Anche alle europee nella politica slovena il tema del janšismo e dell'antijanšismo è stato ancora una volta al centro del dibattito. Ora la partita è finita, ha vinto il centrodestra, ma soltanto di misura. Di contenuti si parlerà un'altra volta
La partita è finita a 5-4. Il centrodestra ha vinto, ma il centrosinistra ha perso solo di misura. Questo l’esito delle europee in Slovenia, dove gli equilibri restano quelli di cinque anni fa. Il vincitore assoluto è stato Janez Janša con i suoi Democratici, che vanno a rafforzare l’ala destra dei popolari europei, quelli non convinti di voler vedere ancora per cinque anni Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea.
La scorsa tornata, in alleanza con il partito Popolare, i Democratici si erano portati a casa tre seggi, questa volta da soli ne conquistano quattro. Riconfermati l’elegante Romana Tomc ed il compassato Milan Zver, ma a Bruxelles arrivano anche due volti nuovi, che troveranno sicuramente il modo di farsi notare all’Europarlamento.
La ventottenne Zala Tomažič è l’astro nascente della destra slovena. Ha raccolto una caterva di preferenze battendo il paese palmo a palmo, usando sapientemente i social e sfoderando la solita retorica anti LGBT con cui spiegava che esistono soltanto due generi. In sintesi, cromosomi XX femmina, cromosomi XY maschio.
A farle compagnia in aula ci sarà un uomo di ferro del partito: Branko Grims, che si è fatto conoscere negli anni per la sua retorica infuocata, con cui ha spiegato tra le altre cose che non c'è il riscaldamento globale, che bisogna combattere il marxismo culturale, il multiculturalismo e naturalmente l'ideologia LGBT.
A rinforzare il pacchetto di eurodeputati popolari ci penserà Matej Tonin. Il leader dei democristiani di Nuova Slovenia questa volta ha giocato una partita rischiosa ed ha vinto. Ha sconfitto a suon di preferenze, Ljudmila Novak. Lei era stata la sua chioccia, quella che lo aveva lanciato in politica. Tra i due adesso c’è un diverso approccio in materia di una possibile cooperazione con i Democratici e soprattutto con Janez Janša. Proprio le critiche nei confronti di Janša avevano fatto diventare la Novak una delle icone del centrosinistra. La regola, del resto, è sempre la stessa: “Il nemico del mio nemico è mio amico”.
Per il centrosinistra le cose non sono andate malissimo. Il premier Robert Golob, da navigato manager, sa che più che i risultati a lungo termine contano quelli nel breve periodo. Con il suo partito alle corde, incapace di fare le riforme promesse ed anche di trovare una serie di nomi di spicco da mettere in lista, ha scelto di giocare qualche jolly.
L’ultimo è stato quello del riconoscimento della Palestina, avvenuto pochi giorni prima del voto. Per farlo i suoi uomini non hanno esitato ad interpretare in maniera “creativa” il regolamento di procedura della Camera. Lo scopo era di fermare le manovre dei Democratici disposti ad usare qualsiasi cavillo per far slittare il voto in parlamento.
Alla fine, con una retorica di jugoslava memoria, è stato spiegato che l’opposizione non deve abusare dei suoi diritti. Nessuno si è soffermato a riflettere su come proprio il pedante e scrupoloso rispetto delle procedure sia l’unica garanzia della minoranza di fronte alla dittatura della maggioranza, nonché il cardine di qualsiasi stato di diritto. Altrettanto strana e creativa è stata anche la decisione di indire ben quattro referendum nello stesso giorno delle europee.
Non è una consuetudine in Slovenia far coincidere gli appuntamenti elettorali. Non lo si era fatto nemmeno quando presidenziali e amministrative nell’ottobre del 2022 si erano susseguite praticamente con cadenza settimanale. I detrattori del governo hanno subito fatto notare che l’unico scopo è stato quello di trascinare alle urne anche gli elettori delusi dal centrosinistra. Uno specchietto per le allodole, con cui attirare i liberali, visto che ci si doveva esprimere in materia di suicidio assistito, legalizzazione della cannabis e per l’introduzione del voto di preferenza per la scelta dei deputati alle politiche.
Alla fine, tutti i quesiti hanno ottenuto luce verde. Il primo a gioire è stato naturalmente Golob, che così ha potuto riaffermare che in Slovenia esiste ancora una maggioranza di centrosinistra. Ora spetterà al suo governo proporre le adeguate soluzioni legislative per mettere in atto la volontà popolare. Non è detto che ciò accadrà: i referendum, infatti, non vincolano il legislatore che può anche infischiarsene dell’esito della consultazione, così tutto potrebbe finire in una bolla di sapone.
Golob comunque, grazie ai referendum, ha perso meno del previsto. Rispetto alle politiche di due anni fa il suo partito è crollato del 12%. Movimento Libertà con il 22% dei voti si porta a casa due eurodeputati: Irena Joveva, che nel mandato precedente era stata eletta nella Lista di Marjan Šarec, e lo stesso Marjan Šarec, ex premier nonché ministro della Difesa in carica. Oramai entrambi sono accasati da tempo alla corte di Golob.
Decisamente peggio sono andate le cose per i Socialdemocratici: alle ultime europee avevano conquistato due seggi, ora hanno rischiato di rimanere fuori dall’europarlamento. Alla fine, Matjaž Nemec ce l’ha fatta a mantenere il suo posto, nonostante le vicissitudini che hanno visto coinvolto il suo partito. I socialdemocratici si sono trovati invischiati in una vicenda che puzza di corruzione nell’acquisto di un immobile per il tribunale di Lubiana. Alla fine, una loro ministra è stata costretta ad andarsene, mentre lo scandalo ha travolto anche Tanja Fajon, che ha dovuto abbandonare la guida del partito.
L’ultimo seggio del centro sinistra è stato occupato dai Verdi di Vesna. A conquistarlo l’ennesimo volto nuovo della politica slovena: Vladimir Prebilič. Il sindaco di Kočevje era salito alla ribalta della politica nazionale due anni fa, quando alle elezioni presidenziali ottenne una caterva di voti. Non riuscì ad arrivare al ballottaggio, ma quel risultato aveva fatto capire che in caso di necessità potrebbe essere il futuro volto nuovo del centrosinistra.
La politica slovena, dopo questo voto, conferma per l’ennesima volta che nel paese tutto si ripete e che tutto continua inesorabilmente a girare intorno alla figura di Janez Janša: il salvatore della Patria per i suoi sostenitori, il principe delle tenebre per i suoi detrattori.
Il tema del janšismo e dell'antijanšismo è stato ancora una volta al centro del dibattito. Nel centrosinistra sloveno, così, gli elettori sono andati al voto pensando a chi può essere il suo più temibile avversario da contrapporgli alle prossime politiche. Di programmi, prospettive e futuro, invece, si discuterà un'altra volta.
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