Nel 2024 la Romania affronta un intenso ciclo elettorale, con consultazioni europee, parlamentari, presidenziali ed amministrative. Secondo un dettagliato rapporto, però, il paese si affaccia all'appuntamento con un sistema democratico in seria difficoltà
Come è accaduto costantemente negli ultimi anni, un lento ma inesorabile declino della democrazia continua in Romania. Entriamo nell’anno delle “super elezioni” (europee, politiche, presidenziali ed amministrative), il 2024 con istituzioni indebolite e cittadini vessati quando rivendicano i propri diritti.
Queste sono alcune delle constatazioni del rapporto "Lo stato della democrazia nel 2023 ", realizzato dal Centro per l'innovazione pubblica, dal CeRe (Centro risorse per la partecipazione pubblica), ActiveWatch e dall'Associazione per la tecnologia e Internet, membri della coalizione “Le ONG per il cittadino".
Giunto alla terza edizione, il Rapporto è una sintesi delle principali sfide all’indirizzo della democrazia romena nel 2023.
Si parte dalla giustizia: il rapporto constata che di fronte alle istituzioni giudiziarie, cittadini comuni che si oppongono, nell'interesse pubblico, a progetti dannosi per l'ambiente e la salute, debbano pagare spese legali favolose.
Allo stesso modo, le ONG che contestano in tribunale progetti urbanistici che impattano l'ambiente e la salute delle persone vengono sciolte a seguito di processi avviati da sviluppatori immobiliari.
Le democrazie proteggono i diritti umani fondamentali, come la libertà di parola, di stampa, di associazione e di religione, garantendo che tutti i cittadini abbiano pari accesso ai diritti e alle opportunità.
Nel caso della Romania, si legge nel rapporto, i giornalisti che disturbano il sistema politico sono molestati dalle stesse istituzioni pubbliche che dovrebbero proteggere il loro status e il diritto alla libertà di espressione.
Allo stesso tempo, i partiti politici utilizzano in modo non trasparente le generose sovvenzioni dei fondi pubblici per influenzare l'agenda mediatica. Nell'ultimo anno, le ONG sopra citate hanno identificato nuovi tentativi di intimidire attivisti e leader di organizzazioni non governative da parte dei dirigenti di alcune istituzioni pubbliche.
Problemi nel campo dell’informazione
Difficile anche l’accesso alle informazioni, perché “le istituzioni pubbliche che desiderano nascondere informazioni continuano a farlo, e se i cittadini, le ONG o i giornalisti si rivolgono ai tribunali per ottenerle, i processi durano anche tre anni, senza che alla fine ci sia la garanzia di ottenerle o che i capi delle istituzioni saranno penalizzati”, cita il rapporto.
Non mancano infatti le situazioni in cui la consultazione pubblica delle informazioni è organizzata solo come una semplice formalità, per ottemperare ai requisiti legali: le istituzioni pubbliche optano per il periodo minimo di consultazione previsto dalla legge, anche in caso di dibattiti su progetti di legge complessi.
Inoltre, in alcuni casi, ai cittadini viene negato il diritto di partecipare alle sedute dei consigli locali presso i municipi. Allo stesso tempo, le istituzioni pubbliche hanno approfittato dell'introduzione, nel 2022, di un'eccezione arbitraria nella legislazione sulla trasparenza decisionale e continuano la tendenza degli anni precedenti: l'urgenza è la regola, non l’eccezione, hanno notato le ONG.
Politica, istituzioni e stato di diritto
Nel 2023, il governo ha continuato ad abusare dello strumento dell'ordinanza, usurpando il ruolo di legislatore del parlamento. Sono state adottate 129 ordinanze di urgenza e 42 ordinarie, e non sono mancate le famigerate "ordinanze-trenino", che regolamentano più settori in un'unica normativa.
Il parlamento continua poi a fare nomine politiche alla guida di istituzioni indipendenti, compromettendone la capacità. Un esempio è il Consiglio Nazionale per la Lotta contro la Discriminazione, nel quale sono state fatte nuove nomine non basate sulla competenza, ma piuttosto su criteri politici, che hanno portato a decisioni controverse, come sanzionare una mostra d'arte per aver offeso i sentimenti religiosi di alcuni cittadini.
Persino l'esercizio delle elezioni è stato sabotato: nel 2023, il potere politico ha continuato a rifiutarsi di organizzare le elezioni negli oltre 50 comuni dove i sindaci eletti nel 2020 hanno perso i loro mandati (per problemi riguardanti la giustizia o per dimissioni), perpetuando così una situazione di stallo della democrazia, evidenzia il rapporto.
Uno dei principali temi che caratterizza il dibattito sulla democrazia in Romania è infatti l'affermazione delle istituzioni democratiche e lo stato di diritto. La necessità di un sistema giudiziario indipendente, trasparente ed efficace è stata al centro delle riforme post-rivoluzionarie, ma il percorso per raggiungere questo obiettivo è ancora complesso, con sfide legate alla corruzione, alla lentezza dei processi giudiziari e alla fragilità delle istituzioni democratiche.
“Il finanziamento a carico dello stato dei grandi enti televisivi, ma anche di diversi siti web, porta alla modificazione della realtà e alla trasformazione di notizie in propaganda, alla diminuzione dell'influenza di chi opera attraverso una corretta informazione e, indirettamente, alla manipolazione dei processi elettorali”, nota in un commento l’edizione in lingua romena della Deutsche Welle.
Scarsa fiducia nella democrazia
Analizzando la posizione della Romania nell'indice annuale delle democrazie , redatto dal gruppo britannico The Economist la Romania occupa oggi il 62-esimo posto su 167 paesi. Al livello dell’UE occupa praticamente l’ultimo posto.
L'indice tiene conto di criteri chiave per valutare la democrazia come: i processi elettorali e il pluralismo, il funzionamento del governo, la partecipazione politica, la cultura politica e le libertà civili.
Che la Romania rispetti meno di tutti gli altri paesi dell’UE i principali aspetti della democrazia, si riflette anche nella fiducia dei romeni, soprattutto dei giovani. Secondo un sondaggio realizzato dall’Istituto Romeno per la Valutazione e Strategia (IRES) , la maggior parte dei giovani di eta tra 18 e 35 anni (78%) hanno poca o nessuna fiducia nella democrazia in Romania.
D’altronde, lo stesso sondaggio indica che il 67% dei giovani intervistati, vorrebbe lasciare temporaneamente o per sempre la Romania ed è poco probabile che le promesse elettorali in corso saranno destinate a far loro cambiare idea.
Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!