Il ministro degli Esteri serbo Vuk Jeremic e l'alto rappresentane dell'UE Havier Solana

L'UE offre alla Serbia un accordo preliminare di sostegno alla strada europea, ma non l'agognato Accordo di associazione e stabilizzazione. Decisivo il veto di Olanda e Belgio, fermi nel ribadire la condizionalità della piena cooperazione con il Tribunale dell'Aja

30/01/2008 -  Luka Zanoni

Per ora niente Accordo di associazione e stabilizzazione (ASA) tra Serbia ed Unione Europea. L'incontro dei ministri dell'UE del 28 gennaio scorso ha messo in mostra l'incapacità dell'Unione di trovare una visione condivisa nella linea di politica estera da seguire nei confronti del paese balcanico; col veto dell'Olanda e del Belgio, d'altra parte, è stata ribadita l'importanza della piena collaborazione di Belgrado con il Tribunale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia, per potere accedere alla firma dell'Accordo di associazione e stabilizzazione.

Mentre buona parte dei paesi UE sembravano favorevoli ad un ammorbidimento della condizionalità rispetto alla Serbia, la ferma posizione olandese e belga ha posto nuovamente l'accento sulla consegna dei criminali di guerra come condicio sine qua non per poter firmare l'ASA. "L'Olanda è pronta a firmare l'Accordo di associazione e stabilizzazione, quando la Serbia consegnerà le persone accusate dal Tribunale dell'Aja", ha precisato Maxim Verhagen, ministro degli Esteri olandese.

Ciò nonostante, Bruxelles ha trovato una sorta di compromesso. L'UE ha offerto alla Serbia la firma di un "accordo politico", cioè di un accordo preliminare sul rinforzo della collaborazione nei settori commerciale, economico e dell'educazione, oltre ad un'accelerazione sulla liberalizzazione del regime dei visti, uno dei temi più sentiti dai cittadini serbi.

Secondo quanto riportano le agenzie belgradesi l'UE offre alla Serbia un'intensiva collaborazione politica, con l'intento di far avvicinare il prima possibile la Serbia all'Unione. Nel documento, riporta l'agenzia Beta, viene ribadito che "l'UE continuerà a porgere la mano al popolo della Serbia e comprende l'importanza per i cittadini serbi di viaggiare nello spazio comunitario. A questo proposito, la Commissione europea inizierà il dialogo sulla liberalizzazione del regime dei visti". Inoltre, sempre stando al documento, c'è intesa all'interno dell'Unione sulla formazione di un gruppo di lavoro che aiuterà la Serbia a firmare il prima possibile l'ASA.

L'"accordo politico" dovrebbe essere firmato il 7 febbraio prossimo, a distanza di pochi giorni dal secondo turno delle presidenziali serbe, previste per il 3 febbraio. Sembra quindi che l'UE abbia scelto una data in cui si saprà già con certezza chi sarà il nuovo presidente serbo. Secondo la capogruppo parlamentare del partito G17 plus Suzana Grubjesic, citata da B92, l'"accordo politico" offerto a Belgrado indica con chiarezza la volontà di Bruxelles di aspettare il secondo turno delle elezioni presidenziali e vedere se i cittadini della Serbia sono a favore dell'UE oppure no.

Un evidente richiamo anche ai contenuti della campagna di Boris Tadic, presidente uscente e candidato per il Partito democratico, secondo il quale la Serbia, con queste consultazioni, si trova a scegliere tra "l'Europa e l'isolamento". "Il mio programma è l'unica strada sicura che può portare alla Serbia stabilità e un futuro migliore per tutta la nostra gente, mentre la via radicale di Seselj e Nikolic porta al conflitto, all'isolamento e all'arretramento dell'economia", ha dichiarato Tadic rivolgendosi ai giovani presenti al Teatro nazionale di Belgrado.

I radicali, ovviamente, non sono d'accordo. "Se l'Unione europea avesse voluto appoggiare Tadic in qualunque modo, l'Accordo di associazione e stabilizzazione sarebbe stato firmato, ma è evidente che l'UE aspetta un nuovo presidente, serio e responsabile, col quale dialogare sul futuro europeo della Serbia", si legge nel comunicato stampa emesso dal comitato elettorale del Partito Radicale Serbo.

C'è chi invece addossa forti responsabilità al premier in carica e leader del Partito Democratico della Serbia (DSS), Vojislav Kostunica. Goran Svilanovic, ex ministro degli Esteri della Serbia e attuale funzionario del patto di Stabilità, aveva già anticipato le difficoltà che l'UE avrebbe incontrato riguardo la firma dell'ASA, in particolare dopo i messaggi politici inviati da Kostunica, che recentemente ha affermato che: "l'Accordo non dovrebbe essere firmato se l'Unione decide di inviare la sua missione in Kosovo". Condizione, tra l'altro, posta anche a Tadic per poter contare su un sicuro appoggio del DSS al secondo turno delle presidenziali.

A prescindere dai toni della campagna elettorale, che ormai volge alla sua fase conclusiva e lascia tutti col fiato sospeso per la forte incertezza sull'esito finale del voto, resta il fatto che l'Unione Europea, pur con le dovute riserve, ha cercato di offrire un appoggio diretto alla Serbia, lanciando un segnale positivo alla vigilia della tornata finale delle presidenziali.

Secondo la maggior parte degli analisti, si tratta di un segnale significativo che l'UE ha inviato alla Serbia. Ivan Vejvoda, direttore del Balkan Trust for Democracy, ha definito l'accordo "un passo importante", col quale si sottolinea l'interesse dell'UE affinché i Balcani occidentali e la Serbia, come paese chiave della regione, siano stabili e parte del progetto di pace europeo. Anche Vejvoda è d'accordo sul fatto che l'UE, con questa mossa, attende di vedere come si concluderanno le elezioni del 3 febbraio.

La differenza principale tra l'accordo di Associazione e stabilizzazione e il cosiddetto "accordo politico", secondo Dragomir Jankovic, direttore esecutivo dell'Istituto economico europeo di Bruxelles, sta nel fatto che per l'accordo sul rinforzo della collaborazione tra la Serbia e l'UE non è necessaria l'unanimità dell'Unione. Per Jankovic, "la maggioranza dei paesi dell'UE ha appoggiato la Serbia ed è giusto che questo si sappia, tutto il resto è nelle mani della leadership politica e dei cittadini della Serbia".

Ai microfoni di B92, Vladimir Goati, presidente dell'organizzazione Transparentnost Srbija, ha spiegato che adesso l'Unione mostra chiaramente le proprie preferenze a favore del candidato democratico, nonostante l'UE non abbia detto esplicitamente quale candidato appoggia al secondo turno delle presidenziali.

"Oggi abbiamo inviato un forte segnale a favore di una tangibile e concreta prospettiva europa per il popolo serbo e ho piena fiducia che il popolo serbo sceglierà per il proprio futuro europeo", ha precisato il commissario per l'allargamento Olli Rehn alla conclusione della seduta dei ministri dell'UE.

Parole che fanno eco a quelle dell'alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza dell'Unione, Havier Solana "Oggi abbiamo voluto inviare un chiaro messaggio al popolo serbo indicando che il loro futuro è nell'Unione europea". Solana ha precisato inoltre che la Serbia è un paese chiave nei Balcani occidentali. "La Serbia per noi è un paese molto importante e la sua strada verso l'Europa, che è anche il desiderio della maggior parte dei suoi cittadini, sarà realizzata".


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