaborazione con Băsescu, considerato "il male più grande per la Romania".
Secondo Antonescu, "Băsescu non è un candidato di destra, come sosteneva nella sera delle elezioni, ma è un candidato populista, un uomo che abuserà di qualsiasi potere". Antonescu ha poi aggiunto che un eventuale sostegno dato a Mircea Geoana nel secondo turno delle elezioni presidenziali dipende anche dal "progetto Johannis."
Klaus Johannis, appartenente alla minoranza tedesca, sindaco di Sibiu e principale artefice dell'esemplare sviluppo degli ultimi anni della città medioevale è stato proposto dai liberali alla carica di premier in un momento di crisi politica, ma il presidente Băsescu si è rifiutato sempre di nominarlo, nonostante il paese abbia da quasi due mesi un governo di minoranza, sfiduciato dal parlamento e formato dai soli democratici liberali.
I liberali hanno un brutto ricordo dalla collaborazione con il Partito democratico liberale all'interno dell'Alleanza Giustizia e Verità, un'esperienza che la leadership del partito non sembra disposta a superare. Il Partito Nazionale Liberale (PNL) rivendica il ruolo di principale partito di centro-destra in Romania. Durante il mandato di Băsescu i liberali hanno subito pressioni per una fusione con il Partito democratico di Băsescu, ma alla fine Băsescu ha creato un nuovo partito (i Democratici liberali) formato da democratici e da liberali che avevano lasciato il Partito liberale.
A Mircea Geoana, un diplomatico, manca il carisma di Băsescu, ex capitano della marina mercantile. Inoltre si porta dietro un partito considerato erede di quello comunista. I membri del suo partito sono stati coinvolti in diversi scandali di corruzione, dal livello centrale fino al livello locale.
Geoana, che promette molte misure di carattere sociale in questo periodo di difficile crisi economica, sostiene anche il progetto dei liberali di Klaus Johannis come possibile nuovo premier. Geoana si è dichiarato a favore anche del referendum che ha portato alla diminuzione del 30% del numero dei parlamentari.
E' difficile però prevedere se l'elettorato liberale potrebbe votarlo in massa, così come sembra che la dirigenza del partito potrebbe indicare. In queste ore circola voce che alcuni sindaci liberali daranno il loro appoggio a Băsescu. La battaglia finale si annuncia quindi dura e la vittoria non è data per scontata per nessuno dei candidati, nonostante Băsescu appaia oggi essere in vantaggio.
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