In una sola notte l’intera area del campus della Middle East Techincal University di Ankara è cambiata radicalmente. Quanto avvenuto ben rappresenta il rapporto controverso tra stato d'emergenza e cambiamenti urbani nella Turchia di Erdoğan
“Gecekondu”, ovvero “Comparso improvvisamente di notte”. Così vengono definiti quei quartieri – tipici delle principali città turche come Istanbul, Ankara o Izmir – nati in seguito alle grandi ondate migratorie interne, che hanno coinvolto la repubblica mediorientale dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi. Gli sconvolgimenti economici e sociali spingevano infatti i residenti delle aree rurali a trasferirsi verso gli agglomerati urbani, arrivando di nascosto e costruendo illegalmente e nel giro di qualche ora delle abitazioni di fortuna. Sulukule e Tarlabaşi (Istanbul), Çinçin (Ankara) e altre sono ora aree non più periferiche ma comunque marginalizzate, spesso interessate da progetti di sgomberi e gentrificazione.
Scomparsi improvvisamente di notte
Curioso è notare come ultimamente sia invece il governo ad adottare metodi simili a quelli dei contadini “in fuga” dalle campagne in passato, almeno nelle tempistiche. Nella notte fra l’8 e il 9 settembre 2017, in una manciata di ore, un’intera area del campus della Middle East Techincal University (OTDÜ) di Ankara è cambiata radicalmente.
Centinaia di camion e veicoli da costruzione hanno proceduto al disboscamento di 36 ettari di foresta, tagliando circa 6000 alberi e realizzando una strada che servirà da collegamento per un ospedale di prossimo completamento (il Bilken City Hospital, che ambisce a essere il centro medico più vasto d’Europa). "Quello che è successo a OTDÜ non sorprende ed è la continuazione di politiche già avviate da qualche anno", ci dice Emre Sevim, presidente della sezione di Ankara della Camera degli ingegneri e architetti (TMMOB). La TMMOB è un ordine che si è spesso espresso contro le iniziative intraprese dal governo di Recep Tayyip Erdoğan. "L’AKP ha sempre puntato sul settore delle costruzioni, perché gli consente di generare grossi movimenti di denaro in poco tempo e senza dover pensare a una pianificazione politica di ampio respiro (come potrebbe essere invece per la produzione industriale, ad esempio). Qui a OTDÜ già nel 2014 era stata realizzata un’altra strada, che aveva trovato forte opposizione non solo da parte nostra ma anche delle popolazione tutta".
La decisione infatti arriva direttamente dal governo centrale. Il sindaco della capitale Melih Gökçek si è limitato a seguire le istruzioni dettate dall’alto, firmando un accordo con il rettore dell’università giusto 24 ore prima che iniziassero i lavori. "L’AKP ha ormai raggiunto un’egemonia pressoché totale", prosegue Emre. "Tutti hanno paura. Se tre anni fa, anche sull’onda di Gezi Park, ci sono state proteste imponenti che hanno coinvolto studenti, residenti e professori, oggi sono in pochi a voler manifestare il proprio dissenso, solo qualche sparuta associazione o l’organizzazione dei laureati di OTDÜ. Gli altri sono evidentemente ricattabili e temono di perdere il lavoro. Anche il rettore, che di solito ascolta e partecipa alle assemblee e ai forum studenteschi, questa volta si è adeguato al volere della municipalità senza muovere neanche una critica".
Lo stato di emergenza
È dal tentativo fallito di golpe del 15 luglio 2016 che in Turchia vige lo stato di emergenza rinnovato di tre mesi in tre mesi. È stato ripetutamente fatto notare come ciò consenta a Erdoğan di accentrare nella sua figura maggiori poteri nonché di reprimere il dissenso interno, dando il via a una serie di “purghe” e licenziamenti in vari settori professionali. Ma, forse, è sul piano economico e amministrativo che si misurano alcune delle maggiori conseguenze. "Lo stato di emergenza consente al governo di accelerare l’esecuzione di molte decisioni, che magari prima era più facile contestare anche sul piano legale" continua sempre Emre. "Non è direttamente il caso della foresta di OTDÜ ma esistono episodi simili in cui sono state fatte valere le leggi speciali: recentemente qui ad Ankara si è proceduto all’abbattimento di una casa privata per la costruzione di una strada facendo terminare il processo che bloccava i lavori, in maniera arbitraria. Possiamo comunque dire che si è instaurato un “clima” per cui qualsiasi progetto o istanza governativa vengono subito attuate, non importa quale sia la posizione dei cittadini o dei poteri locali coinvolti". Dinamiche queste, che soprattutto nelle aree a maggioranza curda, assumono proporzioni notevoli (come nel caso del villaggio di Hasankeyf, che pare verrà interamente sommerso dall’acqua, la cui vicenda è stata documentata nel bel video di Valeria Mazzucchi).
In generale, è evidente come in Turchia questioni ecologiche e di trasformazione dello spazio urbano acquisiscano immediatamente una connotazione politica, fungendo spesso da “veicolo” per l’espressione di conflitti e malcontenti sociali. La foresta di OTDÜ è il risultato di un processo che è durato oltre quattro decadi: nel 1958 l’università (al tempo parecchio isolata dal resto della città) decise di ricoprire completamente di alberi 3100 ettari dei 4500 totali del campus, iniziando la semina tre anni dopo. Il taglio anche solo parziale di questa foresta rappresenta dunque certamente una perdita a livello ambientale, sebbene il sindaco abbia dichiarato che verrà ripiantato un numero quadruplo di quello degli alberi abbattuti. Ma non è solo questo il motivo dell’opposizione da parte della Camera degli Ingegneri e Architetti. "Dobbiamo chiederci chi andrà a beneficiare della costruzione di questa strada" prosegue Emre. "È chiaro che dal punto di vista del governo e del sindaco, da chi insomma lavora per il capitale e per la massimizzazione dei profitti, si tratta di un grande successo. Il problema è che però la costruzione di un grande centro ospedaliero provocherà la chiusura delle strutture più piccole e periferiche già esistenti. Gli abitanti di quelle zone, molti dei quali magari hanno votato per riconfermare il sindaco alle scorse elezioni, finiranno col pagare di più per la propria salute. Quindi, ancora una volta, l’unico beneficiario diretto di questa operazione è il settore delle costruzioni".
Quale idea di città?
Diverse priorità e istanze, dunque, col dubbio però che non riescano a farsi diverse “idee di città” per nessuna delle due parti a confronto. "L’autocritica che possiamo fare in quanto associazione è certamente che in questi anni siamo rimasti troppo sulla difensiva", conclude Emre. "Abbiamo osteggiato le iniziative del governo che ci sembravano deleterie, non riuscendo a elaborare un nostro modello alternativo di città e convivenza urbana. Ma è forse altrettanto vero che sono mancate le condizioni materiali per farlo. Come ho detto, ditte e aziende che operano nelle costruzioni sono tutte legate all’AKP, in un sistema chiuso che si autoalimenta. Anche i partiti d’opposizione, che magari hanno governato centri importanti come Diyarbakır, sono stati costretti a rivolgersi e a collaborare con questi soggetti. Neanche loro sono quindi riusciti a mettere in campo una differente idea di città. Ma c’è infine un altro elemento da considerare: almeno sul piano delle idee OTDÜ negli ultimi anni è stato un forte spazio di dissenso con grosse proteste, manifestazione e assemblee. Quello su cui possiamo insistere è allora fare appello a un tale “passato rivoluzionario”, su questa tradizione di contestazione e creazione di pensieri alternativi. Affinché OTDÜ così come tutta la città di Ankara continuino a essere agenti di cambiamento".
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