Pretestuose accuse di glorificare il neo-fascismo ustascia, legittimate dal presidente Aleksandar Vučić: così è iniziata la campagna per rimuovere il professor Dinko Gruhonjić, seguita dal blocco della Facoltà di Filosofia di Novi Sad. Un preoccupante episodio senza precedenti scuote la Serbia
(Originariamente pubblicato da Novi magazin , il 5 aprile 2024)
Sono settimane ormai che va avanti la gogna contro Dinko Gruhonjić, giornalista e professore associato della Facoltà di Filosofia di Novi Sad. Tutto è iniziato con un’affermazione – pronunciata da Gruhonjić nel corso di un incontro pubblico tenutosi l’anno scorso a Dubrovnik – estrapolata dal contesto e manipolata in modo da far sembrare che Gruhonjić glorificasse “il bel nome” di Dinko Šakić, criminale ustascia e comandante del campo di concentramento di Jasenovac durante la Seconda guerra mondiale. Tanto è bastato perché sui social e sui media controllati dal regime Gruhonjić venisse accusato di essere ustascia e di odiare tutto ciò che è serbo. Da quell’ambiente oscuro è poi scaturita la richiesta di allontanarlo immediatamente dalla Facoltà di Filosofia a causa dell’”incitamento all’odio”.
Così si è scatenata la caccia a Gruhonjić, e poi anche a tutti quelli che hanno smascherato pubblicamente le vere intenzioni degli ideatori della campagna denigratoria e quelli che si sono apertamente schierati al fianco di Gruhonjić, compresi i suoi studenti e colleghi del Dipartimento di comunicazione e media, ma anche una più ampia comunità di accademici, giornalisti e attivisti. È stata lanciata un’iniziativa per rimuovere la scritta intimidatoria “Dinko Šakiću, za večni dom spreman” [Dinko Šakić, per la dimora eterna pronto”, una chiara allusione al motto ustascia “Per la patria pronti”] dalla facciata d’ingresso del palazzo in cui Gruhonjić vive con la sua famiglia. Tre giorni dopo è stata organizzata anche una protesta davanti alla Facoltà di Filosofia, a cui ne sono seguite altre.
Vero bersaglio
È stato però quando colui che sa tutto si è espresso sul “caso,” confermando che Gruhonjić avrebbe detto quello che gli attribuiscono, che il professore è diventato un vero e proprio bersaglio del regime. Il presidente serbo ha dato quindi piena legittimazione a quelli che vogliono estromettere dall’insegnamento, linciare e decapitare il professor Gruhonjić, incoraggiandoli a proseguire nella loro guerra santa contro i presunti nemici del popolo serbo. “Dinko Gruhonjić, vergognati!”, ha detto Vučić, dando così il via alla caccia alle streghe.
Per dare maggiore “risalto” alla richiesta di licenziare Gruhonjić, lo scorso 28 marzo un gruppo di persone guidate da Damjan Vakanjac, rappresentante degli studenti, e Ivana Macak, presidente del parlamento studentesco, ha fatto irruzione nella sede della Facoltà di Filosofia di Novi Sad. La maggior parte dei docenti e degli studenti ha reagito abbandonando l’edificio, al cui interno, oltre ad una parte dell’amministrazione, è rimasta solo la decana Ivana Živančević Sekeruš.
Ben presto è diventato chiaro che nel gruppo che ha occupato l’edifico non c’era alcuno studente della Facoltà di Filosofia (a parte gli organizzatori). Spiccava invece la presenza di “ragazzi robusti con i capelli rasati”, tra i quali c’erano alcuni studenti delle superiori e (come ragionevolmente si sospetta) alcuni dipendenti delle aziende pubbliche di Novi Sad. Una volta entrati nella sede della facoltà, hanno attivato una sirena d’allarme, cantando canzoni dedicate al Kosovo. Alcuni indossavano orgogliosamente magliette con l’immagine di Milorad Ulemek Legija.
Un atto incredibile e senza precedenti
È stato un evento senza precedenti nella lunga storia della Facoltà di Filosofia, così com’è senza precedenti il silenzio del senato accademico e della maggior parte dei decani e professori dell’Università di Novi Sad.
Alla manifestazione a sostegno dei docenti e degli studenti della Facoltà di Filosofia, tenutasi all’indomani dell’occupazione dell’edificio, è intervenuta anche la decana Ivana Živančević Sekeruš. “Ieri ho inviato un messaggio a tutti i decani dell’Università di Novi Sad, e solo una decana mi ha offerto il suo sostegno [Milica Pavkov Hrvojević, preside della Facoltà di Scienze matematiche e naturali]. Non sono un tribuno e non mi piace parlare in strada, però sono costretta a farlo. Sanno benissimo che abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare rispettando la legge, questo però è un ultimatum che non accetteremo”, ha affermato Živančević Sekeruš.
La preside ha poi sottolineato che si tratta di un attacco all’autonomia dell’università.
“Bloccando le lezioni, si blocca l’attività di quattromila studenti e quattrocento docenti. Non siamo mai stati invitati ad un dialogo, ci è stato imposto un aut-aut. Nella lettera degli studenti [che hanno fatto irruzione nella Facoltà di Filosofia] c’era scritto: ‘Licenziate il professore, altrimenti bloccheremo la Facoltà’. L’amministrazione della Facoltà si oppone a qualsiasi linguaggio d’odio, quindi abbiamo risposto alla richiesta, convocando una riunione del Comitato etico. Ciononostante, due giorni dopo hanno bloccato la Facoltà”.
Ivana Živančević Sekeruš ha sollecitato l’Università ad “assumersi la responsabilità delle conseguenze delle azioni del parlamento studentesco” e a garantire il normale funzionamento della Facoltà di Filosofia, chiedendo anche alle autorità competenti di tutelare i diritti e l’incolumità degli studenti e dei dipendenti della Facoltà.
Chiunque conosca le vicende locali e i rapporti di forza a Novi Sad non è certo rimasto sorpreso dall’inerzia dell’Università e delle autorità competenti.
Poche ore dopo l’occupazione della Facoltà di Filosofia, una pattuglia di polizia si è recata sul posto, constatando però che non c’era alcun motivo di intervenire e disperdere i giovani radunati. Nel frattempo, Milan Đurić, sindaco di Novi Sad, ha apertamente appoggiato il gruppo che ha bloccato la Facoltà. Lasciando intendere che si tratta di una campagna orchestrata, Đurić ha mostrato piena comprensione per i giovani dotati di una “coscienza nazionale”, ripetendo a pappagallo che “a Dubrovnik Gruhonjić ha dichiarato di essere orgoglioso di portare il nome di Dinko Šakić, criminale ustascia e comandante dei lager di Jasenovac e Stara Gradiška dove persero la vita centinaia di migliaia di serbi, ebrei e rom”.
La Facoltà di Filosofia è rimasta bloccata fino a domenica 31 marzo, quando Dejan Madić, rettore dell’Università di Novi Sad, accompagnato dal decano della Facoltà di Scienze dello sport e dell’educazione fisica e da quello della Facoltà di Scienze tecniche, ha avviato “i negoziati” con gli organizzatori dell’occupazione (senza informarne la preside Ivana Živančević Sekeruš).
Al termine dell’incontro, Damjan Vakanjac, leader del gruppo che ha fatto irruzione nella Facoltà di Filosofia, ha dichiarato che “l’occupazione verrà temporaneamente sospesa” perché il rettore e due decani hanno “accolto le richieste del parlamento studentesco e condannato l’affermazione del professor Dinko Gruhonjić”. Così si è concluso lo spettacolo della gioventù di destra, protrattosi per diversi giorni.
Il comportamento e il lessico adottato dal rettore Dejan Madić saranno ricordati per la totale ignoranza dei principi dell’integrità accademica e per le parole, che sembrano essere tratte dal film Balkanski špijun [La spia balcanica], rivolte ad una giornalista di Radio 021: “Lei è un’infiltrata”.
Lunedì 1 aprile gli studenti e i docenti della Facoltà di Filosofia sono finalmente tornati nelle aule, è iniziata la sessione di esami, la vita però non è tornata alla normalità.
Lo stesso giorno è stata organizzata una lezione pubblica dedicata alla libertà di espressione. L’incontro – tenutosi davanti alla Facoltà di Filosofia, anziché nel piazzale antistante al Rettorato, come inizialmente previsto – si è aperto con la lettura dei messaggi di sostegno a Dinko Gruhonjić arrivati dai suoi colleghi delle università di tutta la Serbia, ma anche da altri paesi dell’area ex jugoslava, d’Europa e del mondo. “Abbiamo ricevuto il vostro sostegno, lo apprezziamo e non lo dimenticheremo. Ora sappiamo che la Facoltà di Filosofia è libera e rimarrà libera finché persone libere vi studieranno e lavoreranno”, hanno affermato gli organizzatori dell’evento.
Rivolgendosi ai presenti, Branislav Đorđević, studente del primo anno del corso di laurea in storia e membro dell’organizzazione STAV, ha ribadito che le persone che hanno occupato la Facoltà di Filosofia non frequentano quell’ateneo, e alcune non sono nemmeno iscritte all’università.
Mentre scriviamo queste righe sta per riunirsi il Comitato etico della Facoltà di Filosofia [il Comitato, riunitosi lo scorso 2 aprile per esaminare la denuncia sporta contro il professor Dinko Gruhonjić per il presunto incitamento all’odio, ha rinviato al parlamento studentesco l’istanza presentata per una modifica e un’integrazione]. È chiaro però che, qualunque cosa decida il Comitato, la gogna a cui sono sottoposti Gruhonjić e tutti quelli che lo sostengono non si fermerà.
Città ribelle
Da decenni ormai Novi Sad è considerata una città “disobbediente” grazie alle persone e alle organizzazioni che non si lasciano piegare e zittire dal regime. Il rumore che si diffonde per le strade di Novi Sad infastidisce il potere. Sono frequenze pericolose! Nel quartiere di Liman il punk è ancora vivo e vegeto. Si organizzano raduni, dibattiti e festival antifascisti. “Crni ovan” [Ariete nero] non è solo un bar che con i suoi simboli sfida i gruppi di destra e neonazisti che fanno scorribande per le vie della città. È un luogo dove vengono distribuiti opuscoli e organizzati incontri per discutere di temi che non piacciono al regime, si coltiva il pensiero critico e si diffondono i valori della solidarietà.
Gli abitanti di Novi Sad continuano a protestare contro un’idea di pianificazione urbanistica a misura di investitore. Reagendo alla devastazione delle rive del Danubio, hanno allestito un accampamento nel bosco di Šodroš, rimanendovi per mesi, fino a quando alcune centinaia di poliziotti, armati fino ai denti, non li hanno cacciati via.
Anche l’Associazione indipendente dei giornalisti della Vojvodina (NDNV) è molto di più di un’associazione di categoria che si batte per difendere i diritti dei giornalisti e per migliorare la loro posizione nella società.
Volendo rispondere in maniera sintetica a chi spesso si chiede perché a Novi Sad gli antifascisti siano così attivi, possiamo constatare che là dove spunta il fascismo, si risvegliano anche gli antifascisti. Qualcuno dirà che si fa presto a definire fascista ogni campagna contro chi la pensa diversamente. Sarà anche vero. Leggendo però i testi di chi ha una conoscenza approfondita del fenomeno, viene da chiedersi se a Novi Sad le idee di nazionalismo, anticomunismo, militarismo e maschilismo siano state portate all’estremo. Ci sono segnali di una dittatura politica? Si cerca di diffondere la paura dei presunti nemici del popolo e dello stato [serbo] che ci invaderebbero da tutte le parti?
Nel caso della gogna contro Dinko Gruhonjić non ci sono dubbi. C’è forse un bersaglio migliore verso cui indirizzare la campagna di repressione ideata ad Andrićev venac [quartiere di Belgrado dove si trova il palazzo della Presidenza della Repubblica] di un uomo che svolge il mestiere del giornalista in modo indipendente, parla apertamente del proprio jugoslavismo, definisce se stesso come antifascista e sostenitore dell’autonomia della Vojvodina, in più insegna giornalismo agli studenti universitari?
Sostegno
La Facoltà di Filosofia dell’Università di Belgrado ha condannato il blocco delle lezioni alla Facoltà di Filosofia di Novi Sad, azione che ha ostacolato il normale funzionamento dell’ateneo, impedendo agli studenti e ai dipendenti di esercitare i loro diritti. Si sono fatti sentire anche i docenti della Facoltà di Scienze Politiche di Belgrado. “Invitiamo i colleghi e le colleghe membri della comunità accademica ad essere solidali e a difendere insieme la libertà accademica e la dignità professionale. Non possiamo rimanere in silenzio!”.
Messaggi di sostegno sono arrivati anche da altri paesi della regione. “Noi, professori di giornalismo e di scienze della comunicazione e ricercatori delle università in Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Montenegro e Macedonia del Nord ci uniamo al Dipartimento di studi sui media di Novi Sad e condanniamo fermamente la gogna a cui è sottoposto il nostro collega, professor Dinko Gruhonjić”.
Anche la Facoltà di arti e scienze libere di Budva, fondata da scienziati e accademici fuggiti dalla Russia, si è schierata al fianco del professor Gruhonjić. “Nessun regime autoritario tollera la libertà accademica. Guidati dalla nostra esperienza di lotta per la libertà di pensiero, parola e coscienza, a causa della quale siamo stati costretti ad abbandonare il nostro paese, lasciando le nostre famiglie, università e carriere, esprimiamo profonda preoccupazione per le pressioni e le minacce a cui è esposto il nostro collega, professor Dnko Gruhonjić”.
“Speriamo che riuscirete a difendere i valori democratici che oggi sono sotto attacco”, si legge nel messaggio di sostegno inviato da Mojce Šlamberger Brezar, preside della Facoltà di Filosofia di Lubiana.
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