štruklji © SingerGM/Shutterstock

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Un crocevia tra la civiltà dell’olio e del vino e quella del burro e della birra. La Slovenia offre una tradizione culinaria particolare e peculiare e ci porta a scoprire una serie di piatti tipici, che spesso sono un connubio tra oriente ed occidente, tra nord e sud, tra Balcani, centro Europa e Mediterraneo

21/08/2024 -  Stefano Lusa

Il mondo dei dolci in Slovenia è un piacere tutto da scoprire. Una delle particolarità è che in alcune occasioni, diventano addirittura la portata principale del pranzo. È il caso degli štruklji. La loro origine è antica e sarebbero nati dai lunghi periodi di digiuno ecclesiastico previsti dalla chiesa cattolica. Nei monasteri ed anche tra gli abitanti del paese in mancanza di pesce, si doveva trovare un modo di sostituire la carne. Si fece di necessità virtù e ne nacque una vera e propria prelibatezza da assaggiare obbligatoriamente per chi fa tappa nel paese. Gli štruklji si preparano con vari impasti e con una serie infinita di ripieni dolci e salati. Si cuociono in vari modi, ma quelli preparati al vapore, con il loro delicato sapore, sono una vera e propria ghiottoneria.

Tra i dolci il re incontrastato della cucina slovena è la putizza. Un vero e proprio simbolo nazionale che, a quanto pare, piace anche a papa Francesco. Aveva fatto, infatti, il giro del mondo il suo siparietto con Melania Trump, first lady di origine slovena. Durante un incontro in vaticano il Santo Padre le chiese se la preparava al presidente americano Donald Trump. Secondo la tradizione si tratta di una leccornia di antiche origini che si mette in tavola nei periodi di festa. Era una delle prime ricette che venivano insegnate alle donne in età da marito. Si tratta di una specie di pane dolce ripieno di noci, nocciole, semi di papavero e altre squisitezze a seconda della zona del paese e ha delle varianti regionali e familiari. Una versione molto particolare si fa addirittura con il dragoncello. Un'erba che praticamente nessun altro usa nei dolci.

Se il re è la putizza la regina è la ghibanizza. Un dolce fatto di ben 19 strati di semi di papavero, ricotta, noci e mele, separati da pasta a filo con abbondanti aggiunte di panna, uova e burro. Un delizioso cubetto di 5-7 centimetri che deve avere almeno 170 grammi. Viene servito preferibilmente caldo. Il risultato all’assaggio è una vera e propria tempesta di gusti. Non è proprio adatto a chi sta cercando di perdere peso, ma ci fa conoscere attraverso il palato la storia dell’Oltremura, la pittoresca regione della Slovenia Nord Orientale, che registra una significativa presenza di una minoranza ungherese. Solo lì, infatti, è possibile trovare in abbondanza tutti gli ingredienti che servono per fare il dolce.

Se la putizza e la ghibanizza oramai sono talmente tanto radicate nella tradizione del paese, che non mancano per loro nemmeno riferimenti letterari nei libri dei grandi scrittori sloveni, molto più recente è la fortuna di altri due dolci, che sono diventati oramai patrimonio nazionale.

Krapfen © Mirjam Kavcic/Shutterstock

Krapfen © Mirjam Kavcic/Shutterstock

La “pastacrema” di Bled è diventata uno dei simboli di questa località di villeggiatura, al pari del suo lago ed alla sua pittoresca isoletta con la chiesetta. Si tratta di un non piccolo cubetto di crema alla vaniglia sormontato da uno strato di panna e racchiuso da due strati di pasta sfoglia. Un dolce in apparenza semplice, ma in cui è difficilissimo trovare il perfetto equilibrio. Alla fine a Bled ci sono riusciti nel 1953 e da allora seguono scrupolosamente la ricetta e la procedura messa a punto dal capopasticcere Ištvan Lukačevič. In più di settant’anni ne hanno vendute oltre sedici milioni e dicono che se le mettessero tutte in fila arriverebbero da Bled sino a Pompei. Mangiare una “pastacrema” in riva al lago, con il Tricorno sullo sfondo, è diventata una tappa obbligata per ognuno che passa di lì.

La storia dei bomboloni di Trojane invece è appena poco più recente. La località si trovava sulla vecchia viabile che da Celje porta a Lubiana e Trieste. Tradizionalmente nella località si fermavano le carovane e poi gli autobus. Nel 1961, in un’antica trattoria, consueto luogo di sosta dei viaggiatori, si cominciarono a commercializzare bomboloni. All’inizio se ne producevano una decina al giorno, oggi se ne vendono da 2000 a 5000. Al tradizionale ripieno all’albicocca, si è aggiunto nel tempo anche il mirtillo, la vaniglia ed il cioccolato. Sono talmente buoni che alcuni non riescono a resistere alla tentazione di banchettare con tutte e quattro le varianti.

La fortuna del bombolone di Trojane è stata fatta dalla posizione strategica in cui si trovavano ad operare i suoi produttori e soprattutto dalla qualità del prodotto. Ben presto ogni viaggiatore che passava di lì, doveva fermarsi ad assaggiare un bombolone e a fare scorta per amici e parenti a casa. Per un attimo le sue sorti sembravano essere segnate dallo sviluppo della rete autostradale, che non avrebbe più fatto passare il traffico di lì. Alla fine, però si capì che gli sloveni non avrebbero potuto fare a meno dei loro prelibati bomboloni, così davanti al tunnel autostradale che passa sotto il paesotto capeggia un grande bombolone con la scritta Trojane. Sta ad indicare l’uscita autostradale che porta alla capitale nazionale del bombolone. Proprio in quel punto la golosità del viaggiatore vince (quasi) sempre sulla fretta di arrivare a destinazione.


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