Mentre le proteste di piazza hanno spinto al ritiro della legge sui "matrimoni riparatori", dall'altra un decreto emesso il 22 novembre prevede la chiusura di 375 Ong in Turchia
Link: Onu Italia
Dalla Turchia giungono, come si usa dire, una notizia buona e una cattiva.
Con una inaspettata marcia indietro, il governo di Ankara ha ritirato la controversa legge (che, passata in prima lettura in Parlamento doveva poi essere approvata ieri) nella quale si prevedeva una sorta di amnistia e la sospensione dei processi per chi, consumata una violenza su minore, avesse acconsentito alle nozze riparatrici. L’Akp, il partito di maggioranza del presidente Erdoğan, ha quindi deciso di ritirare il provvedimento, criticato anche dall’Onu e sommerso dalle proteste sia in parlamento che nelle piazze.
Agli occhi di molti, anche nella stessa Turchia, la legge finiva per legittimare la violenza sessuale e soprattutto il fenomeno delle ‘spose bambine’, ferita aperta in un paese dove solo negli ultimi dieci anni sono state circa 500 mila le minorenni ‘convinte’ a sposarsi, primo paese in Europa e terzo nel mondo per quanto riguarda il fenomeno delle “spose bambine”.
Secondo i dati dell’istituto di statistiche turco (Tuik) per il 2015, le minorenni sposate a 16 e 17 anni sono state oltre 31mila e 330. Ma si tratta di matrimoni ufficiali, che non tengono conto di tutte le unioni “religiose” – senza valore legale – e che non vengono registrate. Per quanto poi riguarda le segnalazioni di madri con meno di 15 anni, si va dalle 2.729 del 2001 alle 377 del 2012. Tornando ai relativi il 2015, 31.337 ragazzine e 11.483 ragazzini hanno contratto matrimoni de facto, nulli anche per la legge turca, che vieta unioni prima dei 18 anni, vale a dire il 5,2% delle unioni matrimoniali sancite durante l’anno. Nel 2015 17.789 ragazzine di età compresa tra i 15 e i 17 anni hanno dato alla luce un figlio, mentre sarebbero 244 le ragazzine- madri che nel medesimo anno hanno partorito, pur avendo meno di 15 anni.
D’altro canto un decreto emesso nel quadro dello stato d’emergenza ha ordinato la chiusura definitiva di 375 organizzazioni non governative della Turchia. La decisione è stata duramente criticata da Amnesty International, secondo cui ”a chiusura di quasi 400 Ong va inquadrata nel sistematico tentativo in corso da parte delle autorità turche di ridurre definitivamente al silenzio ogni voce critica”.
Per John Dalhuisen, direttore di Amnesty International per l’Europa, ”sono state chiuse associazioni di giuristi contro la tortura, organizzazioni per i diritti delle donne che gestivano rifugi per le sopravvissute alla violenza domestica, centri di assistenza per i rifugiati e gli sfollati interni e anche la principale Ong per i diritti dei bambini… Alla società civile turca dev’essere permesso di continuare a svolgere il suo prezioso lavoro senza timore di rappresaglie o punizioni. L’azione delle Ong è di vitale importanza soprattutto nel contesto dell’attuale crisi dei diritti umani in Turchia, dove l’evidente abuso dei poteri d’emergenza ha gettato un’ombra su una già devastata società civile”, ha concluso Dalhuisen.