Fichi alle noci, torrone, sorbetto alla menta... un profumo orientale caratterizzava in passato Adah-Kaleh, minuscola e leggendaria isola nel Danubio, stretta tra Romania e Serbia. Non esiste più da un mattino del 1971, fatta sparire dall'uomo
(Tratto da Les Nouvelles de Roumanie e pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans il 29 agosto 2014)
In passato, a tre chilometri a valle di Orsova, Ada-Kaleh, isolotto lungo poco più di un chilometro e mezzo e largo cinquecento metri, era brulicante di vita. Vi viveva una comunità d'origine turca di un migliaio di persone. Piccoli artigiani e commercianti che proponevano nelle loro botteghe profumi di petali di rose, gioielli e prodotti provenienti dall'Oriente.
Il profumo di tabacco aromatizzato che si respirava nel suk ricordava ai turisti che facevano visita all'isola di essere in un luogo unico in Europa. Una Tangeri nel mezzo del Vecchio Continente, esente da tasse e imposte come il porto franco dell'Africa settentrionale.
Oggi però non resta che un cartello, posto lungo la magnifica strada che accompagna il Danubio. Ne menziona solo il nome, senza descrivere che tesoro di civilizzazione è andato perso. Ceaușescu ha infatti deciso di sacrificare Ada-Kaleh, affondandola sotto i flutti del Danubio per costruire, assieme alla vicina Jugoslavia, la centrale idroelettrica delle Porte di Ferro. La dinamite ha segnato la sua morte nel 1971.
La Gibilterra d'Occidente
Le origini di Ada-Kaleh si perdono nei tempi. In passato era chiamata Erythia e non ha adottato il suo nome definitivo, che significa in turco “Isola fortificata”, che nel 1430, come testimonia un rapporto redatto da cavalieri teutonici che analizzava lo stato delle piazzeforti della regione del Banato lungo il Danubio e che indicava che vi abitavano circa 200 persone.
Comprendendone il valore strategico – l'isola di fatto controllava tutto il traffico lungo il Danubio – l'Impero Austroungarico decise di rinforzare nel 1689 le sue fortificazioni, per mettersi al riparo dalla incursioni ottomane. Ada Kaleh, dotata di una doppia cinta di mura che arrivavano, come spessore, a venti metri, divenne così la Gibilterra dell'est. Ma a partire dal 1739, a seguito del trattato di pace di Belgrado, passò in mano ai turchi – all'eccezione di un triennio tra il 1789 e il 1791 – che l'occuperanno sino alla firma di un altro trattato di pace, quello di Berlino, nel 1878.
Questo trattato - dove si fissano le nuove frontiere d'Europa in particolare a seguito delle guerre d'indipendenza nell'est tra le quali quelle riguardanti Serbia e Romania - espelle la Sublime porta che riesce a mantenere solo un piccolo avamposto in Europa, in Bulgaria, per ancora una trentina d'anni.
Stranamente il trattato di Berlino dimenticò di regolare le sorti di Ada Kaleh che restò ufficialmente in mano ai turchi ma che fu immediatamente occupata dagli austro-ungarici, sino alla loro sconfitta nella Prima guerra mondiale. Nel 1918 vi si installarono i rumeni, schierati dalla parte degli alleati.
Questi accadimenti della storia in realtà non hanno colpito che moderatamente la popolazione locale.
Da paradiso fiscale alle acque del Danubio
La Romania fece dell'isola un paradiso fiscale e vi costruì una scuola - dove si insegnava sia il rumeno che il turco – una fabbrica di sigarette, una di torroni e una di lokum e un laboratorio tessile. Vide luce anche l'edificio comunale, una biblioteca, un cinema, un ufficio postale e una stazione di trasmissione radio. Vennero costruite infine una chiesa ortodossa ed una moschea.
Una prosperità che attirò numerosi turisti, tra il quali anche il Re Carol II e, più tardi, la nomenklatura comunista. Attirò anche l'attenzione dei contrabbandieri che vi costruirono tunnel sotto il fiume per portare illegalmente le loro merci in Jugoslavia. Si racconta che lo stesso Re Carol I profittò notevolmente di questo commercio illecito.
La campana per l'isola suonerà però nel 1967, quando Ceaușescu prese la decisione definitiva di farla sparire nelle acque del bacino artificiale formato dalla costruzione dell'immensa diga che prenderà poi il nome di “Porte di ferro”. Voci su quanto sarebbe accaduto si rincorrevano già dal 1963 e avevano già causato la partenza verso la Turchia, terra delle loro origini, di circa 600 degli abitanti. Portarono con sé poche cose e lasciarono una vita dorata. Molti, si dice, poi morirono di nostalgia. I pochi che rimasero sull'isola se ne dovettero andare negli anni successivi, i più verso Bucarest o la regione della Dobroudja.
I lavori di costruzione della diga iniziarono nel 1971. Le autorità promisero in quegli anni di trasferire tutte le ricchezze archeologiche e storiche in un altro sito, a valle delle Porte di Ferro, pochi chilometri ad est di Turnu-Severin, sull'isola di Simian, e di reinstallarci anche la popolazione. Ma queste promesse rimasero tali.
Di Ada-Kaleh non rimangono che i numerosi racconti dei viaggiatori tra le due guerre, che partivano su barche a remi dalle rive del Danubio per degustare sull'isola il sapore del caffè turco, fumare il narghilé distesi su sofà di ricche stoffe prima di ritornarsene a casa pieni di acquisti.
E rimane una leggenda: si racconta che il sultano Kaleh, geloso dello splendore della più bella moglie del suo harem, Ada, aveva deciso di nasconderla proprio qui dallo sguardo altrui. E sarebbe poi affogato, assieme a quest'ultima nei flutti del Danubio durante una passeggiata. Tragico presagio di avvenimenti futuri.
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