La leadership politica serba e i mezzi di informazione vicini al governo hanno esultato per la vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane, convinti che il nuovo inquilino della Casa Bianca avrà un occhio di riguardo per Belgrado, soprattutto sulla questione del Kosovo
Il candidato repubblicano Donald Trump è stato nuovamente eletto presidente degli Stati Uniti. La Serbia, come anche gli altri paesi dell'area post-jugoslava, ha seguito con grande attenzione le elezioni americane e gli echi della vittoria di Trump continuano a risuonare nella società serba.
Ben prima del fatidico giorno del voto negli Stati Uniti, gli analisti vicini alla leadership serba e i media allineati si sono schierati apertamente con Trump. Le pagine di Informer, Alo, Srpski telegraf e altri tabloid strillavano quotidianamente messaggi di sostegno al candidato repubblicano, in cui si sottolineavano i vantaggi che la Serbia avrebbe tratto dalla vittoria di Trump, definito un amico e protettore degli interessi nazionali serbi.
Ospite di uno speciale di Informer dedicato alle elezioni americane, Dejan Vukelić, uno degli analisti vicini al regime, ha dichiarato che la vittoria di Trump è una buona notizia per la Serbia. Secondo Vukelić, Richard Grenell verrà nominato segretario di stato degli Stati Uniti e contribuirà in modo fondamentale alla creazione dell’Associazione delle municipalità serbe.
Jovana Jeremić, conduttrice di TV Pink, inviata negli Stati Uniti per seguire, come ha affermato, la vittoria di Trump, ha realizzato quotidianamente servizi sulle elezioni indossando simboli della campagna di Trump.
Così i mezzi di informazione vicini alla leadership serba hanno creato un’immagine mediatica suggerendo che le elezioni americane, o meglio la vittoria di Trump, possa avere un effetto positivo sulla Serbia e sugli interessi strategici serbi, in particolare per quanto riguarda il dialogo tra Belgrado e Pristina.
In Serbia si specula anche sul fatto che Trump possa porre fine alla guerra in Ucraina, facilitando così la posizione della Serbia che, nel caso si dovesse raggiungere un cessate il fuoco, non sarebbe più sotto pressione per condannare in modo chiaro e inequivocabile le azioni di Mosca.
Questa rappresentazione mediatica è stata diffusa dai media a copertura nazionale, seguiti dalla maggior parte dei cittadini serbi.
Anche i mezzi di informazione che trasmettono via cavo – e quindi hanno un’audience meno estesa – hanno seguito le elezioni presidenziali americane, però in modo spassionato, cercando di riferire oggettivamente i risultati del voto.
Oltre che per i cittadini americani, le elezioni appena concluse sono certamente significative anche per le dinamiche politiche globali, in primis per i conflitti in corso in Ucraina e in Palestina, come anche per le relazioni tra Washington, Mosca e Pechino.
La Serbia da tempo ormai è in fondo alle priorità dell’amministrazione statunitense, quindi non c’è da aspettarsi alcuna grande svolta dopo la rielezione di Trump.
L’establishment politico serbo ritiene invece che il sostegno che la Serbia e i serbi che vivono negli Stati Uniti hanno fornito a Trump possa rivelarsi importante per determinare la politica della nuova amministrazione statunitense nei confronti dei Balcani.
Analizzando l’opinione pubblica dei quattro paesi ex jugoslavi, l’azienda Valikon ha rilevato che, se si fosse votato in Serbia, Trump avrebbe ottenuto una vittoria schiacciante con il 49% dei voti, Harris si sarebbe fermata al 13%, mentre il 38% dei cittadini serbi sarebbero rimasti indecisi.
Molto diversa la situazione in altri tre paesi analizzati: in Slovenia e Croazia la maggior parte della popolazione avrebbe votato Harris, mentre la Bosnia Erzegovina si sarebbe divisa, con una leggera preferenza per la candidata democratica.
Anche i serbi che vivono negli Stati Uniti hanno fortemente sostenuto Trump. Ranko Ristić, imprenditore di Chicago e uno dei leader del movimento “MAGA Serbs”, ha affermato di aver trascorso la notte del voto in compagnia di Trump e dei suoi più stretti collaboratori. Questi ultimi, secondo Ristić, sono “ben consapevoli del sostegno di cui godono tra i serbi – sia tra quelli che vivono in America, e quindi hanno diritto di voto, sia tra quelli in Serbia e Republika Srpska – ne sono grati e sapranno ricambiarlo”.
Le reazioni della leadership di Belgrado alla vittoria di Trump non si sono fatte attendere. Il primo a congratularsi, come atteso, è stato il presidente serbo Aleksandar Vučić, seguito dal premier Miloš Vučević, dal suo vice Aleksandar Vulin e dalla presidente del parlamento Ana Brnabić.
“Mi congratulo con Donald Trump per la sua vittoria. Affronteremo insieme le grandi sfide che ci attendono. La Serbia si impegna a collaborare con gli Stati Uniti per la stabilità, la prosperità e la pace”, ha scritto Vučić su X.
L’ondata di entusiasmo per la vittoria di Trump è proseguita nei giorni successivi al voto. Nelle sue esternazioni pubbliche Ana Brnabić ha suggerito che Vučić sarebbe stato tra i primi quindici leader mondiali a parlare con Trump dopo le elezioni.
Come emerso successivamente, si è trattato di un’informazione falsa, ma la leadership al potere non sembra preoccuparsene più di tanto. Il messaggio inviato ai quei cittadini serbi che ancora hanno fiducia nelle autorità è che il presidente serbo, e quindi anche la Serbia, è uno dei principali partner e futuri collaboratori della nuova amministrazione statunitense.
In una dichiarazione rilasciata dopo aver parlato al telefono con Trump, Vučić ha definito la conversazione “ottima, sostanziale e molto cordiale”. Il presidente serbo, con la solita retorica, si è detto positivamente sorpreso di quanto Trump conosca bene la Serbia, rimanendo particolarmente colpito da quella parte della conversazione in cui il presidente eletto degli Stati Uniti ha parlato dei successi degli atleti serbi.
Vučić ha affermato di aver invitato il nuovo vecchio presidente statunitense a visitare la Serbia dove, secondo il presidente serbo, il sostegno a Trump è stato il più forte in Europa.
“Sono sicuro che con l’aiuto di Trump e dei nostri amici possiamo rendere l’America grande e trasformare la Serbia in un paese decente, capace di collaborare efficacemente con gli Stati Uniti”, ha dichiarato Vučić, esprimendo la speranza che Trump visiti la Serbia proprio per il sostegno di cui gode tra i serbi, non solo della diaspora.
Nel marzo di quest’anno Vučić si è detto entusiasta per il progetto di Jared Kushner, genero di Donald Trump, che prevede la costruzione di alcuni edifici sul luogo dell’ex Generalštab, un tempo sede del ministero della Difesa serbo (situato nel centro storico di Belgrado, di fronte al palazzo del governo), distrutto durante i bombardamenti del 1999. Un progetto che, secondo le rivelazioni del New York Times, Trump avrebbe appoggiato ormai dieci anni fa.
Un ruolo importante in questo affare è svolto dal summenzionato Richard Grenell, che nella precedente amministrazione Trump ha ricoperto l’incarico di inviato speciale per il dialogo tra Belgrado e Pristina.
Stando alle fonti che hanno avuto accesso ai documenti scambiati tra l’azienda di Kushner e i rappresentanti del governo serbo, il genero di Trump otterrebbe il diritto di utilizzare il terreno in questione a titolo gratuito per novantanove anni per costruirvi un complesso turistico e residenziale di lusso. Vi è anche la possibilità che l’azienda di Kushner diventi proprietaria del terreno una volta realizzato il progetto.
In un paese come la Serbia, alle prese con numerosi problemi interni, le elezioni statunitensi sono arrivate come un buon “intrattenimento” per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica.
Mentre sugli schermi televisivi e sui portali si susseguivano analisti e politici, la Serbia piangeva le quattordici vittime schiacciate dalla tettoia della stazione centrale di Novi Sad, recentemente ristrutturata per diventare una delle “meraviglie dell’edilizia moderna” di cui si vantavano il presidente Vučić e i suoi compagni di partito.
Sappiamo chi è il neo eletto presidente degli Stati Uniti, ma ancora non sappiamo chi sia responsabile della tragedia di Novi Sad.
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