''Boicottare la costa croata'', ''Restatevene sul Triglav''. Relazioni tese tra Slovenia e Croazia, con conseguenze farsesche. Sullo sfondo contenziosi sul confine di mare e di terra tra i due Paesi. E Lubiana minaccia di chiudere in faccia le porte europee a Zagabria
"Boicottare la Croazia! Gli sloveni non vadano più in vacanza al mare dai vicini meridionali ed il governo rinunci all'incontro con i ministri croati previsto tra non molto a Bled". L'assurdo appello, amplificato in questi giorni dai media sloveni e croati, non è uscito dalla bocca del solito ultras nazionalista e xenofobo Zmago Jelinčič, bensì da quella del vicepresidente della camera di stato nonché esponente di punta del partito liberaldemocratico sloveno (di centrosinistra), attualmente all'opposizione ed in profonda crisi, Marko Pavliha. "Se non volete venire, fate pure e andate in vacanza sul Triglav!", gli risponde un sottosegretario croato.
L'ultimo atto dell'infinito contenzioso territoriale tra Slovenia e Croazia assume i colori e i suoni di una delirante farsa. Pavliha, esibendo scarso contegno, giocherella persino con il cognome del presidente croato Stipe Mesić attribuendogli ingordigia e arroganza. Poi spiega che la sua è una provocazione con cui risponde alle ultime mosse croate, e poi rinuncia - malgrado il suo populismo - ad un congresso internazionale di esperti di diritto marittimo, titolo di cui lo stesso Pavliha si pregia, in agenda a Dubrovnik.
In diretta dal telegiornale della sera il ministro degli Esteri Dimitrij Rupel definisce "a lui simpatiche" le battute di Pavliha e spiega che la Croazia ha più bisogno della Slovenia di quanto ne abbia questo paese della Croazia.
Tra un sarcasmo e l'altro intanto qualcuno, la stessa sera, prende a calci a Lubiana un'automobile con targa diplomatica croata. A sedare la nuova rissa scende ancora una volta in campo il presidente Janez Drnovšek che, senza consultare Rupel e il governo, annuncia un prossimo incontro "conciliatore" con Mesić il 15 febbraio a Bijelovar, dove presenterà la traduzione croata del suo ultimo libro di massime trascendentali. Ma due giorni dopo l'annuncio dal gabinetto del presidente rettificano: l'incontro slitta. Ma cosa sta succedendo tra Slovenia e Croazia al punto di inacidire i loro rapporti con un cinismo senza pari nel panorama europeo?
L'ultima delle tantissime liti tra i due paesi vicini e "cugini" è scoppiata dopo che il governo di Zagabria aveva rinnovato le concessioni alla società petrolifera INA per la ricerca e potenziale sfruttamento di possibili giacimenti di grezzo o di gas naturale in alto Adriatico, al largo delle coste croate. La Slovenia ha immediatamente protestato con una nota verbale adducendo il fatto che in Adriatico il confine tra i due stati non è stato ancora stabilito e che quindi la Croazia non puo' ritenere suo un mare che dev'essere ancora delimitato.
Due anni fa, quale risposta alla zona ittica croata, Lubiana aveva dichiarato una propria zona ecologico-ittica fino all'altezza di Orsera, nell'Istria meridionale. Una sovranità, quella voluta dal ministro sloveno per l'Ambiente Janez Podobnik, praticamente virtuale e che nessuno ha mai preso sul serio, tanto meno Zagabria. Pronta la risposta croata; Lubiana, per i suoi appetiti, cercherebbe di avallare le tesi di Jelinčič su un mare ex-jugoslavo "comune" ancora tutto da spartire in una conferenza sulla successione. Sta di fatto che la Croazia mantiene analoghi contenziosi con la Bosnia Erzegovina (alla foce della Neretva) e con il Montenegro ( Prevlaka).
Secondo Zagabria, che si appella al diritto internazionale, i confini di mare seguono logicamente quelli definiti per terra e quindi, per gli esperti croati non ci sono dubbi; il mare, almeno da Punta Salvore in giù è croato. Più in su invece è tema di negoziati anche se la parte croata considera collocabile il confine solo a metà del Golfo di Pirano.
Stipe Mesić rincara la dose e paragona le pretese slovene sullo sbocco in acque internazionali (che una delimitazione dettata dalla frontiera di terra impedirebbe) con una potenziale richiesta croata di confinare direttamente con l'Austria. Poi spiega: se la Slovenia vuole un arbitrato anche sul confine terrestre si proceda pure, metro per metro, l'importante però è procedere.
Più sistematico invece l'atteggiamento del premier Ivo Sanader: "E' ora che ci si accordi su un arbitrato, firmando sin d'ora un accordo bilaterale di rispetto e applicazione di qualsiasi sentenza emerga in merito da una corte internazionale". Gli appelli all'arbitrato internazionale pero' non solo rimangono inascoltati a Lubiana, ma sortiscono l'effetto Pavliha che, come il governo, ma a differenza del presidente Drnovšek, si oppone alla mediazione e all'arbitrato internazionale e preferisce far leva sulle sanzioni unilaterali che la Slovenia dovrebbe applicare a danno della Croazia.
E' questa in pratica anche la tesi del ministro degli Esteri sloveno Dimitrij Rupel che stigmatizza ogni proposta di arbitrato e indica in chi caldeggia questa soluzione una specie di traditore nazionale. E Rupel punta a voce alta sul condizionamento "europeo" della Croazia: in virtù della sua appartenenza a pieno titolo all'Ue ed della prossima presidenza europea che nel primo semestre del 2008 passerà alla Slovenia, Lubiana sarebbe in grado di premere e convincere una Croazia che non vedrebbe l'ora di poter accedere al club dei privilegiati.
E tra un anno la Slovenia entrerà nel gruppo di Schengen e potrà sbattere in faccia alla Croazia la sua porta meridionale anche in termini molto tangibili. In Istria stanno già nascendo valichi giganteschi di schengeniano profilo che sembrano voler dire con ostentato zelo alla Croazia: di qua si passa, per andare in Europa, solo con il nostro permesso.
Che Lubiana si senta in qualche modo delegata al ruolo di tutore e padrino dei Balcani occidentali, con enfasi particolare dopo l'adozione dell'euro, lo si capisce anche dalle ultime mosse di Rupel in merito al caso dei più ricercati criminali di guerra serbi. Le esternazioni del ministro, secondo cui con la Serbia l'Ue potrebbe negoziare l' associazione senza attendere che portino il generale Mladić all' Aia in catene, pubblicate di recente da "European voice", hanno fatto andare su tutte le furie Carla del Ponte. Gli interessi economici sloveni in Serbia sono grandi e Rupel non nasconde di voler avvicinare Belgrado a Zagabria quanto prima sulla via che porta a Bruxelles, favorendo la Serbia e ostacolando la Croazia, la quale infine - secondo il Rupel pensiero - non avrà altra scelta che chiedere scusa in ginocchio alla Slovenia e cederle un po' di mare e forse anche un po' di terra. La decisione di Drnovšek di incontrare Mesić alla diplomazia di Rupel non piace perché ricorda il tentativo del presidente di aiutare con due container la famiglia rom degli Strojan ad Ambrus dopo che le ruspe del governo avevano spianato le loro case.
Allora fermarono brutalmente il presidente e con la minaccia dell'assideramento costrinsero i rom a trasferirsi in una casermetta isolata nei pressi di Lubiana, dove controllarli meglio. Ora Lubiana conta sul pressing e non sulla mediazione o sull' arbitrato voluti da Drnovšek.
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