La mancata partecipazione alla conferenza regionale in Slovenia, il nodo del Kosovo, il caso Ganić con la Bosnia, le accuse di non far nulla contro la criminalità organizzata rivolte al Montenegro. La Serbia non ha rapporti facili coi vicini. Ma l’incontro tra il presidente serbo e quello croato fa ben sperare per il futuro
“Fallita la conferenza in Slovenia”, “Nuova tappa nei rapporti tra Serbia e Croazia”, “Incontro senza cravatta”, sono solo alcuni dei messaggi diffusi nei giorni scorsi dai media serbi. La Serbia non ha preso parte alla conferenza tenutasi a Brdo kod Kranja in Slovenia il 20 marzo scorso, a causa delle proteste sul nome con cui vi ha preso parte la delegazione del Kosovo. Mentre alcuni giorni dopo, è stata riportata la notizia sull’incontro tra il presidente croato Ivo Josipović e il presidente serbo Boris Tadić, una riunione informale tenutasi a Opatija, sul litorale croato.
La conferenza di Brdo, a lungo attesa e annunciata, si è tenuta senza la presenza della Serbia. Gli organizzatori erano la Slovenia e la Croazia, mentre i colloqui sul formato della conferenza erano iniziati il 5 marzo scorso con la riunione tra il premier sloveno Borut Pahor, la premier croata Jadranka Kosor e il presidente serbo Boris Tadić. Già allora era chiaro che non esisteva alcun consenso riguardo la partecipazione della delegazione kosovara. Il presidente della Serbia aveva detto che la Serbia avrebbe partecipato solo se i rappresentati del Kosovo fossero stati presentati in accordo con la Risoluzione 1244 del Consiglio delle Nazioni Unite, ossia sotto il nome di Kosovo-Unmik.
Tadić, dopo l’incontro, aveva chiarito che la Serbia aveva desiderio di partecipare alla ricerca di soluzioni per rappresentare il Kosovo e aveva dichiarato che in passato era già stato utilizzata la formula proposta dalla Serbia, aggiungendo che “non c’è alcun motivo per abbandonare questo modello”. Dall’altra parte, i rappresentati del Kosovo avevano dichiarato che avrebbero partecipato solo se il Kosovo fosse stato rappresentato come stato indipendente.
Durante la riunione preparatoria in Slovenia, i rappresentanti dei tre paesi avevano ribadito la grande importanza della conferenza per la sicurezza della regione e per il raggiungimento di migliori collaborazioni economiche. Le dichiarazioni ottimistiche indicavano l’esistenza di “una lunga triangolazione personale” e la continuazione dei colloqui prima a Zagabria, poi a Belgrado. Oltre ai rappresentanti dei paesi della regione, alla conferenza avrebbero dovuto partecipare anche alti funzionari dell’Unione europea.
Solo alcuni giorno dopo, il gabinetto del presidente della Serbia si è “scontrato” con la dichiarazione del ministro degli Esteri sloveno Žbogar, il quale aveva detto che era stata raggiunta una soluzione di compromesso. Secondo questo modello, gli stati avrebbero partecipato alla conferenza senza cartelli coi nomi, e all’incontro avrebbe preso parte anche l’Unmik. L’ufficio di Tadić ha comunicato che non era stato raggiunto alcun compromesso e che la Serbia rimaneva della stessa idea iniziale, inoltre dichiarava che il presidente serbo non avrebbe accolto l’invito finché non si fosse trovato il modo di definire la presentazione del Kosovo.
A ciò è seguita una “shuttle diplomazia”, i rappresentanti della Slovenia sono andati in Croazia e Serbia per cercare di risolvere la questione. Il premier sloveno Pahor aveva dichiarato che l’organizzazione della conferenza “è una grande occasione per la Croazia e per la Slovenia” e che l’obiettivo sarebbe stato raggiunto solo se la conferenza si fosse tenuta.
Non è ancora chiaro se ci sia stato effettivamente un accordo sulla presenza degli stati senza nome. Mentre i rappresentanti sloveni indicavano che l’accordo era raggiunto, Jelko Kacin, rapporteur del Parlamento europeo per la Serbia diceva che “a Ptuj [Slovenia] era stato detto chiaramente come avrebbero dovuto partecipare: senza titoli e senza bandiere, ma quando il presidente Tadić è tornato in Serbia ha assunto tutt’altra posizione”, al punto che i funzionari serbi si sono poi attenuti alla posizione secondo la quale il presidente Tadić non avrebbe accettato l’accordo.
Il giorno prima della conferenza, da Belgrado è giunto il comunicato ufficiale che la Serbia non avrebbe preso parte a Brdo kod Kranja. “La Serbia sin dall’inizio ha avuto un ruolo costruttivo nei colloqui sulla modalità organizzativa dell’incontro, dimostrando il desiderio di non bloccare la partecipazione dei rappresentanti del Kosovo e sin dall’inizio aveva espresso la posizione principale per far sì che fungesse da orientamento agli organizzatori che avevano il compito di trovare una formula che fosse in accordo coi principi dell’Onu. Un tale modello, purtroppo però, non è stato trovato” si legge nel comunicato della presidenza serba.
Il premier sloveno ha detto che “chiunque non si presenta alla conferenza contribuisce al dialogo con le proprie posizioni su questa questione”, aggiungendo che nessuno verrà condannato per le proprie posizioni circa la conferenza. Subito dopo il rifiuto del presidente serbo, è stato confermato che all’incontro non sarebbero venuti nemmeno né il presidente del Consiglio dei ministri dell’Ue, il capo ella diplomazia spagnola Miguel Angel Moratinos, e nemmeno il presidente del Consiglio europeo, il belga Herman Van Rompuy.
In ogni caso quello che fino a ieri era uno dei principali alleati, la Slovenia, quasi sicuramente non “perdonerà” così facilmente lo schiaffo ricevuto da Belgrado. E mentre il Kosovo continua ad essere il principale punto di disaccordo coi vicini, ci sono altre questioni che appesantiscono le relazioni della Serbia con gli altri paesi della regione.
Con la Bosnia Erzegovina i rapporti si sono “raffreddati” a causa del caso Ejup Ganić. Ricordiamo che l’ex membro della presidenza della BiH durante la guerra, è stato arrestato a Londra il primo marzo 2010 sulla base del mandato di cattura emesso nei suoi confronti, e contro altre 18 persone, dalla Serbia, a causa dell’attacco contro la colonna della JNA (Esercito popolare jugoslavo) a Sarajevo nel maggio 1992. La Serbia ha consegnato alla Gran Bretagna una valanga di documenti con la richiesta di estradare Ganić in Serbia. L’Alta corte di Londra avrebbe dovuto poi decidere se Ganić sarebbe stato estradato, e nel qual caso se avesse dovuto farlo in Serbia o in BiH. Il presidente Tadić ha dichiarato che la Serbia non ha nulla in contrario all’estradizione di Ganić in BiH. “Per la Serbia comunque non è centrale il fatto che venga estradato in Bosnia o in Serbia, quanto che gli venga fatto un processo”, riporta l’emittente B92. Tadić ha detto inoltre che è di importanza cruciale che tutti i paesi della regione proseguano nella collaborazione con il Tribunale dell’Aja e ha dichiarato di essere orgoglioso dei tribunali serbi perché hanno dimostrato di portare a termine i processi contro gli accusati di crimini di guerra, ricordando in particolare il caso degli “Scorpioni”.
I rapporti col Montenegro già da tempo non possono essere definiti buoni. Il riconoscimento montenegrino dell’indipendenza del Kosovo non era stato accolto con favore a Belgrado, e nei mesi scorsi Belgrado ha criticato aspramente Podgorica a causa, come si dice, della totale assenza di collaborazione nella lotta alla criminalità organizzata.
Una nota positiva nelle relazioni tra paesi confinanti è stato invece l’incontro tra il presidente croato, Ivo Josipović, e quello serbo, Boris Tadić. Un incontro poco reclamizzato, apparso più come un colloquio tra amici nella soleggiata Opatija che un incontro ufficiale. I due presidenti si sono visti prima sull’isola di Krk, e poi la prima parte della riunione si è svolta sul ponte del battello che li ha portati fino ad Opatija.
Secondo i resoconti di molti giornalisti, i due presidenti sono apparsi rilassati, e di ciò ne è testimone anche il loro abbigliamento senza cravatta. Josipović ha mostrato a Tadić uno dei più bei parchi di Opatija, dove hanno incontrato alcune turiste sui cui volti si è accesa un’espressione di sorpresa quando i due presidenti sono passati loro accanto per salutare.
Dopo l’incontro a quattrocchi, Tadić e Josipović hanno annunciato una nuova fase delle relazioni tra i due paesi, così come il sostegno all’integrazione europea della Croazia e della Serbia. I due presidenti hanno valutato che l’accusa di genocidio, una delle questioni più delicate tra i due paesi, si potrà risolvere con un accordo extragiudiziale. Tadić ha dichiarato che ciò non significa la rinuncia ai processi contro chi ha commesso crimini di guerra, quanto piuttosto la possibilità di trovare una soluzione di compromesso che non infici i principi del diritto e della legalità. Josipović ha detto che l’accusa della Croazia non è fine a se stessa e che è di competenza di entrambi i paesi vedere se c’è la possibilità di trovare un accordo extragiudiziale. Entrambi i presidenti hanno ribadito di voler mantenere l’integrità della Bosnia Erzegovina, aggiungendo che per la Croazia e la Serbia è accettabile tutto ciò che viene concordato dai tre popoli costituenti.
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