10 febbraio, Giorno del ricordo. Oltreconfine, in Slovenia, si guarda con un certo fastidio a questa ricorrenza. Superate le accese polemiche del 2007 ora ne rimangono ''a bassa intensità'' che condizionano negativamente molte delle questioni sulle quali Roma e Lubiana si trovano a collaborare
La Giornata del ricordo è attesa in Slovenia con malcelato interesse. La cerimonia non aveva mancato di innescare polemiche negli scorsi anni. Nel 2007 il discorso del presidente italiano, Giorgio Napolitano, aveva toccato il cuore degli esuli, ma aveva mandato su tutte le furie Lubiana e Zagabria. L'allora presidente sloveno Janez Drnovšek si era limitato ad inviare una lettera personale al suo omologo italiano, mentre quello croato Stjepan Mesić aveva reagito rabbiosamente, innescando una violenta polemica tra Roma e Zagabria.
Lo scorso anno dal Colle è arrivato il messaggio che gli sloveni desideravano. Nel parlare del dramma dell'esodo, infatti, Napolitano non aveva mancato di puntare il dito anche sulla tragica pagina del fascismo al "confine orientale" e sulle sofferenze che quel regime inflisse agli sloveni. Nemmeno un accenno, però, fu fatto ai croati. Questi ultimi condivisero praticamente la stessa sorte degli sloveni durante il fascismo. Più di qualcuno così ha interpretato quella "dimenticanza" come l'ennesimo strascico della polemica con Mesić.
Lubiana, comunque, vede quella manifestazione come una vera e propria spina nel fianco. Gli sloveni per decenni hanno percepito se stessi esclusivamente come vittime del fascismo e della Seconda guerra mondiale. Oggi non sembrano proprio disposti ad accettare di poter essere stati in alcuni frangenti anche carnefici. Del resto gli sloveni, non senza qualche ragione, sono convinti di essersi sempre dovuti difendere dal nazionalismo degli altri e credono che il loro nazionalismo non sia stato mai "offensivo", ma sempre di carattere difensivo. La storia ci insegna - anche prendendo ad esempio l'epopea dei cancellati - che non è proprio così.
In contrapposizione con la Giornata del ricordo, Lubiana ha immediatamente istituito la Giornata del ricongiungimento del Litorale alla madrepatria. Slovenia e Italia, così celebrano a modo loro il Trattato di pace. Gli italiani nel giorno in cui è entrato stato firmato, gli sloveni in quello in cui è entrato in vigore, cioè il 15 settembre.
Lo scorso anno quest'ultima manifestazione si è svolta nel goriziano, la regione da cui proviene il premier Borut Pahor. Ovviamente a parlare è stato chiamato lui. Il clima era quello solito di esaltazione patriottica. Il capo del governo, così, ha ricordato le sofferenze delle "genti del Litorale" che sotto il "crudo" potere italiano non sarebbero state libere "nemmeno nel senso più elementare" del termine. Chiaramente nessun richiamo all'esodo e alle sofferenze inflitte agli altri è stato fatto.
Del resto soprattutto nel Litorale si continua a temere l'Italia. Lo scrittore triestino Boris Pahor, in un recente discorso al Consiglio di stato incentrato sul patriottismo, ha evocato "paurosi spettri". Il Carso - a suo dire - sarebbe a disposizione dell'Italia. Per il candidato al premio Nobel per la letteratura bisognerebbe limitare il potere ai sindaci della zona per non far vendere la "terra slovena agli italiani". A suo dire infatti potrebbe succedere che tra vent'anni ci sarà un asilo italiano a Postumia. Le paure di una nuova italianizzazione paiono ben presenti nella società slovena e Pahor almeno ha il coraggio di dire quello che molti pensano e non dicono.
Sta di fatto che fascismo, foibe ed esodo per decenni sono stati argomenti che hanno alimentato le polemiche a Trieste ed in regione, ma nessuna rilevanza hanno avuto a livello nazionale italiano. Ora sembra non sia più così. Non sono mancate le speculazioni sull'uso politico che si sarebbe fatto in Italia della questione delle Foibe. La denuncia è abbondantemente argomentata in un libro pubblicato da Einaudi curato dal professor Jože Pirjevec: "Foibe. Una storia d'Italia" .
Nel testo, in un saggio scritto dal professor Guido Franzinetti, si punta il dito sulla "olocaustizzazione" delle foibe, cioè sulla "progressiva osmosi tra la commemorazione delle vittime dello sterminio antisemita e quella delle vittime delle foibe". Un fenomeno questo, del resto, alquanto generalizzato in Europa e che non è per nulla limitato alle foibe, tanto che, in occasione dell'ultima Giornata della memoria - che vorrebbe in primo luogo ricordare le persecuzioni degli ebrei - a Trieste ed in regione non sono mancate iniziative che parlavano dei campi di prigionia italiani e delle tristi sorti degli internati sloveni e jugoslavi.
Quello che appare evidente, comunque, è che tra Italia e Slovenia pesa un passato che non vuole passare, mentre tra i due paesi continua una polemica a bassa frequenza su molti, troppi argomenti. Quello di maggior impatto mediatico riguarda i rigassificatori che l'Italia vorrebbe costruire nel golfo di Trieste. Per la Slovenia la cosa sarebbe inaccettabile per ragioni d'impatto ambientale. L'attenzione per l'ecologia dimostrata dagli sloveni sarebbe lodevole se non cozzasse contro la scarsa attenzione per le tematiche ambientali che regna nel paese. In ogni modo Lubiana intende andare sino in fondo ed ha già coinvolto nella vicenda la Commissione europea.
Gli sloveni del resto non avevano mancato di presentare come una sorta di capriccio del commissario europeo ai trasporti, Antonio Tajani, la procedura d'infrazione aperta nei confronti della Slovenia per l'introduzione dei bollini autostradali. Subito era stato fatto notare che si trattava di un esponente del centrodestra italiano tradizionalmente ostile alla Slovenia. Sta di fatto, però, che i bollini avevano scatenato le proteste generalizzate degli automobilisti stranieri. Per circolare sulle superstrade e sulle autostrade slovene, infatti, era necessario comprarne uno della durata minima di sei mesi. Si chiedevano pertanto bollini settimanali. Alla fine il governo sloveno li ha introdotti, ma ha aumentato i pedaggi e così per gli automobilisti stranieri non cambia molto in termini di costi. La commissione europea, comunque, ha chiuso il contenzioso con Lubiana e ha sbloccato alcuni fondi per la costruzione della rete viaria. I bollini sloveni, però, restano in termini assoluti, i più cari d'Europa.
L'ennesima polemica che potrebbe scoppiare riguarda l'alta velocità. Nel dicembre del 2008 era stato firmato, tra i due paesi e la Commissione europea, un accordo per l'elaborazione del progetto della tratta ferroviaria Trieste - Divaccia. Il collegamento dovrebbe servire per la realizzazione del V corridoio europeo, che da Barcellona dovrebbe arrivare a Kiev. Ora l'Italia vorrebbe proporre nuove varianti. Si dovrà discuterne.
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