Ervin Hladnik Milharčič, uno dei maggiori commentatori sloveni, è intervenuto nella trasmissione "I divergenti" di Radio Capodistria per parlare della polemica legata alla cerimonia solenne di Basovizza del 10 febbraio e alle parole di Tajani e Salvini
(Pubblicato originariamente il 13 febbraio 2019 da Radio Capodistria )
"Mi sembra che buttarla sul sentimentale quando si parla di storia non risolva il problema", con questa affermazione perentoria è iniziata la nostra intervista con uno dei più popolari commentatori sloveni, Ervin Hladnik Milharčič, con il quale abbiamo parlato della polemica legata alla cerimonia solenne di Basovizza di domenica 10 febbraio ed alle parole di Tajani e Salvini.
"Io ho un amico storico che vive a Gerusalemme", ci ha raccontato Hladnik Milharčič, "con il quale ho parlato tante volte di come usiamo la storia e lui riferendosi ad israeliani e palestinesi diceva sempre che la storia è come una miniera di pietre. Noi andiamo nella miniera della storia e prendiamo il sasso più grosso per tirarlo in faccia all'altro. E mi sembra che in questa occasione sia avvenuto proprio questo. Quando la storia entra nella politica il più delle volte lo fa come strumento di offesa, come tentativo di offuscare le proprie responsabilità, di rigirare le carte, di trasformare i criminali in vittime".
"Io credevo che tra italiani e sloveni sul confine adesso andasse tutto bene", ammette il giornalista, "e che con le semplificazioni storiche si fosse risolto tutto ed invece ecco che riscoppia la polemica. Ma perché? Con pessimo gusto addirittura Auschwitz è stata tirata in ballo, ma da dove ne viene la necessità? I migranti forse hanno perso un po' di attrazione e Salvini ha usato il tema dell'esodo e delle foibe per fare un comizio elettorale locale?". "Quello che, però, mi è sembrato più strano", aggiunge, "è che il presidente del Parlamento europeo che è pagato per esprimere parole politiche di convivenza ed amore ha deciso invece di fare un discorso nazionalistico, degno del Diciannovesimo secolo, parlando addirittura di territori sacri. Di stupidaggini i politici ne dicono tutti i giorni, ma che lo faccia uno come il presidente del parlamento europeo, che dovrebbe essere conscio del suo ruolo, non va bene. Lui è il presidente anche degli sloveni e dei croati e usare un linguaggio del genere non funziona per lo sviluppo comune di un'idea europea. Mi sembra che ha sbandato perché si è trovato in un contesto favorevole e ha pensato, così, di raccogliere consensi".
Questo è il nazionalismo secondo Hladnik Milharčič: "Quando i politici usano il nazionalismo fanno grandi sbagli, perché è molto facile fare errori che non sono riparabili. È vero che in Italia o a Maribor o Lubiana di questa storia non importa tanto, ma al confine dove c'è la tendenza nell'italiano a vedere nello sloveno lo 'sčavo' e nello sloveno a considerare l'italiano 'il fascista', un discorso del genere è dannoso. C'è sempre il pericolo di entrare in discussioni pericolose: su chi ha perso e chi ha vinto, su di chi sono i territori, ecc. E da tutto questo non nasce niente di buono. Trovo che sia stata intelligente la parte della storiografia e della politica slovena che ha ammesso che c'è stata una pulizia etnica verso la popolazione italiana dell'Istria e della Dalmazia negli anni Quaranta e Cinquanta delle scorso secolo, non dimenticando, però, che di mezzo ci sono andati anche sloveni e croati perché c'era in corso una rivoluzione che si poggiava sulla lotta di classe. Io sono cresciuto nel dopoguerra a Nova Gorica e quando si parlava di politica nella mia famiglia c'era sempre un momento di imbarazzo, nel momento in cui si definivano Capodistria, Isola e Pirano città slovene, perché ci si rendeva conto che erano luoghi 'svuotati', dove la gente ci viveva ma non era legata a quei luoghi e spesso non aveva neanche capito che lì c'era Venezia. Anche se se vai in piazza Tito a Capodistria, la cosa chiara è che quella piazza non l'ha fatta Tito".
Per Ervin Hladnik Milharčič bisognerebbe cambiare la domanda di fondo: "Quello che ha fatto il fascismo in Slovenia, e la vendetta comunista dopo, sono cose difficili da capire. Se vuoi capirle devi trovare riferimenti nel tuo mondo. Io ho fatto il giornalista in Bosnia durante la guerra e sto ancora cercando di capire come è stata possibile una Srebrenica. Se è accaduta una cosa del genere in una guerra relativamente piccola, sono possibili orrori ancora più grandi in conflitti più estesi. Come è possibile, però, che possano succedere cose del genere? Questa è la domanda, ma noi invece di concentrarci su questo quesito continuiamo a chiederci di chi è la colpa: dei fascisti, dei comunisti, dei partigiani, della X Mas? L'unica cosa da fare, invece, è cercare di capire quali sono i meccanismi con i quali la politica continua ad innescare, con un uso strumentale del passato, l'odio immediato e trovare il modo di mettere in piedi degli strumenti di difesa contro queste stupidaggini".
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