Belgrado, Serbia. Manifesti elettorali di una precedente tornata elettorale © BalkansCat/Shutterstock

Belgrado, Serbia. Manifesti elettorali di una precedente tornata elettorale © BalkansCat/Shutterstock

Il 17 dicembre in Serbia si terranno le elezioni politiche anticipate per la quarta volta consecutiva. Dal 2012, ovvero da quando è salito al potere il partito SNS e da quando il presidente è Aleksandar Vučić, questa sarà complessivamente la settima volta che i cittadini serbi vengono chiamati alle urne

28/11/2023 -  Antonela Riha Belgrado

Questa è la quarta volta che, dall’ascesa al potere del Partito progressista serbo (SNS) nel 2012, in Serbia si tengono le elezioni politiche anticipate. Negli ultimi undici anni, una volta sola i deputati del parlamento serbo hanno svolto il loro incarico per l’intera durata della legislatura. Considerando tutte le tornate elettorali tenutesi in questo periodo a diversi livelli, quella del prossimo 17 dicembre sarà la settima volta che i cittadini serbi saranno chiamati alle urne.

Oltre alle elezioni parlamentari, si terranno anche le elezioni per il rinnovo del parlamento della provincia autonoma della Vojvodina, nonché le elezioni amministrative in 53 municipalità e 12 comuni, Belgrado compresa.

Cosa spinge il presidente serbo Aleksandar Vučić a saggiare in continuazione la sua popolarità e il suo potere?

Elezioni come controllo dei danni

Per l’ennesima volta Vučić cerca di creare un clima da referendum, presentandosi come l’eterna vittima dei complotti esterni e interni al paese. Pur avendo ormai lasciato la presidenza dell’SNS, anche questa volta Vučić dirige la campagna elettorale del partito, e lo fa sfruttando la sua posizione di presidente della Repubblica, violando così la legge . Forse sta tentando di salvare il suo partito, che sta sprofondando sempre più e con sempre maggiore evidenza a causa di numerosi scandali e casi di corruzione. Al contempo però, Vučić rafforza il culto della sua personalità.

Tutti in Serbia sono ormai consapevoli che Vučić è al di sopra del governo e del parlamento, è lui a prendere tutte le decisioni che contano. Non vi è alcuna discordanza tra le decisioni approvate dalle suddette istituzioni, così come non ci sono problemi di maggioranza in parlamento. Quindi, non sussistono i motivi per cui solitamente vengono indette elezioni anticipate.

Vučić convoca però nuove elezioni quando gli conviene, quando avverte un calo di popolarità o quando suppone che in futuro possano verificarsi situazioni sfavorevoli al suo governo. Così facendo, riesce a ritagliarsi spazio di manovra che gli permette di rinviare decisioni importanti, in primis quelle riguardanti il Kosovo. A tutt’oggi infatti non è ancora stata raggiunta una soluzione politica che possa essere accettabile sia per Belgrado che per Pristina.

Inoltre, Vučić tende a indire contemporaneamente le elezioni politiche e quelle amministrative, anche se questa volta le elezioni locali anticipate si terranno solo in quei comuni e municipalità dove il presidente ritiene di poter conquistare una vittoria sicura.

Ad ogni modo, Vučić è in vantaggio: controlla tutti i principali mezzi di informazione, le emittenti più seguite e i giornali più venduti, controlla tutte le istituzioni ed è abituato a “comprare” la lealtà con un metodo di governo basato sul clientelismo, ricattando le persone in vari modi affinché lo sostengano.

Quello che non può controllare è la situazione economica sempre più difficile, la crisi del Kosovo – che di recente ha subito un’escalation sfociando in uno scontro tra un gruppo di serbi e la polizia kosovara – e la violenza che dalle emittenti di regime si è riversata nei cortili delle scuole.

L’opposizione critica il governo per aver creato un clima generale di violenza e impunità che nel maggio di quest’anno ha portato ad un omicidio di massa in una scuola elementare in centro a Belgrado, e poi il giorno successivo ad un’altra strage in alcuni villaggi nei pressi di Mladenovac. Questi tragici eventi hanno spinto centinaia di migliaia di persone di tutta la Serbia a scendere in piazza. Le proteste si sono protratte per mesi con lo slogan “la Serbia contro la violenza”.

Una lotta impari

L’opposizione si presenta alla corsa elettorale divisa. Alcune delle forze di opposizione si sono unite in una coalizione nata durante le proteste e denominata appunto "La Serbia contro la violenza" . Si tratta di partiti filoeuropei, centristi e di sinistra. La destra non è riuscita a raggiungere un’intesa e formare un’unica lista. Ciò che accomuna le forze di destra è un rifiuto esplicito di riconoscere l’indipendenza del Kosovo. Questa posizione è condivisa anche da molti altri partiti e coalizioni, da quelli favorevoli all’adesione della Serbia all’UE e alla NATO all’estrema destra.

Fino alla mezzanotte del 26 novembre, quando sono scaduti i termini per la presentazione delle candidature, sono state confermate tredici liste per le elezioni parlamentari. Ci si aspetta molto dalla tornata elettorale a Belgrado, che peraltro è la principale roccaforte dell’opposizione. Nel frattempo, i membri delle commissioni elettorali appartenenti all’opposizione hanno messo in guardia sul fatto che durante la presentazione delle liste sono state riscontrate numerose irregolarità, compresi diversi partiti fantasma e firme contraffatte. Un caso emblematico è quello di un partito fondato in vista delle elezioni da un ex ministro del governo , membro dell’SNS, il quale ha presentato la sua candidatura per le elezioni comunali a Belgrado con una lista contenente diverse firme false. Inoltre, il partito in questione è stato registrato come un partito della minoranza dei bunjevci , dato che i partiti delle minoranze nazionali per entrare in parlamento non devono superare alcuna soglia di sbarramento.

Dopo una visita in Serbia, gli osservatori del Consiglio d'Europa hanno sottolineato che la campagna elettorale è caratterizzata da “un livello di linguaggio negativo senza precedenti, allarmismi, attacchi all’opposizione e ai giornalisti e gravi problemi riguardanti i media”. L’episodio più recente riguarda un messaggio ricevuto da Đorđe Miketić, membro del partito di opposizione Zajedno. Da un numero sconosciuto, a Miketić è stata inviata una fotografia , in parte sfocata, in cui si intravede un rapporto intimo con una donna. Miketić ha pubblicato il messaggio in questione su X, spiegando che un anno fa qualcuno ha fatto irruzione nella sua casa rubando il suo computer e alcuni hard disk. Che l’intera vicenda possa essere legata ad un ricatto da parte del potere, lo dimostra una dichiarazione del presidente Vučić . Un giorno prima dell’incidente Vučić ha definito Miketić “feccia umana”, alludendo che “lui [Miketić] è consapevole di quello che io so”, senza però rivelare ulteriori dettagli.

Il primo a lanciarsi nella corsa elettorale è stato Vučić, prestando il suo volto per la campagna della coalizione riunita attorno all’SNS. Si può affermare che Vučić è costantemente in campagna elettorale.

Stando ad un’analisi condotta dall’organizzazione CRTA, nei primi dieci mesi di quest’anno Vučić è intervenuto ben 248 volte nelle emittenti a copertura nazionale, tutte da lui controllate. Recentemente il presidente ha aperto anche un account su TikTok dove fa le crespelle e consiglia vini di qualità. Nel tentativo di intercettare i giovani elettori, Vučić si è spinto oltre, annunciando che prima delle elezioni tutti gli studenti delle superiori in Serbia riceveranno un sostegno una tantum di 10mila dinari (poco meno di 100 euro). Ha annunciato anche che chiunque frequenti un’università riceverà sulla carta studente un aiuto di 1000 dinari. Non ha dimenticato nemmeno i pensionati, ai quali in vista delle elezioni ha promesso un aiuto di 20mila dinari. Tutti questi “regali” del presidente vengono ovviamente pagati dal bilancio dello stato.

A scombussolare i piani di Vučić ci hanno però pensato gli agricoltori, i postini, gli avvocati, gli insegnanti, i dipendenti degli asili nido privati e gli operatori sanitari. Tutti questi lavoratori chiedono al governo di esaudire le loro richieste, come promesso nel corso di trattative condotte in precedenza. Alcuni hanno bloccato le strade, altri hanno avviato uno sciopero, e anche la premier Ana Brnabić sarà sicuramente indaffarata fino alle elezioni cercando di tranquilizzare i lavoratori ed evitare che nei prossimi giorni scoppi una nuova protesta.

Quello che non riusciranno a reprimere è l’iniziativa lanciata da un gruppo di accademici, giornalisti, artisti e professori, tra i quali c’è anche un giudice.

ProGlas

Ad oggi circa 150mila cittadini hanno firmato ProGlas , promosso da alcune tra le più note personalità pubbliche. L’idea di base è quella di spingere il maggior numero possibile di persone a recarsi alle urne e a votare uno dei partiti di opposizione (esclusi quelli “creati” dalla leadership al potere) poiché un’alta affluenza è il primo passo verso un possibile cambio di governo.

I promotori di ProGlas hanno iniziato ad organizzare incontri in tutta la Serbia, ma l’iniziativa ha subito incontrato forme di ostruzionismo. In alcune città gli organizzatori non sono riusciti a trovare uno spazio dove tenere l’incontro, mentre i media di regime evitano anche solo di menzionare l’iniziativa. I messaggi lanciati durante gli incontri organizzati dai promotori di ProGlas sono rivolti soprattutto a chi si astiene dal votare e ai giovani che vengono invitati a recarsi alle urne dimostrando così di essere cittadini responsabili.

A differenza della leadership al potere, le forze di opposizione non hanno ancora intrapreso una campagna elettorale a pieno ritmo. Le trattative su possibili alleanze si sono protratte per molto tempo e la campagna dell’opposizione resta ancora focalizzata sulla critica alle irregolarità riscontrate nel processo elettorale. La vera battaglia politica deve ancora iniziare. La lotta più feroce con ogni probabilità si terrà a Belgrado, dove i sostenitori dell’opposizione sono più numerosi e i media indipendenti sono più accessibili rispetto ad altre aree del paese, dove ormai da tempo regna la totale oscurità mediatica.

Una cosa è certa: Aleksandar Vučić non rinuncerà facilmente al potere. Le elezioni sono però l’unico modo per controllare e limitare il suo potere, e il prossimo 17 dicembre è l’occasione per farlo.


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