A Belgrado per la prima volta il Gay Pride con la presenza del capo del governo. Ancora pochi però i cambiamenti positivi riguardo i diritti della popolazione LGBT

21/09/2017 -  Antonela Riha Belgrado

Con lo slogan “Per il cambiamento” il 17 settembre scorso si è svolto il Gay Pride a Belgrado. Anche se sino all’ultimo si è rimasti in attesa del via libera sulla sicurezza da parte della polizia, si sapeva che il Pride belgradese non avrebbe incontrato quest'anno ostacoli, anche perché tra i partecipanti erano stati annunciati la premier serba Ana Brnabić, due ministri e il sindaco di Belgrado. Nonostante ciò, nemmeno questa volta si è respirata quell’atmosfera rilassata e di gioia che caratterizza questa manifestazione in altre parti del mondo.

Orgogliosi sì, ma in uno spazio limitato

Il successo della Parata di quest’anno è che circa 1000 cittadini hanno potuto passeggiare in modo tranquillo nel centro della città. I belgradesi si ricordano della prima Parata dell’orgoglio omosessuale tenutasi nel 2001, quando nazionalisti e hooligans picchiarono brutalmente i pochi partecipanti, con la polizia che ha lasciato fare. I responsabili delle forze dell'ordine risposero alla critiche in quell'occasione affermando che “la nostra società non era matura per tale espressione di stravaganza" mentre l’opposizione rappresentata allora dal Partito radicale serbo, il cui segretario generale al tempo era l’attuale presidente della Serbia Aleksandar Vučić, affermò che “il regime sta cercando di introdurre in Serbia questa lascivia innaturale come se fosse una cosa normale”.

Nel 2004 e nel 2009 i tentativi di svolgere il Pride fallirono perché la polizia non ha dato garanzie sulla sicurezza ai cittadini. Soltanto nel 2010, alcune centinaia di persone riuscirono a camminare in una zona recintata del centro della città, mentre gli hooligans fuori da questa “zona di sicurezza” demolivano vetrine, incendiavano auto e persino la sede del Partito democratico, all’epoca al governo. Durante i disordini rimasero feriti 132 poliziotti e 25 cittadini, e circa 250 hooligans vennero arrestati.

Il Pride successivo si svolse soltanto nel 2014, e da quella data la popolazione LGBT e coloro che li sostengono, con l'appoggio del governo, commemorano in modo indisturbato la Giornata internazionale dell’orgoglio della popolazione LGBT.

Ancora circondati da ingenti forze di polizia, in una zona della città bloccata da cassonetti piazzati come ostacoli, seguendo un tracciato ben delimitato e senza cittadini che li salutassero liberamente, anche quest'anno i partecipanti del Pride hanno concluso la loro passeggiata con musica e bandiere arcobaleno.

Pride accettato, popolazione LGBT discriminata

Gli organizzatori e gli attivisti LGBT ritengono che la parata di quest’anno abbia dimostrato che la Serbia sta cambiando, che manifestazioni di questo genere stanno diventando socialmente più accettabili.

La premier Ana Brnabić, che tra l’altro è dichiaratamente omosessuale, ha dichiarato che il governo garantisce a tutti i cittadini lo stesso livello di rispetto dei diritti umani e che la sua presenza al Pride di Belgrado, come anche la presenza dei suoi ministri, è un chiaro segnale che la Serbia ha una società che rispetta la diversità. Brnabić ha poi sottolineato che “ogni sorta di linguaggio dell’odio, crimini dell'odio e discriminazione saranno duramente sanzionati”.

Questo è proprio ciò che continua ad essere necessario a favore dei cittadini della comunità LGBT. Durante la presentazione dell’ultimo rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) in Serbia, alcuni giorni prima della Parata di quest’anno, è stato sottolineato infatti che la popolazione LGBT e le persone affette da HIV sono i gruppi più discriminati del paese.

Secondo i ricercatori dell’UNDP, la popolazione LGBT è esposta a discriminazioni in diversi ambiti della vita: salute, lavoro, istruzione, servizi sociali. La Legge contro la discriminazione non viene rispettata, manca poi una legge sull'identità di genere, una legge che regolarizzi i matrimoni omosessuali e norme di legge e procedure che possano regolarizzare legalmente il cambio di sesso.

Milan Antonijević, direttore del Comitato degli avocati per i diritti umani, ha dichiarato ad OBC Transeuropa che la legge antidiscriminazione recentemente approvata dimostra cambiamenti positivi nei confronti della popolazione LGBT. Tuttavia, segnala che "manca la cornice legale per le unioni dello stesso sesso, con riferimento al diritto di successione ereditaria, e all’assicurazione sociale e sanitaria che si ottiene con il partner, fatto sottinteso in un matrimonio".

In Serbia, la popolazione LGBT continua ad essere vittima frequente dell’odio e di crimini d’odio. Antonijević sottolinea che “manca ancora l’applicazione della legge per il crimine d’odio, che è stata adottata nel 2012 ma che non è stata applicata finora in nessun caso, anche se ci riferiamo ad essa in numerosi casi dove rappresentiamo le vittime in aula”.

In una Serbia patriarcale, i cittadini continuano a nascondere il proprio orientamento sessuale e secondo le parole di Gordan Stevanović dell’ufficio della Tutela dei cittadini, molti non chiedono aiuto “a causa di precedenti esperienze o di assenza di reazione da parte delle istituzioni oppure per reazioni inadeguate da parte delle stesse”.

Palloncini colorati, ennesimo successo della Serbia sulla strada verso l’UE

Il governo attuale, da cinque anni guidato dal presidente Aleksandar Vučić, è riuscito molto meglio del precedente a controllare i gruppi di hooligans e di estrema destra che negli anni passati hanno causato incidenti e usato violenza contro chi era a favore dei diritti LGBT. Sulla strada verso l’Unione europea, per il presidente Vučić è molto importante mostrare che la Serbia è un paese moderno, democratico e rispetta tutte le diversità.

E di fatto in questa visione del paese, sembra che si siano fatti grandi progressi proprio rispetto ai diritti della popolazione LGBT.

Vučić ha scelto Ana Brnabić come premier ed è stato lui stesso a comunicare al pubblico che è lesbica. Una notizia che, all’epoca della scelta del nuovo esecutivo, metà dello scorso giugno, si è fatta sentire ben oltre i confini della Serbia, molto di più delle qualifiche professionali della neo premier.

Ai partecipanti della Parata LGBT il governo permette quindi di passeggiare una volta all’anno, e all’opinione pubblica internazionale viene offerta di nuovo l’immagine di una Serbia dove vengono rispettati i diritti umani.

Ma i numerosi cittadini che lavorano senza diritti, scoraggiati perché le istituzioni statali non funzionano, penalizzati per non essere membri dei partiti di governo e timorosi di poter esprimere un’opinione diversa dai proclami diffusi dai media di regime, vivono in una Serbia diversa.

I diritti umani, di minoranza o LGBT sono soltanto una parte dei doveri che il governo deve compiere per far sì che la Serbia entri nell’Unione europea.

Le bandiere arcobaleno, i palloncini colorati, le allegre sfilate capeggiate da una premier lesbica, sicuramente saranno valutati positivamente nei rapporti degli osservatori di Bruxelles.

Ai cittadini della Serbia e ai suoi elettori il presidente Vučić ha però dato un messaggio completamente diverso. Un paio di giorni prima della Parata dell’orgoglio, alla domanda se avrebbe partecipato anche lui, ha detto: “Non sono né dell’umore né interessato e non mi passa per la testa di andare a quella parata. Ho cose più intelligenti da fare, e anche se non le avessi non ci andrei lo stesso”.


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