OBCT si unisce alle sottoscritte organizzazioni per la libertà dei media e dei giornalisti nel fare appello alla prossima presidenza spagnola del Consiglio dell'Unione Europea affinché ponga la libertà dei media e i diritti fondamentali al centro delle future relazioni con la Turchia
Le elezioni di maggio, che hanno confermato la maggioranza parlamentare per il partito AKP e i suoi alleati e la rielezione di Recep Tayyip Erdoğan a presidente, si sono svolte sullo sfondo di un panorama mediatico dominato da una retorica pro-governativa, dal soffocamento di voci indipendenti e dalla repressione del giornalismo critico.
Negli ultimi due decenni, il governo turco è arrivato a controllare il 90% del panorama mediatico, compreso il controllo diretto sui media pubblici del Paese e il controllo indiretto su gran parte dei media mainstream attraverso oligarchi favorevoli al partito di Erdoğan. Abusando della pubblicità statale ha favorito un giornalismo conforme alla narrativa governativa e ha trasformato l’agenzia regolatrice delle emittenti radiotelevisive, la RTÜK, in un'arma per colpire regolarmente con sanzioni pecuniarie la cronaca giornalistica critica del suo operato. Il controllo dei media mainstream è stato accompagnato da una repressione di massa dei media indipendenti, inclusi arresti e persecuzioni di migliaia di giornalisti negli anni successivi al fallito colpo di stato del 2016. Mentre il paese andava alle urne il 14 maggio, almeno 47 giornalisti sono stati imprigionati in Turchia, tra cui 31 giornalisti curdi arrestati dal solo giugno 2022.
I giornalisti subiscono aggressioni fisiche, attacchi “troll” da parte di politici e loro sostenitori e campagne diffamatorie da parte dei media allineati al governo. La polizia arresta regolarmente i giornalisti durante le manifestazioni e impedisce loro di svolgere il proprio lavoro. Secondo la piattaforma Mapping Media Freedom che documenta le violazioni della libertà dei media negli Stati membri dell'UE e nei paesi candidati, dal luglio 2022 173 casi - quasi un quinto del totale - sono stati registrati in Turchia.
Con la modifica della legge sulla disinformazione del 2022, il governo ha inoltre intensificato gli sforzi per bloccare e censurare i contenuti online, prevedendo , tra le altre cose, fino a tre anni di carcere per la diffusione di “disinformazione o fake news” che minacciano la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico e la moralità pubblica. Tale legge include anche l’obbligo per le piattaforme di social media di conformarsi alle richieste del governo relative al blocco di contenuti online, pena la riduzione della larghezza di banda fino al 90% e il divieto di pubblicità fino a sei mesi.
Inoltre, la vaga definizione di 'disinformazione' permetterebbe ad una magistratura già notoriamente compromessa di abusare della legge per punire gli oppositori politici.
Nel frattempo, alcuni studi hanno dimostrato che a causa della presenza di determinati algoritmi, l’80% degli utenti che utilizzano Google come fonte di informazione viene indirizzato verso media filo-governativi, costringendo i media indipendenti a operare in uno spazio limitato.
L’insieme di queste tattiche crea un ambiente economico e giuridico ostile progettato per mettere a tacere il giornalismo indipendente, negando al pubblico l'accesso a una vasta gamma di notizie e informazioni e danneggiando gravemente la democrazia turca. Di conseguenza, l’OSCE ha valutato le recenti elezioni libere, ma non eque .
Dalle elezioni, numerosi giornalisti sono stati aggrediti, mentre diverse emittenti indipendenti sono state multate da RTÜK . L'emittente HaberTürk ha smesso di pubblicare rubriche politiche sul suo sito ed ha preso le distanze da uno dei più noti giornalisti televisivi che si era espresso in modo critico rispetto all’attualità del paese; in aggiunta, il 27 giugno, Merdan Yanardağ, caporedattore di TELE 1, è stato arrestato . I risultati delle elezioni, dunque, non preannunciano nulla di positivo per la libertà dei media e i diritti fondamentali in Turchia.
Mentre l'Unione europea valuta i risultati delle elezioni turche, esortiamo i governi e i decisori politici europei a garantire che il rafforzamento della libertà dei media e dei diritti fondamentali sia posto al centro delle future relazioni con la Turchia. Un fallimento in tal senso significherebbe infatti un tradimento sia dell’'opinione pubblica turca che dei valori dell'Unione europea.
Firmato:
International Press Institute (IPI)
Articolo 21
Association of Journalists in Ankara (GC)
Coalition For Women In Journalism (CFWIJ)
Committee to Protect Journalists (CPJ)
Danish PEN
European Centre for Press and Media Freedom (ECPMF)
European Federation of Journalists (EFJ)
Freedom House
International Federation of Journalists (IFJ)
Media and Law Studies Association (MLSA)
OBC Transeuropa (OBCT)
PEN International
PEN America
PEN Canada
PEN Norway
Platform for Independent Journalism (P24)
Reporters Without Borders (RSF)
South East Europe Media Organisation (SEEMO)
Turkey Human Rights Litigation Support Project (TLSP)