Turchia, Solimano "reloaded"
3 dicembre 2012
Di nuovo tempesta sull'Impero ottomano. O meglio sulla rappresentazione del più famoso dei suoi sultani, Solimano il Magnifico, nella telenovela “Muhteşem Yüzyıl” (Il secolo magnifico), dove il “Padisha”, più che a guerreggiare e governare l'immensità dei suoi possedimenti, è intento soprattutto a destreggiarsi tra le donne che popolano il suo harem nel palazzo di Topkapı.
“Chi critica la nostra politica estera, in posti come Iraq, Siria e Gaza, non può capire il nostro interesse in luoghi e persone legate alla storia dei nostri antenati. E' gente che pensa di conoscere la storia per aver visto qualche puntata di 'Muhteşem Yüzyıl'...”, ha dichiarato domenica 25 novembre il premier turco Recep Tayyip Erdoğan, durante un incontro pubblico nella provincia di Afyon. “Noi però, conosciamo tutt'altro Solimano: un regnante che – ricordiamolo - ha passato 30 anni a cavallo”.
Erdoğan non ha mai nascosto la sua avversione per questa serie tv, che considera frivola e poco rispettosa dei valori (culturali, storici e religiosi) legati alle figure chiave della storia ottomana (il sultano degli ottomani era tra l'altro anche califfo, guida spirituale della comunità musulmana). Il premier ha poi aggiunto di aver allertato le istituzioni giudiziarie, da cui si aspetta una non meglio precisata forma di condanna (o censura) “all'interno della cornice delle leggi vigenti”.
Al leader dell'AKP ha risposto, pur non facendo riferimento diretto a “Muhteşem Yüzyıl”, il dipartimento dei diritti d'autore del ministero della Cultura, che ha snocciolato le seguenti cifre: nel 2010 l'esportazione di telenovele “made in Turkey” ha toccato 65 milioni di dollari (erano zero nel 2006), con 10.500 ore di trasmissione guardate da 150 milioni di persone in 76 paesi diversi.
Secondo il noto opinionista Mustafa Akyol, il dibattito sulle gesta (amorose o guerresche) di Solimano, tutt'altro che superficiale ed irrilevante, porta alla luce due elementi importanti: da una parte la scarsa passione di Erdoğan per la libertà di espressione (giusto esprimere giudizi, sostiene Akyol, inaccettabile invitare all'azione penale).
Dall'altra, il “crescente divario tra liberali e conservatori”, prima uniti contro l'establishment kemalista, ma ora sempre meno compagni di viaggio. “Per fortuna”, aggiunge poi Akyol, "ci sono anche conservatori dalle idee liberali, che rispettano il passato ottomano come Erdoğan, ma non invocherebbero mai la censura. Quanto tali posizioni conquisteranno influenza nel campo conservatore, è una questione cruciale per il futuro della Turchia”.
LINK: Today's Zaman, Hürriyet