Le reazioni da Belgrado alla sentenza della Corte di giustizia internazionale sul genocidio di Srebrenica. Tanto nelle dichiarazioni ufficiali che nei sondaggi sull'opinione pubblica non ci sono espressioni di euforia per la sentenza
La sentenza
La Serbia, in quanto erede della Repubblica federale di Jugoslavia, non è colpevole del genocidio commesso a Srebrenica, nemmeno per avervi preso parte e per aver istigato quel genocidio, così ha deciso la Corte internazionale di giustizia dell'Aja, durante la seduta finale del consiglio riguardo l'accusa della Bosnia Erzegovina contro la Serbia tenutasi lunedì 26 febbraio 2007.
La Corte di giustizia internazionale, come riportano tutte le agenzie in Serbia, nella sentenza ha detto che "la Serbia non ha partecipato al genocidio e in questo modo non ha violato gli obblighi della Convenzione sull'impedimento e la punizione del genocidio. Con 12 voti a favore e 3 contro questa Corte sentenzia che la Serbia ha violato l'obbligo di impedire il crimine di genocidio secondo la Convenzione, nella fattispecie del genocidio compiuto a Srebrenica nel luglio del 1995".
Con ciò è stato confermato il genocidio a Srebenica, ma la Corte non ha confermato che ci siano state delle intenzioni genocide per il crimine commesso contro i musulmani nelle altre zone della Bosnia Erzegovina.
La presidentessa della Corte Rosalyn Higgins durante l'esposizione della sentenza che è stata trasmessa dalla Radio Televisione della Serbia, ha detto che "la Corte non ha confermato che le uccisioni di massa siano state commesse con l'intenzione di distruggere i musulmani come gruppo nazionale".
Allo stesso tempo nella sentenza viene detto che "la Corte ha riscontrato che la Serbia ha violato gli obblighi della Convenzione sull'impedimento e la punizione del crimine di genocidio tenendo presente che ha mancato di e non è riuscita a consegnare il generale Ratko Mladic, accusato di genocidio e di partecipazione al genocidio per poter essere giudicato davanti al Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia, e in questo modo ha mancato completamente di collaborare con il Tribunale".
Negli estratti di sentenza che sono stati letti durante la seduta si afferma che gli organi della SRJ Repubblica federale di Jugoslavia, ndt. non hanno pianificato, organizzato e partecipato al genocidio di Srebrenica. In questa parte della sentenza si dice che "non viene confermato senza dubbi che la SRJ nel momento critico abbia aiutato gli esecutori del crimine, completamente consapevole che quell'aiuto sarebbe stato sfruttato per l'esecuzione del genocidio".
Secondo quanto detto dalla presidentessa della Corte, non è stato dimostrato che il potere della SRJ fosse cosciente delle intenzioni di evacuare e uccidere i civili, soprattutto gli uomini adulti di Srebrenica dal 13 al 16 luglio 2005, così come non è stata dimostrata la partecipazione della SRJ a quel crimine. Inoltre si dice che non viene constatato che il generale Mladic o qualsiasi ufficiale dell'Esercito della Republika Srpska fosse direttamente comandato dall'Esercito o dagli organi statali della Serbia, col che non è stata dimostrata la catena di comando.
L'indubbio aiuto finanziario che durante la guerra in BiH proveniva da Belgrado non rappresenta una prova sufficientemente forte che l'Esercito della Republika Srpska fosse parte dell'Esercito della SRJ o degli organi statali.
La Corte internazionale di giustizia ha confermato che l'indennizzo finanziario non sarebbe una forma adeguata di riparazione, aggiungendo che la BiH ha il diritto di chiedere un adempimento simbolico dalla Serbia.
La presidentessa Higgins ha letto anche che la Serbia è obbligata a rispettare tutti gli obblighi assunti nei confronti del Tribunale dell'Aja. Con la maggioranza di 13 voti la Corte ha deciso che la Serbia deve impegnarsi per far sì che i crimini compiuti non si ripetano.
Il Montenegro, secondo la decisione della Corte, è stato escluso dalla sentenza, ma la presidentessa Higgins ha riferito che ciò "non affranca il Montenegro dalla responsabilità comune secondo la Convezione sull'impedimento e la punizione del genocidio, di cui è firmatario".
All'inizio della lettura della sentenza, la Corte si è dichiarata competente per questo procedimento.
Le reazioni dei politici serbi
In Serbia la decisione della Corte internazionale di giustizia è stata accolta come un alleggerimento. Dal momento che l'annosa attesa che la Serbia potesse essere il primo paese ad essere condannato per genocidio è terminata. Tuttavia, né nelle dichiarazioni ufficiali né nei sondaggi condotti sui cittadini della Serbia è stata espressa felicità ed euforia.
Il team legale della Serbia che ha rappresentato lo Stato di fronte alla Corte ha espresso soddisfazione per il fatto che la Serbia non è stata dichiarata colpevole di genocidio in BiH. Come informa B92, il principale rappresentante della Serbia, Radoslav Stojanovic ha espresso la sua soddisfazione professionale per la sentenza che ha confermato che né la Serbia né il popolo serbo hanno avuto l'intenzione di distruggere la popolazione musulmana, aggiungendo che "non c'è motivo di esultare e gioire, perché questo processo è giunto come conseguenza di una enorme tragedia". Egli ha aggiunto che la sentenza può fungere da base per la riconciliazione nazionale sul territorio della ex Jugoslavia. In una dichiarazione scritta, letta da Sasa Obradovic, membro del team legale della Serbia, si richiede che la Serbia quanto prima rispetti i suoi impegni nei confronti del Tribunale dell'Aja.
Il presidente serbo Tadic ha valutato la sentenza della Corte di giustizia internazionale come molto importante per la Serbia e per i suoi cittadini perché è stato constatato che la Serbia non è responsabile per il genocidio in BiH. Nella dichiarazione trasmessa dall'agenzia Beta, Tadic invita il Parlamento ad adottare nel più breve tempo possibile una dichiarazione con la quale "inequivocabilmente si condanna il crimine commesso sul territorio di Srebrenica, cosa che significherebbe rispettare una parte della sentenza di oggi".
Tadic ha aggiunto che "è chiaro che chiunque si opponga al compimento della collaborazione col Tribunale dell'Aja e ad adottare la dichiarazione del parlamento su Srebrenica, agirà nel modo più diretto contro gli interessi del suo Stato e del futuro dei suoi cittadini".
Ricordiamo che nel 2005 fu avviata un'iniziativa affinché il parlamento adottasse una dichiarazione su Srebrenica. Tuttavia, i partiti parlamentari non riuscirono a raggiungere un accordo al riguardo, sicché la posto della dichiarazione in una delle sedute fu tenuto un minuto di silenzio per tutte le vittime dell'attacco terroristico a Londra, per le vittime di Srebrenica, di Bratunac e di Skelani.
Il premier Kostunica per B92 ha dichiarato che la via per la riconciliazione si svolge attraverso la punizione di tutti quelli che hanno commesso i crimini di guerra, aggiungendo che "la sentenza della Corte dell'Aja secondo l'accusa della BiH nei confronti della SRJ è particolarmente importante perché ha affrancato la Serbia dalle pesanti accuse di genocidio".
Kostunica ha aggiunto che la Serbia fa di tutto per portare a termine i propri obblighi nei confronti del Tribunale dell'Aja, perché è "nell'interesse dei cittadini della Serbia terminare quanto prima questa collaborazione".
Secondo quanto rende noto B92, il ministro degli Affari Esteri della Serbia Vuk Draskovic considera che la Serbia dal punto di vista storico può essere soddisfatta dalla sentenza della Corte di giustizia internazionale ma ha l'obbligo morale di aiutare a scovare e punire i colpevoli del genocidio di Srebrenica.
Il vicepresidente del Partito democratico, Dragan Sutanovac, durante la conferenza stampa ha detto che "è un bene per tutti quelli che vivono in Serbia il fatto che il Paese non sia stato dichiarato genocida, perché la corte ha preso questo decisione, temo che saremmo stati tutti marchiati, a prescindere dal fatto che fossimo contrari o che avessimo appoggiato quelle attività".
Il sostituto del presidente del Partito radicale serbo, Tomislav Nikolic, in una dichiarazione per B92 ha considerato che la "Corte oggi ha confermato ciò che tutto il mondo sapeva - che la Serbia non ha partecipato ad alcun genocidio", valutando che "il processo e la sentenza sono parte di una grande cospirazione contro la Serbia".
Come rende noto l'agenzia Beta, il portavoce del Partito democratico della Serbia DSS, Andreja Mladenovic, considera che la sentenza sia importante perché affranca la Serbia dall'accusa di genocidio, aggiungendo che si devono investire grandi sforzi al fine di scoprire e consegnare alla giustizia tutti gli accusati di crimini di guerra. Mladenovic ha detto che il DSS ritiene che "solo la verità su tutti i crimini può essere il presupposto per una reale riconciliazione e per una pace duratura in tutta la regione".
Nel Partito socialista della Serbia SPS è stato valutato che la sentenza della Corte di giustizia internazionale è particolarmente conveniente per lo Stato e per la popolazione, ma anche per l'SPS perché i suoi rappresentanti al tempo erano al potere.
Anche il G17 plus considera un bene il fatto che sia stato tolto alla Serbia il peso del genocidio e dichiara che è necessario quanto prima portare a termine la collaborazione con il Tribunale dell'Aja.
In una dichiarazione rilasciata all'agenzia Tanjug, il leader del Partito liberal democratico, Cedomir Jovanovic, afferma che in Serbia non c'è motivo per alcuna espressione di giubilo, dichiarando che la sentenza "finalmente definisce il crimine di Srebrenica come genocidio col che viene posta fine alla relativizzazione della politica criminale condotta in nome di Slobodan Milosevic, e con la quale Vojislav Kostunica ha dichiarato la continuità tanto nei valori quanto nella visione del modo di governare".
Il presidente della Lega dei socialdemocratici della Vojvodina, Nenad Canak, per l'emittente B92 ha dichiarato di essere rimasto senza parole di fronte alla sentenza, aggiungendo nel suo tipico stile "che la cenere e il sangue della Bosnia cadano nelle mani di tutti quelli che hanno emesso una tale sentenza".
Le reazioni delle organizzazioni per i diritti umani
La direttrice del Centro per il diritto umanitario, Natasa Kandic, considera che la sentenza della Corte sia il risultato dell'assenza delle prove che avrebbe dovuto garantire la Serbia. Secondo la Kandic, la sentenza non rappresenta alcuna vittoria del Paese, perché a tutti è noto che l'esercito serbo e la polizia presero parte al genocidio di Srebrenica. La Kandic ha detto di sperare "che si formi un governo democratico in grado di considerare che mai più in futuro si ripetano tali crimini, e che in nome della verità tiri fuori le prove. Queste prove indicano che senza la Serbia non ci sarebbe stato alcun crimine di massa".
Secondo quanto rende noto Beta, la presidentessa del Comitato dei giuristi per i diritti umani, Biljana Kovacevic Vuco, valuta la sentenza "una sconfitta per la Serbia perché servirà da scusa per tutti quelli che hanno negato il crimine commesso a nostro nome". La Vuco ha aggiunto che la sentenza è "la vittoria dell'SRS, di Kostunica e di Ratko Mladic".
L'organizzazione non governativa Iniziativa dei giovani per i diritti umani ha emesso un comunicato stampa col quale fa appello al potere della Serbia affinché "informi in modo serio e responsabile i fatti confermati dalla sentenza, e che in nessun modo vengano messe in questione le vittime del genocidio. Con la sentenza si dimostra chiaramente che il potere di allora in Serbia non fece nulla per impedire il genocidio".
Il professore di diritto internazionale Vojin Dimitrijevic avverte che la sentenza contiene delle serie indicazioni sul coinvolgimento della Serbia nella guerra. Dimitrijevic, in un'intervista per B92, ha dichiarato esplicitamente che gli inviti alla Serbia di collaborare con il Tribunale dell'Aja da adesso rappresentano un obbligo previsto da questa sentenza. Dimitrijevic ha riferito che "se non si rispetta la sentenza come si deve, allora potrebbe farsi avanti il Consiglio di Sicurezza che è il garante del rispetto della sentenza, e se esso dovesse prendere una decisione secondo la quale lo Stato è colpevole, allora la Serbia si troverà in una pesante violazione nei confronti del Consiglio di Sicurezza".
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