Nel centenario della sua nascita, e in occasione di un convegno che si tiene oggi e domani a Venezia, pubblichiamo la biografia dello scrittore serbo Aleksandar Tišma, gentilmente concessa dalla Fondazione con sede a Novi Sad a lui dedicata
Aleksandar Tišma (Horgoš, 16 gennaio 1924–Novi Sad, 15 febbraio 2003)
Aleksandar Tišma nacque a Horgoš, una località del meridione del Regno di Ungheria che dopo la Prima guerra mondiale entrò a far parte del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni. La madre, Olga Müller, proveniva da una famiglia ebrea di mercanti (la nonna di Tišma, Teréz Müller ne scrisse nelle sue memorie dal titolo Istinita priča [Una storia vera] Novi Sad, Akademska knjiga, 2012). Olga che amava ogni genere d’arte si diplomò alla scuola comunale di Subotica.
Il padre Gavra, serbo, proveniente dal villaggio di Visuća presso Gospić, sulla Frontiera militare austroungarica, grazie a una borsa di studio completò il ginnasio a Sremski Karlovci ma scelse di non perseguire gli studi teologici. Su consiglio dell’organizzazione umanitaria Privrednik iniziò l’apprendistato presso Schwarz, un commerciante di Segedin. Trascorse la Prima guerra mondiale nell’ufficio dell’intendenza e, a guerra conclusa, tornò a lavorare a Horgoš dove conobbe la sua futura moglie Olga.
Riferendosi al matrimonio dei suoi genitori che si erano trasferiti a Novi Sad a causa del lavoro del padre, Tišma ne parlò come di un’unione basata sugli opposti. Aleksandar crebbe così come figlio unico con un padre estroverso, ottimista e amabile e una madre malinconica, introversa e incline all’arte la quale insisté perché suo figlio studiasse fin da piccolo le lingue straniere (oltre al serbo e all’ungherese, Tišma parlava correntemente inglese, tedesco e francese).
E, come dirà più tardi, la loro appartenenza a “civiltà in disaccordo” lo spinse fin da giovanissimo ad affrontare questioni identitarie scegliendo il compromesso e non l’esclusività che al contrario gli ripugnava. Invece di scegliere una comunità, Tišma trasformò l’elemento della doppia identità, insieme alle sue inclinazioni artistiche, nella posizione di un individuo distaccato, un osservatore che non partecipa al mondo ma che lo guarda e lo analizza. Nonostante il sentimento di insicurezza, questa stessa condizione lo portò a optare per l’attività di scrittore per vedere e raccontare tutto ciò che gli altri danno per scontato rifratto attraverso un punto di vista originale e personale – che Tišma abbia avuto una natura analitica è testimoniato dal suo Dnevnik (Diario, 2001) nel quale sottopone se stesso e ogni ambiente nel quale si trova a vivere a una rigorosa vivisezione.
Nel diario che tenne fin dalla prima giovinezza (1942–2001), così come nell’autobiografia Sečaj se večkrat na Vali del 1992, Tišma scrisse che, all’inizio della Seconda guerra mondiale i suoi pensieri erano rivolti all’individuo, al personale e non al generale. Durante l’occupazione fu espulso dal liceo serbo per un reato banale ma il rastrellamento di Novi Sad del gennaio 1942, in cui morirono membri di entrambi i popoli cui apparteneva per nascita (sua nonna rimase viva per circostanze fortuite), lasciò impressa nel giovane Tišma una profonda cicatrice.
Le sue esperienze personali di quell’epoca saranno raccolte in una narrazione realistica, il romanzo dal titolo Il libro di Blam. Rifugiatosi poi presso sua nonna Teréz a Budapest (dove la persecuzione degli ebrei non aveva ancora preso piede), si iscrisse alla Facoltà di Economia, per poi abbandonarla presto per il corso di Lingua e Letteratura francese della Facoltà di Filosofia. Fu affascinato dalle lezioni sulla letteratura contemporanea – Proust, Joyce, Mann, Virginia Woolf, Celine.
Nel 1944, dopo l’occupazione nazista dell’Ungheria, fu mandato con centinaia di altri suoi compagni di studio in un campo di lavoro in Transilvania, dove trascorse sei mesi e dove per la prima volta, come disse in seguito, sentì la vicinanza alla comunità e “provò amore per le persone” (questo “ritorno” alla comunità sarebbe stato fondamentale anche per il futuro scrittore, che aveva necessità di conoscere la natura umana e 'la nuda vita ' per poterne scrivere in modo realistico).
Tornato alla casa paterna a Novi Sad, si ammalò di ittero e trascorse quindi la convalescenza presso un salaš* nelle vicinanze, immerso nella lettura. Secondo quanto raccontò, prima della fine della guerra la sua più intensa esperienza fu causata da Proust – quando mise le mani su Dalla parte di Swann in francese. Nello stesso tempo questa esperienza rappresentò anche una delusione per il futuro scrittore, perché in quel momento si rese conto che tutti i libri che voleva scrivere “erano già stati scritti”.
Dopo la liberazione grazie al sostegno di un compagno che lo portò a Sombor, arrivò al quartier generale del Terzo Esercito popolare di Liberazione dove lavorò nella redazione di Bilten (Il Bollettino). Vivendo in mezzo ai vincitori – soldati dalla cosiddetta “mentalità montanara”, così diversa dalla sua “pannonica” – Tišma sentì il fascino dello stile di vita “spontaneo” e “elementare”. Quel lavoro con l’esercito, in cui fu presto assunto come censore presso l’ufficio postale militare, lo salvò, così credeva, da morte certa al fronte dello Srem dove venivano mandati giovani come lui, inesperti e non avvezzi alle armi. Secondo le direttive del nuovo governo, il negozio di suo padre Gavra fu confiscato e a casa sua furono sistemati coinquilini sconosciuti.
La speranza di riuscire ad andare in Francia, dove aveva dei parenti, ben presto si infranse – non riuscì a superare il concorso per andare a studiare in quel paese e, inoltre, ogni tentativo fatto per ottenere il passaporto dalla Jugoslavia socialista fu privo di successo. Iniziò a lavorare come giornalista a Slobodna Vojvodina (Vojvodina libera) nelle redazioni di Sremska Mitrovica e Subotica, sentendo tutto il peso di un giornalismo eterodiretto. A Novi Sad, la sede centrale a cui fu finalmente assegnato con l'incarico di giornalista per la sezione economica, fu un sollievo trovarsi in mezzo a persone a lui più affini. Nell'estate del 1947 fu coinvolto in una azione di lavoro volontario (radna akcija) in Bosnia, per poi essere chiamato a completare il servizio militare a Sarajevo e Mostar.
Nel 1948, quando si candidò ad aderire al Partito, entrò nella redazione belgradese di Borba (La lotta), voce ufficiale del Partito Comunista che aveva la missione di educare le masse, un giornale che, come dirà in seguito, nessuno leggeva né comprava. Nel periodo dello scontro di Tito con il Cominform, proprio grazie al suo naturale isolamento sociale e al suo sostanziale disinteresse per la politica, Tišma riuscì a evitare di essere segnalato con la possibile punizione della deportazione a Goli Otok. Si iscrisse quindi a Storia dell’arte ma l’abbandonò presto per gli studi di Germanistica che gli si confacevano maggiormente.
Nel 1949 trovò nuovamente lavoro a Novi Sad, dove divenne segretario amministrativo della Matica srpska (vi rimase fino alla pensione lavorando in seguito come redattore della casa editrice) e dove conobbe Boško Petrović e Mladen Leskovac. L’anno successivo iniziò a scrivere recensioni di pubblicazioni in lingua straniera in campo letterario per Letopis Matice srpske (La cronaca della Matica srpska). Tradusse inoltre dall’ungherese e in seguito dal tedesco e su Letopis pubblicò il suo primo racconto Ibikina kuća (La casa di Ibika).
Incoraggiato dall’affetto e dagli elogi dello scrittore Boško Petrović, un Aleksandar Tišma più maturo e sicuro di sé cominciò a scrivere sia poesie che opere teatrali (ormai i dirigenti comunisti lo lasciavano in pace visto che era stato espulso dal Partito). All’inizio del ‘52 si sposò con la bellissima collega Sonja Drakulić, con cui lo stesso anno ebbe un figlio, Andrej. Desiderava scrivere un romanzo su un tema e una questione che lo toccavano da vicino: i tentativi dei giovani di lasciare il paese in una società socialista del dopoguerra. Nel 1955, due anni dopo la morte del padre, Tišma a 33 anni ottenne il passaporto e per la prima volta compì quel viaggio a Parigi che da tempo desiderava. Pur trovandosi bene nella capitale francese, tornò alla famiglia e alla Matica srpska, dove nel 1958 pubblicò i suoi primi diari di viaggio.
Da allora la sua carriera letteraria iniziò a crescere. Pubblicò la raccolta di racconti Krivice i Krčma (Colpe e osterie, 1961). Nello stesso anno andò in Polonia, dove scrisse il famoso diario di viaggio Meridijani srednje Evrope (Meridiani dell’Europa centrale). Durante quel viaggio, Tišma sperimentò una sorta di intuizione epifanica che segnò un punto di svolta per lui come scrittore. L’ebraismo, al quale apparteneva per nascita, e l’Olocausto (anche se non vissuto in prima persona) diventarono i temi dominanti di racconti e romanzi con i quali lo scrittore raggiunse il proprio apice letterario e che gli valsero numerosi premi.
I romanzi Il libro di Blam (1972), L’uso dell’uomo (1976), Kapò (1987) e la raccolta di racconti La scuola di empietà (1978), dove è centrale il tema del male nel mondo e nell’uomo “civilizzato”, furono tradotti in 17 lingue permettendo a Tišma di diventare uno scrittore apprezzato e letto fuori dallo spazio culturale serbo e jugoslavo.
Divenne collaboratore esterno dell'Accademia delle scienze della Vojvodina (VANU) nel 1979 e membro a pieno titolo nel 1984. Fu eletto membro effettivo dell’Accademia serba delle scienze e delle arti (SANU) nel 1991 e vicepresidente della sua sezione a Novi Sad nel 1992. Nel 2002 divenne membro dell’Accademia dell’arte di Berlino. Gli furono attribuiti numerosi riconoscimenti: il Premio Branko (1957); il Premio di ottobre di Novi Sad (1966); il Premio Nolit (1977); il Premio Nin (1977); il Premio della Biblioteca nazionale di Serbia (1978); il Premio Szirmai Kàroly (1977 e 1979); il Premio Andrić (1979); il Leipzig Book Award for European Understanding (1995); il Premio di Stato austriaco per la letteratura europea (1995); Cavaliere dell’Ordine Nazionale al merito francese (1997).
Nel discorso di adesione all’Accademia, che consiste nel racconto dal titolo Nenapisana priča (Storia non scritta, 1989), Aleksandar Tišma espose il nucleo della sua poetica basata su un approccio realistico, ovvero sulla convinzione che si può scrivere solo di esperienze non vissute in prima persona, verso cui, nel laboratorio dello scrittore, è stata stabilita la necessaria distanza.
Che la dualità tra la vicinanza dell’artista al mondo e la sua contemporanea separazione da esso sia la base di tutta la sua opera, lo testimonia anche l’autobiografia in cui Tišma parla della sua vita fino alla morte della madre. Di questo evento della sfera più intima e dalla indubbia, enorme carica emotiva, Tišma ne scrisse senza tralasciare lo sfondo sociale, dove si stava consumando un’altra tragedia su scala molto più ampia, di cui furono vittime individui e intere comunità.
Le ragioni della disgregazione della Jugoslavia e delle guerre degli anni ‘90 sono rappresentate nella prosa autobiografica Sečaj se večkrat na Vali in modo conciso e e obiettivo, il che, a seconda delle inclinazioni dei lettori, ha portato a valutazioni diverse di quest’opera. La morte della madre e la disgregazione del suo Paese – al quale Tišma guardava con il suo caratteristico perenne distacco (ma che per lui era simbolo di una sorta di comunità, il che significa che dovette subire la perdita di una doppia “ala protettiva”) – rappresentarono un altro punto di svolta nella vita dello scrittore.
Dopo il 1990, l'ultimo decennio del XX secolo vide un graduale dissolvimento dell’ambiente che era stato – per quanto poco stimolante e carico di esempi di valori negativi – l’unico vero contesto del mondo narrativo di Tišma. Dopo aver raggiunto la fama anche in Europa, simbolo di uno spazio di libertà al quale da sempre agognava – con un tocco di malinconia che emana da tutte le sue opere in cui il male è una presenza e l'umanità e la giustizia terrena un’assenza della quale si sente perennemente la mancanza – Aleksandar Tišma stava cominciando a mettere ordine nei suoi affari.
Dopo la morte di Aleksandar Tišma avvenuta il 15 febbraio 2003, grazie all’iniziativa di suo figlio Andrej, anche lui un noto artista, la casa editrice Akademska knjiga di Novi Sad ha iniziato a pubblicare la sua opera omnia. Il primo libro pubblicato all’interno di questo progetto è stato il romanzo Ženarnik (Repertorio di donne, 2010), un’opera che era stata conservata in forma manoscritta. Nel 2015 è stata girata una serie per la radiotelevisione della Vojvodina la cui sceneggiatura è basata sul romanzo di Tišma Vere i zavere (Fiducia e tradimento, 1983).
*Tipica tenuta di campagna della Vojvodina.
Traduzione dal serbo di Annalisa Castelli.
Opere di Tišma tradotte
Di Aleksandar Tišma sono disponibili in traduzione italiana: Scuola di empietà (traduzione di Lionello Costantini, Roma, E/O, 1988), L’uso dell’uomo (traduzione di Lionello Costantini, Milano, Jaca Book, 1988, 2017), Pratiche d’amore (traduzione di Branka Ničija, Milano, Garzanti, 1993), Il libro di Blam (traduzione di Ines Olivari Venier, Milano, Feltrinelli, 2000), Kapò (traduzione di Alice Parmeggiani, Rovereto, Zandonai, 2010), Novi Sad. I giorni freddi (Lugano, ADV, 2012) e Senza un grido (traduzione di Alice Parmeggiani, Pavia, FinisTerrae, 2024).
Il 18 e 19 novembre si svolge a Venezia il convegno "One Hundred Years of Aleksandar Tišma. Truth and literature", organizzato da Università Ca’ Foscari Venezia, Venezia Legge i Balcani, Akademska Knjiga, Associazione Italiana degli Slavisti.
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