© Balkanscat/Shutterstock

© Balkanscat/Shutterstock

Sempre più potere nelle mani del presidente Aleksandar Vučić, stampa mainstream prona al potere, crescenti difficoltà per fare giornalismo libero. La Serbia di oggi raccontata da Stevan Dojčinović, direttore del portale investigativo KRIK

13/02/2019 -  Francesco Martino

Stevan Dojčinović è un reporter investigativo basato a Belgrado e direttore di KRIK (Mreža za istraživanje kriminala i korupcije), organizzazione no-profit creata per rafforzare il giornalismo d'inchiesta in Serbia da un gruppo di giornalisti impegnati per anni sui temi del crimine organizzato e della corruzione. Lavora per l'Organized Crime and Corruption Reporting Project (OCCRP) come redattore regionale. Si è specializzato in indagini su criminalità organizzata, corruzione, accordi di privatizzazione, riciclaggio di denaro sporco, agenzie di sicurezza private e industria del gioco d'azzardo. Stevan è l'autore del libro “Šarić - Kako je balkanski kokainski kartel osvojio Evropu” sul ruolo della mafia balcanica nel contrabbando internazionale di cocaina. Tieni corsi ai giornalisti su come raccogliere e analizzare dati aziendali e record di proprietà. Nel 2018 ha vinto il Premio internazionale per il giornalismo d'inchiesta assegnato dalla Central European Initiative (CEI) e dalla South East Europe Media Organisation (SEEMO).

Come valuti l'attuale situazione della libertà dei media in Serbia?

Ci sono alcuni media liberi, naturalmente, ma pochissimi nel campo mainstream. Se parliamo di grandi media con ampio pubblico, pochissimi possono essere definiti veramente indipendenti. Il governo controlla la maggior parte dei media, di solito non attraverso la proprietà diretta, ma con mezzi finanziari. Il governo di Belgrado sta attualmente distribuendo molti soldi ai media in modi diversi. A volte le aziende pubbliche o il governo stesso fanno pubblicità su questi media, a volte il denaro viene convogliato attraverso il cosiddetto "project financing", che consente ai media di richiedere direttamente finanziamenti pubblici. La maggior parte del budget assegnato, ovviamente, va ai media considerati "amichevoli" nei confronti dell'esecutivo. I pochi media liberi in Serbia, giornali, testate online, TV o radio sono generalmente più piccoli e hanno una diffusione relativamente limitata.

Quali sono le principali sfide che KRIK e gli altri media indipendenti devono affrontare in Serbia per preservare la loro libertà?

È difficile fare giornalismo libero in Serbia, essenzialmente perché ciò va contro le intenzioni generali del governo. Quelli al potere a Belgrado non amano gli articoli che criticano il governo, che denunciano la corruzione e così via, ma non accettano nemmeno opinioni diverse, anche su argomenti più leggeri. Il governo serbo è estremamente impegnato a fare pressione sui media e sta investendo molti soldi, risorse ed energie per controllarli. Allo stesso tempo, dal momento che non vogliono essere visti come censori, stanno cercando di non lasciare impronte digitali in questo processo, usando mezzi sottili per esercitare il controllo. La maggior parte dei media è gestita attraverso mezzi finanziari; con il resto, in particolare quelli basati su ONG con donatori internazionali, vengono messi in atto meccanismi diversi per scoraggiare il giornalismo libero.

Che tipo di pressioni ha subito KRIK negli ultimi anni?

La pressione viene applicata su molti livelli diversi. Ad esempio, una testata indipendente basata su un'ONG come KRIK è sotto costante sorveglianza da parte dei servizi segreti dello stato. In una recente intervista, uno dei capi dei servizi ha affermato che la presenza di "fattori stranieri" è il principale pericolo che affrontano, citando esplicitamente ONG e giornalisti come le "principali minacce" per la sicurezza nazionale della Serbia. Per noi, questa non è stata una sorpresa: da molto tempo siamo pedinati, sorvegliati, intercettati. Molte delle informazioni raccolte sono state passate ai tabloid filo-governativi, che le hanno usate per condurre campagne di diffamazione contro KRIK, rivelando fatti ed episodi dalla nostra vita professionale, ma anche personale. Le campagne diffamatorie da parte di tabloid di ampia diffusione sotto il controllo governativo sono uno strumento molto efficace utilizzato per limitare la libertà dei media. Quando pubblichiamo storie sulla corruzione nelle istituzioni, siamo immediatamente attaccati per distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica e attuare una strategia di "controllo del danno", che si basa sul fatto che i media tradizionali controllati dal governo hanno una diffusione molto più ampia dei nostri report investigativi.

Sono usati contro i media anche espedienti legali?

Sì, le cause contro i giornalisti stanno diventando abbastanza comuni in Serbia, indipendentemente dallo zelo con cui è stato verificato il contenuto dell'articolo. E spesso alti funzionari, ad esempio ministri, fanno causa ai media. Ad esempio, KRIK è stato citato in giudizio quattro volte diverse per la stessa storia da Nenad Popović, ministro senza portafoglio per Innovazioni e Sviluppo tecnologico. Abbiamo chiesto di unificare le cause, ma il tribunale ha respinto la nostra richiesta. Quindi stiamo attualmente impiegando un'enorme quantità di tempo, denaro ed energie per difenderci. E quelle di Popović non sono le uniche cause con cui abbiamo a che fare al momento.

Da anni KRIK pubblica inchieste su corruzione e criminalità organizzata in Serbia. Che tipo di impatto hanno avuto sull'opinione pubblica?

Hanno avuto un grande impatto, ma allo stesso tempo e su un altro livello, nessun impatto. Cerco di spiegare meglio: la maggior parte delle nostre inchieste raggiunge il pubblico, spesso ben al di là della cerchia dei nostri soliti lettori, e provoca discussioni più ampie tra l'opinione pubblica. Quando prendo un taxi a Belgrado, ad esempio, molto spesso l'autista conosce, anche nei dettagli, le storie che abbiamo portato all'attenzione generale. Quindi, sicuramente riusciamo a informare: sfortunatamente, però, la nostra capacità di generare un cambiamento nella società serba rimane insoddisfacente. Le persone nel nostro paese non sembrano percepire quanto realmente dannosa sia la corruzione, leggono i nostri articoli, ma non sono profondamente motivate a chiedere ai politici di fermare tali pratiche. Ecco perché, ad ogni elezione, continuano a votare per gli stessi politici.

Negli ultimi anni, fake news e disinformazione sono diventate un argomento molto caldo a livello globale. Un anno fa, KRIK ha lanciato il progetto "Raskrikavanje", incentrato sul debunking. Che cosa hai scoperto sulla produzione di fake news in Serbia?

Due anni dopo la fondazione di KRIK, abbiamo scoperto che non bastava pubblicare la verità: a causa della grande quantità di notizie false circolante sui media locali, era necessario offrire al pubblico uno strumento per smascherarle. Come dicevo, ad esempio, dopo la pubblicazione di un articolo sulla corruzione, il pubblico viene letteralmente bombardato dai media pro-governativi con informazioni false, usate per minare la fiducia nelle nostre indagini e in difesa di quelli al potere. Con Raskrikavanje, cerchiamo di offrire al pubblico l'opportunità di comprendere meglio questo meccanismo vizioso, verificando i fatti e smascherando le informazioni false. La cosa interessante della Serbia è che, mentre nella maggior parte dei paesi occidentali le principali fonti e canali di diffusione di notizie false sono Internet e i social network, presumibilmente con il coinvolgimento russo, nel nostro paese i grandi produttori di notizie false sono i media mainstream, spesso per conto del governo.

Hai registrato un impatto significativo dall'avvio di Raskrikavanje?

Nell'ultimo anno siamo riusciti a sfatare molte notizie false. Nel breve termine, ritengo che Raskrikavanje si sia rivelato uno strumento utile al pubblico per comprendere meglio il problema. A lungo termine, tuttavia, la sfida è molto più difficile da affrontare e probabilmente ci vorranno anni per ottenere risultati visibili. Il vero problema non sono le singole falsità pubblicate, ma la finta narrazione complessiva costruita dai media mainstream che, come ho detto, hanno ampia diffusione e spesso mantengono tra i lettori parte della credibilità che avevano in passato.

Il Partito progressista serbo del presidente Vučić è al potere dal 2012. Quanto contribuisce la strategia di comunicazione di Vučić al suo successo politico?

Vučić controlla apertamente tutto in Serbia: anche il primo ministro dipende completamente dalla volontà del presidente. Penso che Vučić si sia dimostrato molto abile nel comunicare con l'elettorato e ispirare i suoi elettori. Per farlo, ha scelto di presentarsi come un "uomo del popolo". Sostiene di essere uno dei leader più poveri della regione: indossa vestiti a buon mercato, non ha nemmeno un orologio e solo di recente ha dimostrato di possedere uno smartphone. Vuole sembrare un tipo normale, non influenzato o corrotto dal potere, pronto a soffrire insieme ai suoi concittadini. In pubblico, Vučić parla sempre da una posizione di opposizione: anche se controlla il paese da anni, sostiene sempre di combattere non specificate "forze oscure", dentro o fuori dal paese, e incolpa i precedenti governi per ogni mancanza del suo. Questa strategia si è rivelata efficace con l'opinione pubblica serba e Vučić gode ancora di ampio sostegno. Il vero segreto del suo successo, tuttavia, il suo più forte strumento per mantenere il potere, risiede ancora nel suo controllo sui media mainstream, che rende la sua narrazione così pervasiva e incontrastata. Vučić sarebbe pronto a rinunciare a tutto, ma mai al suo controllo sui media.


Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!