Il 16 agosto di 36 anni fa moriva a Belgrado Duško Radović, scrittore, critico, poeta, giornalista. Negli anni settanta era diventato famoso per la sua trasmissione radiofonica "Buongiorno Belgrado" in onda alle 7.15 del mattino. Un ritratto di uno degli scrittori più letti nella regione
Durante gli studi di letteratura a Sarajevo avevo alcune colleghe e colleghi provenienti dalla Serbia. Ritrovandoci all’inizio del secondo anno di corso, nell’autunno di quel lontano 1975, parlavano con entusiasmo di un programma radiofonico condotto da Duško Radović, intitolato “Beograde, dobro jutro” [Buongiorno, Belgrado]. “Tutti lo ascoltano […] È come se il mondo si fermasse alle 07:15, sia i vecchi che i giovani, tutti – dagli spazzacamini ai medici, dai contadini al mercato ai professori! Quell’uomo è un miracolo, come anche la sua trasmissione! Da uno studio situato al 23° piano e ultimo piano della ‘Beograđanka’ parla e spesso anche critica tutti, non risparmia né il potere né la gente comune…”.
La radio Studio B [su cui andava in onda il programma “Buongiorno, Belgrado”] non si poteva ascoltare in Bosnia, e in nessun altro luogo al di fuori della zona compresa nel raggio di 100 chilometri da Belgrado. Mi convinsi che Duško Radović e la sua trasmissione fossero “un miracolo” l’estate successiva, mentre ero in visita ai miei parenti a Belgrado. A dire il vero, il mondo non si era fermato, ma nell’appartamento dei miei cugini la radio era accesa molto prima dell’inizio della trasmissione di Radović. “Cosa avrà preparato oggi? Ah, è un vero diavolo”, diceva una mia vecchia zia. Durante la trasmissione, che durava solo cinque, sei minuti, con la canzone “U ranu zoru” [Al mattino presto] in sottofondo, Radović parlava con una voce seria, tanto che sembrava che all’ultimo piano del palazzo “Beograd” – anziché pronunciare le sue brevi, vivaci riflessioni sulla sua città e i suoi abitanti – interpretasse una sua personale versione del personaggio di Tiresia dell’Antigone di Sofocle. È vero, non risparmiava nessuno, spesso nemmeno se stesso.
Successivamente, man mano che la sua trasmissione stava diventando sempre più popolare, gli appunti di Radović, partendo dalle onde radio, si trasformavano nei libri “Buongiorno, Belgrado 1,2,3” (1977, 1981, 1984), e lui, mentre era ancora in vita, divenne una leggenda.
Duško Radović racconta se stesso, dalla nascita all’epitaffio
“Sono nato a Niš nel 1922. Ho vissuto sei anni nella mia città natale, poi altri dieci anni a Subotica. Dal 1938 vivo a Belgrado. Ho finito la scuola superiore e, come la maggior parte degli scrittori belgradesi, ho studiato all’Università di Belgrado. Io per un solo semestre, e gli altri per un periodo molto più lungo. Ho iniziato a scrivere per autodifesa. Mi difendevo da tutti quelli che mi intimidivano con la [loro] salute, forza, bellezza, con migliori risultati scolastici. Cercavo delle scuse, cercavo di convincere me stesso e gli altri che non ero peggio di loro, bensì solo diverso. Esistono anche le eccezioni, ma io credo che l’arte sia un lavoro per quelli che non stanno bene con se stessi. Loro [gli artisti] sviluppano i sensi e le caratteristiche di cui le persone sane e di successo non hanno bisogno. Nessuno conosce le persone meglio degli artisti. E questa preziosa conoscenza si raggiunge attraverso una drammatica cognizione di sé. Ho coniato anche un epitaffio adeguato al mio caso: Capiva molto più di quanto non sapesse”.
Come possiamo vedere, Radović non ha abbellito questo testo autobiografico con i titoli dei suoi numerosi libri per bambini – che sono perlopiù libri di poesie – né tanto meno con i summenzionati libri nati dal suo programma radiofonico quotidiano. (Nella letteratura serba, ma anche nelle letterature di altri popoli slavomeridionali, vi è solo un altro esempio di tale continuità espressiva. Si tratta dell’opera di Branislav Nušić che, con lo pseudonimo di Ben Akiba, nel periodo tra il 1904 e il 1907, scriveva quotidianamente i suoi feuilleton satirici.)
Un gallo sopra la città
Dušan Petričić ha disegnato una caricatura di Radović: un gallo in cima al palazzo “Beograd”. Uno degli amici di Radović ricorda che una ragazza, in un saggio per la prova scritta in serbo-croato, aveva scritto: “Se quell’uomo non fosse diventato Dušan Radović, non sarebbe diventato nulla, perché l’unica cosa che sapeva fare era scrivere”. In un suo romanzo intitolato “Lav u Beogradu” [Un leone a Belgrado], pubblicato nel 1992, Slobodan Stojanović ha scritto, riferendosi a Radović: “Un uomo silenzioso, un po’ corrucciato, come se dentro di lui ci fosse qualcosa che lo tormentasse e gli facesse male. Fumava una sigaretta dopo l’altra. Sembrava che potesse addormentarsi da un momento all’altro”.
I suoi colleghi della redazione di Radio Studio B sostenevano che Radović non si preparava mai per le sue trasmissioni. Entrava nello studio senza alcun foglio né taccuino. Ma non ha mai saltato una sola trasmissione.
Duško – il Gallo sopra la Città. Aveva un becco lungo, penso che lo aguzzasse secondo i propri bisogni, interiori naturalmente. Non era fatto di rame, come quei galli sui camini che il vento fa girare come gli pare. Fu un gallo vivo che resisteva ai venti della mediocrità, della stupidaggine (soprattutto quella politica), dell’ipocrisia, dell’egoismo e della fuga dallo specchio in cui ognuno potrebbe riconoscere il proprio volto, ma anche i fatti scomodi della realtà sociale. Aveva un occhio acuto, con cui coglieva cose ordinarie, ma belle, cose di cui ci ricordiamo solo quando non ci sono più. In tutti i suoi testi, Radović ha cercato di costruire un rapporto speciale con i bambini, come se avesse voluto farci capire quanto siamo morti, ancora prima della morte, se soffochiamo il nostro bambino interiore.
Ecco solo alcune delle centinaia di riflessioni di Radović, che difficilmente possono essere rinchiuse in un genere ristretto come quello aforistico. Purtroppo, molte delle sue riflessioni ancora oggi sono estremamente attuali, e questo non solo perché Radović dubitava implicitamente del fatto che un pensiero scritto potesse effettivamente cambiare le persone.
Prima di riparare il mondo, riparate il rubinetto nel vostro appartamento. Il mondo sarebbe molto più felice e bello se ognuno riparasse un rubinetto o almeno i denti.
Alcune persone giovani sono diventate ufficiali di alto rango. Il loro dovere non è quello di interpretare e proteggere gli interessi dei loro coetanei, bensì di lottare contro di essi.
Picchiate i vostri figli appena vi accorgete che cominciano ad assomigliarvi.
Se in alcuni paesi occidentali non ci fosse Dio, molti dei nostri ragazzi non vedrebbero i loro genitori durante le feste di fine anno.
Oggi i professori di nuovo fumeranno [le sigarette] Zeta di nascosto per non essere notati dagli studenti che fumano le Kent.
Una Jelena del [Ginnasio] V di Belgrado ha finalmente trovato un ragazzo. Gli ha chiesto: Chi sei? E lui le ha risposto: Sono il tuo ragazzo.
Ieri un maialino piccolo, pulito e rossiccio ha attraversato correndo [il quartiere di] Konjarnik. È scappato dalla tavola di qualcuno. All’ultimo momento. Il sogno di ogni maialino è quello di morire da suino.
Stavamo meglio quando eravamo bambini rispetto ad oggi che abbiamo i figli. I figli sono impertinenti e ingrati.
Chi impedisce ai nostri lavoratori impiegati nella produzione diretta di conquistare il salario e di essere quello che dovrebbero essere in una società autogestita? Lo fa solo il potere. Non c’è nessun altro che può farlo.
Tra poco arriverà la primavera. Beati tutti quelli che ci tengono.
Investite nella pancia! È un investimento che dà risultati veloci e visibili. Investire nella testa è [un investimento] a lungo termine e incerto.
Amatevi quando non state insieme. Quello è il vero amore. Colui che è in grado di amare solo quando sta insieme a qualcuno, non sceglie con chi stare.
Il potere del Partito e la risposta del Piccolo Uomo della Radio
Poi, un giorno del 1982, nel periodo dopo la morte di Tito, quando definitivamente non mancavano i fedeli al Sistema, Duško disse nell’etere: “Se possiamo e dobbiamo fare a meno di Tito, possiamo anche fare a meno di molti altri”.
Ancora prima di questo “episodio”, la trasmissione di Radović era finita nel mirino del Comitato centrale della Lega dei comunisti della Serbia. Parlando di Duško, che era diventato “prepotente”, il Comitato centrale affermò: “Ultimamente gli aforismi nella popolare trasmissione satirica ‘Beograde dobro jutro’ assumono sempre più spesso i tratti di un messaggio politico, a chiaro sfondo moralistico e demagogico”. Alcuni potenti funzionari del partito, come Bogdan Pešić, Ivan Stambolić e il generale Nikola Ljubičić, divennero i più grandi oppositori di Radović. Stambolić aveva anche minacciato di chiudere Radio Studio B.
Suo fratello Brana sosteneva che Duško non avrebbe mai permesso che così tante persone rimanessero senza lavoro, per cui si era ritirato da solo. Ma la voce spenta di Radović riecheggiò non solo a Belgrado, ma in tutta la Jugoslavia. Il Partito si pentì, le reazioni e le proteste ebbero un certo effetto, spingendo Stambolić a sollecitare personalmente Duško Radović a tornare a Studio B. Ma Radović, ormai gravemente malato, rispose: “Sono il piccolo uomo della radio, ma non sono uno di quelli che si accendono e si spengono con un pulsante”.
Ai funerali di Radović era presente, come si suol dire, tutta Belgrado.
Tu dormi tranquillo, dormi/ sogna il tuo sogno/ e io vado avanti/ verso la mia inquietudine
Così recita una strofa della canzone “U ranu zoru”, il cui ritornello faceva da sottofondo musicale al programma di Radović.
Ma il divario tra Radović e i vivi resta comunque evidente. Duško ha trovato la sua quiete, lasciando ai vivi l’inquietudine della Storia che – come all’epoca nessuno poteva nemmeno immaginare – si sarebbe trasformata in una tragedia che ha portato alla dissoluzione dell’ex Jugoslavia e alle guerre degli anni Novanta.
Quella Serbia più onesta e progressiva ricorda Duško Radović: ci sono molte scuole e asili nido che portano il suo nome, anche alcune strade e biblioteche… “Quando i tempi sono duri”, mi dice un mio amico, “è bello volgere lo sguardo alla targa di via Duško Radović… molto meglio di… ma tu sai a chi e a cosa penso!”.
Duško Radović oggi
Il suo libro in tre volumi “Buongiorno, Belgrado”, ma anche i libri di poesie per bambini, hanno avuto molte edizioni. Radović ancora oggi è uno degli scrittori più letti nella regione. Un mio amico, che ormai da tempo vive da qualche parte negli Stati Uniti, sostiene che non ci sono pensieri migliori per la buonanotte e per l’insonnia di quelli di Radović. Suppongo che lui sappia risolvere al meglio questo paradosso, ma io vorrei aggiungere un’altra cosa. L’autore che con i suoi pensieri risvegliava i cittadini ancora sonnolenti e con gli occhi incollati, nel raggio di 100 km da Belgrado, comunque credeva nel potere della letteratura e della filosofia, ma anche dell’arte in generale.
Possiamo immaginare cosa direbbe oggi? Lui, l’uomo che nel periodo delle polemiche tra i linguisti serbi e croati a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, alla domanda su come si sentisse rispose: “Grazie della domanda, sto bene, ma mi sentirei ancora meglio se non ci fossero i serbi e i croati”.
Forse direbbe:
Se oggi non avete cominciato a decontaminarvi dai veleni dei cellulari, potete farlo anche domani.
Quando finisce l’epidemia di Covid 19, andate al parco più vicino o da qualche parte lungo la riva del Danubio e riflettete se questo sia l’unico virus al mondo che considerate come vostro. Se giungete alla conclusione che non è l’unico, ringraziate le erbe, gli alberi e l’acqua.
Perché vi lamentate nuovamente dei tycoon? Voi avete consentito la loro comparsa, ma non ne parliamo ora… Piuttosto, pregate Dio che [i tycoon] odierni vivano a lungo. Come perché? Come vi è venuta questa domanda? Quando verranno sostituiti dai loro figli, e poi dai loro nipoti, solo allora vi renderete conto che non erano poi così cattivi!
Non mandate i figli nelle scuole pubbliche. Lì ci sono ancora dei professori-dinosauri che ricordano il socialismo. Mandateli nelle scuole private, lì insegnano loro come vivere oggi.
Quelli che se la sono cavata bene durante la transizione non hanno mandato i loro figli al fronte. E quelli che non se la sono cavata bene? Quelli che sono diventati cattivi hanno mandato i loro figli al fronte, quelli che sono rimasti buoni hanno consigliato ai loro figli di disertare. Su questo non troverete nulla nelle costituzioni delle ex repubbliche sorelle, oggi stati indipendenti, ma troverete, almeno qualcosa, se farete una passeggiata tra i quartieri dei nuovi ricchi e tra i cimiteri dei soldati caduti. Ad ogni modo, il sole che splende nel cielo è sempre lo stesso.
Stanotte i nuovi poveri si sono avvicinati di nuovo e di nascosto ai vecchi cassonetti della spazzatura per cercare resti di cibo, vestiti gettati via, scarpe… Quando arriverà il giorno, il sole brillerà sia sui quei cassonetti che sulle Mercedes dei ricchi. Questa non è solo la vita dopo la guerra, ma anche la nuova pace. Basta che ci sia la pace, il resto non importa, dice una vecchia signora.
Se non volete ricordare la guerra, le divisioni e il vostro silenzio sulla tragedia collettiva e sulle attuali divisioni etniche, ricordatevi almeno qualche volta della pace e della convivenza. Forse sentirete nell’anima, almeno per un attimo, il soffio di un vento buono. E un vento buono, come ben noto, porta buoni messaggi. Ascoltateli e, per cominciare, parlate almeno a voi stessi. Questo sarebbe un buon inizio… Sappiamo già di che cosa, ma abbiamo paura di dirlo ad alta voce.
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